15 ottobre 2013 17:48

“C’è urgente bisogno di tende”, afferma il sindaco di Lampedusa. E così il premio Nobel Dario Fo chiama Giusi Nicolini e offre cento tende per i profughi. Che il sindaco non può accettare: “Deve passare tutto per il ministero dell’interno”. Fo si rivolge alla prefettura di Agrigento, dove gli dicono: “Mandi un fax e poi si vedrà”. 

Anche il presidente siciliano Rosario Crocetta offre al ministero tende e personale della protezione civile. Risposta: “No, grazie”. Nel caos di Lampedusa un pilastro si conferma incrollabile: la leggendaria burocrazia italiana, che anche nelle tragedie non soccombe mai. Un cancro che costa al paese 30 miliardi di euro all’anno e che tutti i governi hanno promesso invano di combattere.

Anzi, dal 2008 a oggi sono state approvate 288 norme che hanno complicato la vita alle aziende e solo 67 che l’hanno semplificata. Poche settimane fa l’Inps ha risposto a una lettera per chiedere una ricongiunzione previdenziale. L’autore non se la ricordava neanche. Perché Antonio Francia di Frisa, in provincia di Chieti, l’aveva scritta nel lontano 1988, quando Berlino era ancora divisa da un muro. Dopo 25 anni gli è arrivata una risposta negativa composta da 28 parole. Quasi una per anno. A Fasano, in provincia di Brindisi, l’anno scorso Equitalia aveva mandato una cartella di 1.138 euro al dodicenne Antonio per non aver pagato il bollo del 1997 di un’auto che non aveva mai posseduto, soprattutto perché allora non era neanche nato.

Ma anche nella burocrazia l’Italia si conferma paese a due facce, dove sono perseguitati alcuni e risparmiati altri. per esempio quelli che evadono 150 miliardi all’anno. O i due milioni di cittadini che hanno potuto costruirsi una casa abusiva senza essere disturbati dai burocrati del loro comune. A un abitante di Sarzana, che si era dimenticato di una multa di 30 euro, nel 2012 è arrivata una cartella di 1.691 euro. Eppure, all’inizio di ottobre di quest’anno, la guardia di finanza ha sequestrato nel trevigiano 400 auto d’epoca, 100 motociclette e 70 imbarcazioni di proprietà di un imprenditore affogato in un mare di debiti.

Le insopportabili lunghezze burocratiche colpiscono tutti i cittadini. Così, in Italia, per un banale permesso edilizio ci vogliono 234 giorni, in Francia 184, nel Regno Unito 99 e in Germania 97. La burocrazia è onnipresente e ti sorprende anche nelle questioni più insignificanti. Pochi giorni fa ho chiesto a Wind di trasferire il modesto credito di una chiavetta scaduta a quella nuova.  Mi è stato comunicato che la somma è di 35 euro, ma per trasferirla sono stato costretto a mandare una richiesta scritta con fotocopia della carta d’identità. Una perversione.

Recentemente sul Freccia rossa tra Roma e Firenze ho fatto conoscenza con  un altro eroe di quella burocrazia vessatoria che irrita quotidianamente gli italiani. Il controllore di Trenitalia oltre al biglietto mi ha chiesto la tessera Cartafreccia: la prima volta in 15 anni,  perché il numero della tessera viene stampato automaticamente sul biglietto. Il solerte controllore ha distribuito decine di multe per “biglietti irregolari” a passeggeri furibondi, anche loro senza la tessera finora mai richiesta. 

Ma il ferroviere ha fermamente respinto le proteste: “Non mi interessa cosa fanno i miei colleghi. È previsto dal regolamento”. L’inflessibile controllore, che sul verbale Fs in gergo burocratese è definito “agente G.A.”, non ha fatto solo arrabbiare i passeggeri con la sua inopportuna rigidità, ma ha danneggiato anche il suo datore di lavoro. Perché molti dei viaggiatori colpiti dal piccolo burocrate, la prossima volta useranno Italo.

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