17 ottobre 2012 17:32

Ieri, su un autobus brussellese affollato quanto il più affollato degli autobus romani, non ho fisicamente potuto fare a meno di ascoltare una studentessa mentre chiacchierava al cellulare con tale Charly: “Tutti parlano del trionfo dei nazionalisti, ma hai visto come siamo andati bene anche noi? Ad Anversa, per esempio, non ha mica sfondato solo De Wever! Secondo me abbiamo preso i voti del Vlaams Belang, perché chi li ha votati nel 2006 e poi è stato deluso ora è passato all’altro estremo…”.

La ragazza stava commentando i risultati delle elezioni comunali e provinciali belghe che si sono svolte il 14 ottobre. Quel “noi” era riferito al Partito dei lavoratori belgi, di ispirazione marxista, che è effettivamente andato molto bene. Ad Anversa, per esempio, ha raccolto l’8 per cento delle preferenze, diventando la quarta forza politica locale. Ed è probabile che, come sosteneva la nostra inconsapevole opinionista, l’estrema sinistra abbia attirato i voti non solo della sinistra moderata, ma anche dell’estrema destra del Vlaams Belang.

Naturalmente non è di questo che ha parlato la stragrande maggioranza della stampa locale e straniera. I titoli erano tutti per i nazionalisti fiamminghi (N-VA) guidati dal tracotante Bart De Wever, che prendendo la parola la sera delle elezioni ha chiesto l’inizio di una nuova riforma istituzionale – a sproposito dato che 1) la sesta riforma è tuttora in corso e 2) per ora De Wever può pensare a come riformare Anversa, non certo l’assetto istituzionale del paese.

Il 14 ottobre è anche il giorno in cui gli indipendentisti scozzesi hanno ottenuto da Cameron il via libera al referendum sulla secessione, motivo per cui molti giornali, buttandoci dentro anche i catalani che chiedono l’indipendenza, hanno tracciato il tetro quadro di un’Europa scricchiolante sotto il peso delle spinte autonomiste.

Ma il Belgio è stato davvero “travolto dall’ondata giallo-nera”, colori della N-VA? Secondo Marcel Sel, un blogger che alla destra fiamminga dedica post e libri (e lo fa divertendosi), le cose non stanno affatto così. “Ci sono vari modi di interpretare queste elezioni”, ha scritto. “Da ieri sera ne vedo solo uno sui mezzi d’informazione. Quindi ora sentirete l’altra campana. E vi sorprenderà”. Dati alla mano, Sel dimostra che la N-VA non solo non ha progredito rispetto alle elezioni federali del 2010, ma è andata decisamente peggio di quanto prevedessero i sondaggi. Eppure è bastato che De Wever dicesse “questo è un giorno storico”, come ha fatto la sera delle elezioni, perché tutti si spaventassero (effetto pavloviano che mi aveva già colpito un anno fa).

Dopo aver ridimensionato il “trionfo” di Bart e amici, resta da capire quanto sia corretta l’analisi del nazionalismo avanzata da parte della stampa europea. Una risposta interessante arriva dal quotidiano fiammingo De Standaard, che ha intervistato due docenti dell’Università di Lovanio. Louis Vos minimizza il ruolo della crisi finanziaria nella crescita del nazionalismo e ricorda che quest’ultimo risponde in parte “a un bisogno naturale che i popoli hanno di sviluppare la loro identità”. Una tendenza che, secondo Stephan Keukeleire, non minaccerebbe l’Europa. “Per le regioni il livello europeo è il più importante”, sostiene, “proprio perché può rendere superfluo il livello nazionale”.

**I padri del progetto europeo **erano troppo presi dall’obiettivo di pacificare un continente per pensare al livello regionale. “Federare l’Europa significa unire i popoli liberi d’Europa con un patto irrevocabile, in base al quale gli affari pubblici propri delle singole nazioni sono amministrati dai rispettivi Stati nazionali secondo il genio particolare di ciascuna nazione, mentre gli affari pubblici di interesse comune sono amministrati da un governo comune”, scriveva Altiero Spinelli nel suo Manifesto dei federalisti europei (1957). Con il tempo ci si è accorti che l’Europa federale non può fare a meno dell’Europa delle regioni. Più le istituzioni europee guadagnano potere, più i cittadini hanno bisogno di sentirsi rappresentati anche a livello locale, da chi conosce la realtà in cui vivono. Ma non c’è incompatibilità tra sentimento di appartenenza europeo e regionale (o nazionale). Sono le persone – comuni cittadini e politici – a contrapporre questi sentimenti come fossero antitetici.

La questione è complessa e meriterebbe tomi e tomi di analisi. Mi limiterò a concludere con un’immagine che, a mio avviso, vale quanto un tomo intero. Ecco a voi i tifosi belgi - fiamminghi e valloni - durante la partita di ieri contro la Scozia (2-0, per la cronaca). Alla faccia di Bart.

Francesca Spinelli è giornalista e traduttrice. Vive a Bruxelles e collabora con Internazionale. Su Twitter: @ettaspin

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