28 aprile 2015 16:01

Un gruppo di ricercatori cinesi avrebbe, per la prima volta, modificato geneticamente alcuni embrioni umani. Lo rivela uno studio uscito il 18 aprile su Protein & Cell dopo essere stato, a quanto pare, rifiutato da Nature e Science per ragioni etiche (Crispr/Cas9-mediated gene editing in human tripronuclear zygotes). Così sostiene l’autore dello studio, il biologo Junjiu Huang su Nature News, la cui redazione è indipendente da Nature, il 22 aprile (Chinese scientists genetically modify human embryos).

Che cosa è stato fatto
Per cercare di evitare o di ridurre le polemiche etiche, i ricercatori hanno usato alcuni embrioni scartati dalle cliniche di riproduzione assistita a causa di qualche anomalia. Questi embrioni non avrebbero mai potuto essere impiantati, ma solo distrutti o lasciati estinguere: perché allora non usarli per la ricerca?

Il tentativo di Junjiu Huang, biologo della Sun Yat-sen university e a capo della ricerca, era di modificare il gene responsabile della β-thalassaemia, una grave patologia del sangue, usando una tecnologia di editing genetico chiamata Crispr/Cas9.

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Questa tecnica prevede l’iniezione di un enzima complesso che taglia il dna in un punto specifico, con lo scopo di individuare un particolare gene, sostituendolo o riparandolo con un’altra molecola introdotta allo stesso tempo.

La tecnica è più precisa di quella genica classica e non si limita ad aggiungere una versione non difettosa, ma fa un vero e proprio editing – in questo caso del gene HBB, che codifica la proteina umana β-globina e le cui mutazioni sono responsabili della β-thalassaemia.

È stato iniettato il Crispr/Cas9 in 86 embrioni. Dopo 48 ore ne erano sopravvissuti 71. Cinquantaquattro di questi sono stati analizzati: 28 erano stati ricombinati con successo, e una parte conteneva il materiale genetico di sostituzione.

Però, come ha spiegato Huang, per cominciare a lavorare su embrioni normali è necessario avvicinarsi al 100 per cento. “Ecco perché ci siamo fermati. Pensiamo che sia troppo presto”.

Anche perché avevano trovato un numero sorprendente di mutazioni “off-target” – dovute probabilmente all’anormalità degli embrioni usati – e questo ha sollevato preoccupazione perché potrebbe avere effetti dannosi. Non c’è modo di sapere cosa accadrebbe con embrioni normali.

Davanti a possibili danni non si può che essere tutti d’accordo. Ma molti hanno agitato fantasmi e gridato allo scandalo, non tanto in base al principio ovvio che se qualcosa è dannoso non si deve fare, ma invocando meno chiare obiezioni etiche. Tanto più che qui il cambiamento diventerebbe ereditario (finora i cambiamenti praticati erano somatici, cioè sul corpo; in questo caso si interviene sulla linea germinale), perciò la tentazione di denunciare l’attentato alla specie umana è irresistibile.

Ostacoli etici?
Il principio del danno come bussola morale e come base per giustificare il divieto legale è l’unico possibile principio razionale (nei due casi funziona diversamente, perché ovviamente non tutto quello che è immorale deve anche essere illegale). Quando una tecnica è rischiosa o causa un danno è legittimo condannarla.

Naturalmente dovremmo essere in grado di valutare il rischio e il danno in un contesto non idealizzato e possibilmente senza fidarci ciecamente delle nostre percezioni: è noto, per esempio, che abbiamo molta più paura di prendere un aereo che di andare in auto, nonostante i rischi siano molti più alti nel secondo caso.

Il lavoro di Huang e del suo gruppo ha sollevato molti dubbi sulla sua eticità. Per chi ha familiarità con la sperimentazione embrionale e la manipolazione genetica le reazioni di condanna si basano su argomenti noti e abbastanza fallaci.

I genitori compiono già la scelta più significativa decidendo, senza il nostro consenso, di farci nascere

Per esempio Edward Lanphier, fondatore, presidente e amministratore delegato di Sangamo BioSciences e chairman della Alliance for regenerative medicine (Ethics of embryo editing divides scientists) invita i ricercatori a non modificare gli embrioni umani, neanche per la ricerca, e obietta: “Qualcuno potrebbe sfruttare la tecnica per modifiche non terapeutiche, come per cambiare il colore degli occhi”. L’obiezione in genere si accompagna alla rivendicazione di un diritto al caso o alla lotteria genetica, che sembra essere un ostacolo solo per i tratti neutrali e non per le malattie, eccezione che andrebbe spiegata e non data per scontata. Cioè: perché potrei violare il diritto al caso per evitare il cancro e non per scegliere il colore degli occhi?

