04 dicembre 2014 08:19

Gli statunitensi sono palesemente soddisfatti, mentre gli iraniani smentiscono senza troppa convinzione. La verità è che tra Washington e Teheran esiste ormai una divisione dei compiti nella lotta ai terroristi dello Stato islamico, nemico comune dei due paesi.

Gli iraniani agiscono nella provincia irachena di Diyala, territorio orientale confinante con l’Iran, mentre gli americani colpiscono nel resto dell’Iraq e della Siria, paese dove Teheran e Washington non perseguono gli stessi obiettivi perché l’Iran sostiene il regime di Bashar al Assad combattuto dagli Stati Uniti.

Questa divergenza sulla Siria e il blocco dei negoziati sul nucleare iraniano impediscono ai due paesi di presentarsi ufficialmente come alleati contro il gruppo Stato islamico, ma nella realtà dei fatti la collaborazione tra i due governi è evidente. Di comune accordo, Iran e Stati Uniti si organizzano tramite le autorità irachene, che in teoria gestiscono gli aiuti militari ricevuti da Teheran e dalla coalizione guidata da Washington.

Così, quando ieri è diventato chiaro che l’aviazione iraniana interveniva da dieci giorni contro le postazioni dello Stato islamico, Teheran ha subito dichiarato che “ogni cooperazione con l’America in questi attacchi è fuori discussione”, mentre allo stesso tempo il segretario di stato americano sottolineava che ogni attacco contro gli estremisti dello Stato islamico “ha un effetto sostanzialmente positivo”.

I due paesi collaborano per la semplice ragione che quella dello Stato islamico è un’organizzazione jihadista nemica degli interessi dell’Iran, grande potenza sciita del Medio Oriente e alleata dell’Iraq a maggioranza sciita.

Combattuto da Stati Uniti e Iran ma anche da Francia, Regno Unito, Arabia Saudita e da una cinquantina di altri paesi, il gruppo terrorista Stato islamico non ha alcuna speranza di vincere, come hanno ribadito ieri i membri della coalizione riuniti a Bruxelles. Prima o poi la sconfitta dei terroristi arriverà, ma il problema è che il nocciolo della questione è un altro.

La reale posta in gioco di questa guerra riguarda il rapporto di forze in Medio Oriente tra sunniti e sciiti e di conseguenza tra l’Arabia Saudita e l’Iran. Fino a quando i terroristi dello Stato islamico non saranno sconfitti tutti si coalizzeranno per combatterlo, ma una volta raggiunto l’obiettivo sauditi e iraniani (insieme ai rispettivi alleati) torneranno a scontrarsi in Iraq come in Siria e Libano.

Gli statunitensi e gli europei dovranno scegliere da che parte stare o sfruttare al meglio la spaccatura tra i due blocchi. La situazione comincia a farsi seria, ed è per questo che l’attuale intesa tra l’Iran e gli Stati Uniti è solo una fase del primo round.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it