14 febbraio 2017 09:53

Il 15 febbraio Benjamin Netanyahu sarà ricevuto alla Casa Bianca. Ufficialmente il capo del governo israeliano ha ricordato che l’alleanza tra il suo paese e gli Stati Uniti “è sempre stata molto forte e si rafforzerà sempre di più”, ma la situazione è più complicata di quanto sembri.

Da un lato il governo più a destra della storia di Israele ha tutte le ragioni per festeggiare l’arrivo di Donald Trump, che finora non ha mai fatto mancare il suo appoggio allo stato ebraico. Trump vuole inviare come ambasciatore in Israele un sostenitore dichiarato dell’espansione coloniale nei territori occupati e ha annunciato di voler trasferire l’ambasciata degli Stati Uniti da Tel Aviv a Gerusalemme. Questo significherebbe riconoscere Gerusalemme come capitale “indivisibile” di Israele e non come una città che dovrebbe essere condivisa da israeliani e palestinesi nel quadro di un accordo di pace.

Ma non è tutto. Sposando senza riserve la visione di Netanyahu, Trump critica il compromesso sul nucleare che le grandi potenze, a cominciare dagli Stati Uniti, hanno raggiunto con la repubblica islamica dell’Iran. Secondo il presidente americano si tratta “di un accordo stupido” e, come il primo ministro israeliano, anche Trump è convinto che dopo la cancellazione delle sanzioni internazionali l’Iran avrà i mezzi per ricostruire la sua economia per poi riprendere la corsa all’atomica.

Il nuovo cambio di rotta
Apparentemente la destra israeliana non avrebbe potuto sognare un partner più adatto di Donald Trump. Il presidente statunitense aveva dato un tale incoraggiamento allo sviluppo della colonizzazione israeliana che i partiti di estrema destra della coalizione di governo hanno potuto imporre al primo ministro la costruzione di cinquemila nuovi alloggi in Cisgiordania e soprattutto una legge che legalizzerebbe retroattivamente gli insediamenti illegali.

Tuttavia, temendo un ennesimo cambio di rotta a Washington, Netanyahu era parecchio reticente, e le sue paure sono state confermate da Trump quando ha fatto presente che la colonizzazione “non aiuta il processo di pace”.

Come tutti i leader mondiali Netanyahu si chiede quale strada voglia seguire Trump

Non solo il presidente statunitense sta facendo marcia indietro su Gerusalemme, ma Netanyahu non ha alcuna voglia di assistere a questo trasferimento dell’ambasciata che spingerebbe i palestinesi a scendere in piazza e comprometterebbe i suoi rapporti con i paesi sunniti, che nel frattempo continuano a rafforzarsi nell’ombra per affrontare l’avversario comune, l’Iran sciita.

Più che Gerusalemme e la colonizzazione, in cima alla lista delle preoccupazioni del primo ministro israeliano c’è l’Iran, ed è su questo che vuole un reale sostegno della Casa Bianca, perché dopo essersi impiantata in Libano, la Repubblica islamica cerca di mettere piede anche in Siria assicurandosi una presenza militare su due delle frontiere di Israele.

È qui che gli israeliani hanno bisogno degli Stati Uniti, ma come tutti i leader mondiali Netanyahu si chiede quale strada voglia seguire Trump, sempre che il presidente statunitense lo sappia.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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