21 ottobre 2016 15:03

Il 1996 nella musica è stato un anno di passaggio. Nel pop Mariah Carey e Celine Dion dominavano le classifiche, ma nello stesso tempo uscivano le Spice Girls che hanno violentemente rimescolato le carte. Mentre Madonna metteva al mondo la sua prima figlia, si preparava alla transizione più cruciale della sua carriera, quella da Evita alla dance illuminata e adulta di Ray of light. Si consumavano gli ultimi fuochi del grunge più commerciale e Marilyn Manson con Antichrist Superstar diventava una meravigliosa rockstar e un’inquietante celebrità da tabloid.

L’hip hop continuava la sua marcia trionfale nel mainstream con The score dei Fugees e il debutto di un signore di nome Jay-Z. La Warner vendeva alla Mca records la sua metà delle azioni dell’etichetta Interscope records per le polemiche sui testi espliciti del gangsta rap, cambiando così la geopolitica discografica dell’hip hop.

E, soprattutto in Europa, non si faceva che sentire il trip hop. Dopo il successo dei Massive Attack, dei Portishead e di Tricky, tutta la nuova musica che usciva era rallentata, malinconica, scandita da bassi profondi, da scratching e da campionamenti vintage. Debuttavano i Morcheeba, gli Sneaker Pimps e i Moloko. Nel 1997 una hit del duo di trip hop anglobrasiliano Smoke City è finita in uno spot Levi’s, sancendo così la definitiva sovraesposizione di questo genere musicale.

Pare che il termine trip hop sia stato usato per la prima volta nel 1994 sulla rivista Mixmag, proprio per definire il suono di In/Flux, uno dei primi singoli del giovane e poco conosciuto dj californiano bianco Josh Davis, in arte Dj Shadow. Mentre si cercavano i modi per descrivere questo suono e ci si sdilinquiva su Dummy dei Portishead, Josh Davis era chiuso nella sua stanzetta a mixare e a scratchare, a costruire le fondamenta di quello che sarà il suo primo album. Un manufatto sonoro monolitico che influenzerà praticamente tutto quello che è successo dopo.

Dj Shadow è il prototipo del nerd musicale, del collezionista compulsivo e del crate digger, di colui cioè che passa la vita nelle cantine a spulciare vecchi vinili polverosi, alla ricerca di suoni dimenticati e sopravvissuti al pogrom della digitalizzazione forzata voluta dalle major.

Come scrive Eliot Wilder nella sua eccellente monografia su Endtroducing….., quei vecchi dischi di vinile “che per noi sono privi di valore, per Josh Davis sono delle anime perse e lui, il loro salvatore, è lì per rendergli onore. Perché queste anime perse hanno trovato la loro casa in Endtroducing…..”.

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Il primo album di Dj Shadow, Endtroducing….., è anche il primo disco della storia interamente realizzato con campionamenti mixati in modo incredibilmente virtuosistico. Non c’è nulla di suonato: c’è solo un certosino, maniacale lavoro di collage. Tutto fatto in modo analogico, portando la tecnica del djing hip hop a vette di rarefazione che hanno qualcosa di zen.

Rimontando frammenti di vecchi dischi più o meno dimenticati, Dj Shadow crea un nuovo tessuto sonoro, un suono che non esisteva. Non c’è nulla di vintage nella visione di Dj Shadow. Lo ha sottolineato lui stesso in una conversazione con Eliot Wilder: “La mia estetica del campionamento è radicata nella prassi dell’hip hop che è: prendi quello che hai intorno a te e sovvertilo, fino a farlo diventare qualcosa che ti rappresenti al cento per cento”.

Endtroducing….. è un album che ha preso la tecnica dell’hip hop e l’ha raffinata fino a portarla in un mondo inesplorato. È per questo che ascoltandolo ancora oggi, a vent’anni di distanza, si ha la sensazione di ascoltare la colonna sonora di un film notturno ambientato in un futuro indefinibile.

Prima del debutto di Dj Shadow mi viene in mente solo un altro lavoro che si trova nella stessa intersezione tra la reinvenzione di una tecnica e la scoperta di un paesaggio sonoro inesplorato: Bitches brew di Miles Davis. Quando tra il 1969 e il 1970 Miles ha cominciato le sessioni di registrazione di Bitches brew, aveva chiaro che voleva fare qualcosa di nuovo nel jazz. Sapeva che avrebbe usato lo studio di registrazione come uno strumento. E infatti, per la prima volta nella storia, l’album che finiva nelle case della gente con quella meravigliosa copertina afrofuturista, non conteneva una musica che era stata effettivamente suonata dal vivo. Era la prima volta che si incideva un disco jazz con overdub e loop, diremmo oggi, campionati. Bitches brew non è dunque il documento di una band eccezionale che suonava dal vivo in studio (come Kind of blue o Sketches of Spain), ma era un’opera d’arte in sé. Con Miles Davis, nell’anno di grazia 1970, l’album musicale ha smesso di essere un documento, una pura “registrazione”, ed è diventato espressione artistica in sé. Come un quadro o una scultura.

Endtroducing….. ha una qualità proustiana: crea un mondo da frammenti di memoria infinitesimali

E Josh Davis, raffinando quella che lui chiama “my little craft” (la mia piccola arte), ha fatto qualcosa di concettualmente molto simile: ha portato le tecniche e le tecnologie di cui disponeva all’estremo della sperimentazione e, come Miles Davis e tutti gli altri grandi sperimentatori dell’arte, ha aperto una porta su una dimensione nuova.

Endtroducing….. di Dj Shadow ha un altro merito, che è particolarmente evidente oggi. In un’epoca di streaming, in cui la soglia dell’attenzione si va sempre più abbassando e la musica è sempre più compressa per facilitarne l’ascolto sul cellulare, Dj Shadow ci invita ad ascoltare a fondo. La cura per il dettaglio che trasuda da ogni secondo del suo lavoro ci fa scoprire tesori sonori inaspettati in dischi che credevamo di conoscere o ci fa scoprire la bellezza di dischi di cui ignoravamo l’esistenza. Endtroducing….. ha una qualità quasi proustiana nella maniera in cui riesce a creare un mondo immenso partendo da frammenti di memoria infinitesimali.

Da piccolo Josh passava le serate a registrare la musica che gli piaceva dalla radio, con un mangianastri, come tutti i bambini degli anni ottanta. “Era quasi ora di andare a letto”, ricorda l’artista, “e la mamma ha infilato la testa nella mia stanza e ha detto: ‘E questo cos’è? Cosa stai sentendo?’. E io le ho fatto: ‘Shhhh! Vai via!’ . Ho ancora quella cassetta in cui le voci mie e di mia madre si mescolavano alla musica che registravo alla radio. Ho sempre voluto usarla in un disco, perché lì, secondo me, c’è l’inizio di tutto quello che è venuto dopo”.

Il 28 ottobre uscirà un’edizione speciale per i vent’anni di Endtroducing….. su sei vinili o su tre cd, con demo e nuovi remix inediti.

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