12 maggio 2011 00:00

David Byrne, Diari della bicicletta

Bompiani, 376 pagine, 19 euro

Da quando una trentina di anni fa cominciò a esibirsi con i Talking Heads, David Byrne studia da alieno. Qualunque cosa faccia, dalla musica che suona alle compilation che mette sul suo sito, dalle foto che espone fino all’ultimo musical prodotto (dedicato alla vita di Imelda Marcos), tutto è sempre poco classificabile, fuori luogo, alternativo. Questo effetto pare raggiunto attraverso la combinazione di una particolare forma di curiosità, che gli permette di notare cose che ad altri sfuggono, con la capacità di prendersi il tempo per rifletterci sopra.

Non stupisce che per spostarsi prediliga la bicicletta, mezzo di trasporto che in genere permette di pensare meno al traffico e più ai luoghi che si attraversano, dando modo a chi lo usa di osservare i particolari, di percepire la temperatura, le stagioni e i cambiamenti.

A New York, dove vive, Byrne promuove il trasporto a pedali. Quando viaggia si porta sempre dietro una bici pieghevole con cui andarsene in giro. Il filo che collega questi diari di viaggio in città americane, europee e asiatiche non è il ciclismo in sé, ma lo sguardo distaccato e lucido che la bicicletta riesce a offrire. Pedalando, David Byrne racconta le persone che incontra e le cose che vede. Lo fa con in mente la sua città, dove le biciclette, guarda caso, si stanno moltiplicando: segno che, forse, gli alieni cominciano a prendere il sopravvento.

Internazionale, numero 897, 13 maggio 2011

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