03 dicembre 2015 09:37

Il Regno Unito spalleggerà la Francia nella sua guerra contro il gruppo Stato islamico. Era prevedibile, e la conferma è arrivata alla fine del dibattito parlamentare che il 2 dicembre ha concesso al primo ministro David Cameron l’autorizzazione a impegnare le forze armate all’estero. Respingere la richiesta di Cameron avrebbe significato negare la solidarietà alla Francia, paese alleato e geograficamente vicino alle isole britanniche.

Uno scenario di questo tipo non era immaginabile. Ma possiamo davvero pensare che con questo voto il Regno Unito sia uscito dall’isolazionismo in cui si era rifugiato dopo l’avventura irachena al fianco di George W. Bush? Che Londra sia pronta a usare nuovamente le armi? E che si allontani al tempo stesso dalla tentazione di abbandonare l’Unione europea?

Al di là della sinistra, il pacifismo è ormai radicato nell’opinione pubblica britannica

La risposta è no a tutte e tre le domande. Per arrivare al semaforo verde del 2 dicembre è stato necessario che il nuovo leader del partito laburista, un pacifista, concedesse la libertà di voto ai suoi parlamentari. Totalmente divisi, i laburisti hanno rischiato la spaccatura del partito, con una base che non vuole più sentire parlare di operazioni all’estero dopo il fiasco iracheno.

Al di là della sinistra, il pacifismo è oramai radicato nell’opinione pubblica britannica, tanto che negli ultimi giorni i sondaggi cominciavano a cambiare dopo che, sull’onda dell’emozione, i britannici si erano inizialmente detti favorevoli ad appoggiare la Francia.

Quanto all’uscita del Regno Unito dall’Unione, su cui il paese si pronuncerà l’anno prossimo attraverso un referendum, resta ancora possibile se non addirittura probabile, al punto tale che tutte le capitali europee e le istituzioni comunitarie, a cominciare dal parlamento e dalla Commissione, si stanno preparando per questa eventualità.

L’esempio svizzero

Ancora tutto è possibile e fino all’ultimo momento la situazione potrebbe cambiare, ma non dobbiamo dimenticare che il Regno Unito non si è mai fidato di un continente a cui non appartiene, che Londra è entrata nell’Ue solo dopo aver cercato di impedirne la nascita, che i britannici sono ostili all’idea di un’unificazione politica dell’Europa e che le norme bancarie e sociali dell’Ue disgustano i conservatori di un paese la cui economia si è sviluppata liberalizzandosi e appoggiandosi alla City, la piazza finanziaria di Londra.

Oggi l’aspirazione dominante del Regno Unito è quella di copiare la Svizzera, di mettersi al riparo dai tormenti del mondo attirando i capitali e cercando di non farsi troppi nemici. Questa tendenza è talmente radicata che Denis McShane, ex ministro degli affari europei di Tony Blair, ha elencato pubblicamente i dodici motivi per cui il Brexit sarebbe ormai una certezza. Forse si sbaglia e il voto del 2 novembre sarà l’inizio di un cambiamento di scenario. Ma non è detto che sia così.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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