23 settembre 2016 12:56

Sarà il primo di tre incontri in tre settimane. A un mese e mezzo dalle presidenziali statunitensi, Hillary Clinton e Donald Trump si ritroveranno il 26 settembre per un dibattito televisivo cruciale, da due punti di vista.

In questo momento lo scarto tra Clinton e Trump è sempre più ridotto, e ognuno dei due cercherà di guadagnare un vantaggio sull’altro, mettendolo in difficoltà per presentarsi in posizione di forza allo scrutinio del prossimo 8 novembre. Ma la posta in gioco va ben oltre la scelta del prossimo inquilino della Casa Bianca, che comunque resta fondamentale per il mondo. L’incontro getterà luce sulla capacità di una figura politica dalla grande esperienza di resistere agli assalti della nuova estrema destra, che ha il vento in poppa ovunque da Washington a Mosca passando per l’Europa.

Queste nuove forze hanno in mano una carta formidabile. Forti del fatto di non aver mai governato, rinfacciano a chi ha gestito il potere tutto ciò che non va su questo pianeta. La lista è lunga e piena di fatti incresciosi e dolorosi, spesso difficili da comprendere, e la destra si fa portavoce dell’indignazione, del “bisogna che tutto cambi”. In questo momento è difficile respingere l’assalto senza dare l’impressione di voler negare la realtà.

Le risposte semplicistiche sono uguali ovunque
Gli Stati Uniti non sono più quelli di una volta, ripete Trump. È vero, la sua economia non è più nettamente superiore alle altre e Washington non può più governare il mondo senza curarsi del parere degli altri. Ma come possiamo rispondere al candidato repubblicano – senza sembrare disfattisti, sconfitti in partenza o timorosi – spiegando che bisogna imparare a convivere con la Cina se non si vuole colpirla con le bombe atomiche?

Non è impossibile, ma ci vogliono lunghe spiegazioni di natura storica, economica e culturale, davanti alle quali il messaggio semplicistico di Trump, “bisogna costruire un muro”, suona molto più rassicurante e, diciamoci la verità, molto più cazzuto. La stessa situazione si presenta quando tanti europei sostengono che bisognerebbe sciogliere l’Unione per tornare ai fasti del passato.

Davanti a questa follia autodistruttiva non possiamo fare altro che affannarci a ripetere che i paesi europei, presi singolarmente, sono soltanto potenze di media grandezza – “ah, ma allora non avete fiducia nella Francia!” – e che solo l’unità ci consente di avere un peso nel mondo – “ah, sì, certo, con questa Unione che impone l’austerità e di cui un’ex commissaria si è rivelata una bugiarda disonesta?”. Le difficoltà sono le stesse, in Europa come negli Stati Uniti, e Clinton dovrà affrontarle il 26 settembre.

Per spuntarla, Hillary dovrà prima di tutto presentarsi come un capo di stato all’altezza della sua esperienza, capace di rinnovare gli Stati Uniti e chiudere il becco a un avversario che l’attaccherà a spada tratta, come se fosse personalmente responsabile di tutte le debolezze degli Stati Uniti. Per Clinton la partita sarà difficile, più difficile che per Trump, perché il suo vero avversario sarà la follia dilagante del nazionalismo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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