24 febbraio 2015 08:37

I segnali sono come minimo contraddittori. Gli ottimisti potrebbero sottolineare che gli scontri in Ucraina orientale sono calati d’intensità e che nella notte tra sabato e domenica è avvenuto uno scambio di prigionieri conforme agli accordi di Minsk.

Meglio di niente, ma è altrettanto vero che la Russia continua a introdurre armi in Ucraina, che i separatisti si sono impossessati della città di Debaltseve quando il cessate il fuoco era già entrato in vigore, che domenica un attentato ha provocato la morte di due persone a Charkiv (nel nordest del paese) durante una manifestazione patriottica e che, soprattutto, il cerchio sembra stringersi attorno al porto di Mariupol, la cui caduta regalerebbe alla Russia una continuità territoriale tra la Crimea e le regioni controllate dai suoi alleati secessionisti.

Perplesse, le capitali occidentali moltiplicano gli avvertimenti a Mosca e nella giornata di oggi, a Parigi, cercheranno di farsi un’idea delle intenzioni di Vladimir Putin in occasione di un incontro tra i ministri degli esteri di Francia, Germania, Russia e Ucraina. Ma a questo punto possiamo sospettare che l’obiettivo del Cremlino non sia affatto la pace.

In questo momento tutto lascia pensare che Putin voglia puntare a una via di mezzo tra la pace e la guerra, convinto che il protrarsi delle tensioni militari e politiche con l’occidente possa rafforzare il suo potere. In effetti, fino a quando ci saranno scontri in Ucraina, il presidente russo potrà sostenere che il suo paese è minacciato e vittima di un tentativo di accerchiamento da parte dell’occidente. In questo modo Putin potrà portare avanti la sua propaganda contro i “fascisti” al potere a Kiev e parlare del “genocidio” che avrebbe colpito i russofoni se la madre patria non fosse intervenuta. In poche parole il presidente potrebbe continuare a presentarsi come salvatore della Russia e mettere a tacere ogni opposizione accusando qualsiasi critico di essere stipendiato dagli occidentali e in particolare dagli Stati Uniti.

Come altro possiamo spiegare questo atteggiamento se non con un calcolo interno di questo tipo?

Oggi Putin avrebbe la possibilità di rivolgersi al suo popolo e sottolineare che grazie a lui la Russia ha conquistato la Crimea, che l’Alleanza atlantica non arriverà ai suoi confini e che i russofoni dell’Ucraina orientale otterranno l’autonomia. Inoltre, potrebbe vantarsi degli accordi di Minsk, favorevoli a Mosca. Eppure non fa niente per rispettarli e al contrario cerca di sabotarli continuando a consegnare armi ai separatisti, gli stessi che potrebbe placare come e quando vuole. Fino a prova contraria, insomma, Vladimir Putin vuole la guerra, una guerra a intensità controllata ma comunque devastante per la stabilità dell’Europa e del mondo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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