In più, tenendo conto del principio del danno, non è chiaro che cosa ci sarebbe di tanto scandaloso nella scelta del colore degli occhi (avere occhi verdi o azzurri è indifferente, risponde a un gusto estetico magari discutibile, ma non è intrinsecamente rilevante). I genitori compiono già la scelta più significativa decidendo, senza il nostro consenso, di farci nascere. Che ci sarebbe di male se fosse stata nostra madre a decidere di farci avere gli occhi neri invece del rimescolamento genetico?

Lanphier poi punta all’emotività: “Non siamo mica topi transgenici, siamo esseri umani”. Cosa dovrebbe derivare da questa ovvietà? L’essere transgenico non è per forza immorale e, di nuovo, quello che dovremmo considerare è il possibile danno. Anche invocare una “questione etica fondamentale nel superare il limite al cambiamento della linea germinale” rimane nel vuoto. Chi sarebbe danneggiato? E perché dovremmo permetterlo nel caso di una patologia e non in altri casi? Dove si stabilisce il confine tra quello che è patologico e quello che non lo è? Se è facile in alcune circostanze, in altre è ben più complicato. E, ancora, perché il dominio migliorativo è considerato come eticamente riprovevole?

In risposta possiamo usare gli argomenti di George Church, genetista della Harvard medical school. Moratoria sì, ma solo finché non abbiamo affrontato le questioni di sicurezza (è il principio del danno e la risposta più giusta alla proposta di moratoria volontaria invocata da alcuni genetisti). Che altri problemi ci sarebbero nel modificare la linea germinale? Anche le terapie somatiche sono una forma di modificazione artificiale. E non dimentichiamo le reazioni atterrite alle tecniche riproduttive o nei confronti di molte altre tecnologie, ostacolate e condannate duramente e poi accettate (anche le più innocue, come il telefono o internet hanno scatenato molti “chissà dove andremo a finire”). In questo processo è fondamentale, come già detto, accertare che non ci siano pericoli.

“In un lontano futuro, posso immaginare che le alterazioni germinali siano in grado di proteggere le persone dal cancro, dal diabete e da altri problemi legati all’invecchiamento”, commenta Craig Mello, genetista e premio Nobel.
Neanche a dirlo i toni italiani sono spesso rigidi e a volte molto confusi. Come nel caso di Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione giuristi cattolici italiani ed ex presidente del comitato nazionale per la bioetica (L’assalto dei cinesi all’embrione, Famiglia Cristiana, 24 aprile 2015).

“I cinesi stanno cercando di intervenire non solo sul patrimonio genetico dell’embrione, ma anche su quella parte del patrimonio genetico che comunque verrebbe trasmessa ai discendenti di quell’embrione ove gli fosse concesso di nascere di arrivare a un’età procreativa e di procreare. Il progetto ha anche come obiettivo quello di modificare la linea germinale di quella autentica persona umana che è l’embrione”.

Che differenza ci sarebbe tra il patrimonio genetico di un embrione di una cellula e “quella parte del patrimonio genetico che comunque verrebbe trasmessa ai discendenti di quell’embrione”? Che cosa voleva dire D’Agostino? Definire poi l’embrione umano come una “autentica persona umana” è come minimo controverso. È per questo che molti preferiscono considerare l’embrione di poche cellule come persona potenziale, cercando di retrodatare proprietà e diritti dallo stato attuale a quello potenziale. Il tentativo è debole, ma è almeno un po’ più ragionevole di eliminare tutti i passaggi e di vedere una persona da quando i gameti si fondono (quello che si chiama “momento del concepimento” e non è nemmeno un momento come non lo è nessun processo biologico).

Bruno Dallapiccola, genetista e fondatore insieme a Paola Binetti del comitato Scienza e vita a difesa della legge 40, è addirittura più definitivo e vago.“Il tentativo fatto in Cina di modificare un embrione manipolando il suo dna è un esempio di ‘ricerca criminale’” (Dallapiccola: ricerca criminale, Avvenire, 23 aprile 2015). E ancora: “Nessun comitato etico potrebbe accettare una ricerca che mette le mani su un embrione o su un feto, anche se fosse per guarire una malattia”.

Cioè meglio non manipolati (e malati) che sani? Sembra davvero un principio molto poco ragionevole. Comitati etici del genere sarebbe meglio non averli.

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