10 agosto 2016 18:01

Egregio dottore,
da diverso tempo soffro di un disturbo che mi comporta la lettura di due libri in contemporanea. Non riesco a farne a meno. Salto da una storia all’altra con l’effetto spesso di confondere i personaggi e intrecciare gli intrecci. Alle volte, quando sento di non farcela, abbino un romanzo a un saggio o a un fumetto. In questo momento ho con me Triste solitario y final di Osvaldo Soriano ed Esercizi di stile di Queneau, e prego spesso che Marlowe non venga spintonato su un autobus. Sull’enciclopedia medica non ho trovato nulla al riguardo. O era Lupo Alberto? È grave?

—Roberto, Napoli

Caro Roberto,
ho sempre avvertito una minacciosa aria di famiglia tra il circolo vizioso della virtuosa Fatmè, una delle cinque mogli del sovrano Usbek nelle Lettere persiane di Montesquieu, pronta a giurare al tempo stesso che il marito è l’uomo migliore del mondo e che non ne ha mai visti altri, e l’aut aut del califfo Omar, secondo cui i libri contenuti nella biblioteca di Alessandria o dicono le stesse cose del Corano (e allora sono inutili: tanto vale bruciarli) o dicono cose diverse (e allora sono blasfemi: tanto vale bruciarli). Due esempi di dedizione fieramente ottusa, a un uomo o a un libro.

Tutto quel che si dice del matrimonio, della promiscuità, dell’adulterio, della poligamia e perfino dello scambismo si può trasporre senza sforzo ai nostri amori bibliografici. Molti lettori – un tempo erano maggioranza, oggi non so – corrispondono al tipo del monogamo seriale: si legano a un romanzo o a un saggio e non sfiorano neppure con il pensiero gli altri libri finché la parola “fine” non li separi.

In nome di questa fedeltà sopportano tutti i fastidi della vita coniugale, lamentele, abitudini irritanti, intercalari ossessivi, tempi morti, atroci digressioni da monomani (DeLillo che ti attacca un bottone interminabile sul baseball, per dirne una), si affezionano perfino al russare, perché anche il buon Omero – ce l’hanno insegnato a scuola – quandoque dormitat come certi mariti appesantiti dal pranzo della domenica, creature mitologiche metà uomo metà divano.

“Ci metto un secondo, tesoro!” (A cartoon guide to the Kinsey report, 1954)

Al capo opposto c’è il lettore dongiovannesco, a cui manca solo un Leporello che gli tenga il catalogo di ogni libro sedotto e abbandonato, d’ogni grado, d’ogni forma, d’ogni età: purché porti una copertina, voi sapete quel che fa.

Quando questo lettore dissoluto rischia d’immergersi troppo a fondo in un romanzo si tormenta al pensiero di tutte le altre letture possibili che la fedeltà a quel libro gli preclude, e si mette allora a rincorrere come un satiro le loro gonnelle di carta, a sfogliarle, a compulsarle, a stropicciarle, a fare orecchie e segnacci sulle loro pagine, a strappar loro le rilegature di dosso; con il rischio, o la maledizione, di non godere pienamente di nessuna.

Per parte mia, inclino decisamente a questo secondo tipo. Ma ho un passato alquanto vergognoso da lettore poligamo e mormone, perché a vent’anni mi ero imposto, pensa che nevrotico, di leggere parallelamente un libro in ciascuna delle lingue che conoscevo (abbandonai il proposito a vent’anni e due settimane – giorno più, giorno meno).

Tu rientri nel caso piuttosto diffuso del monogamo irrequieto con una compulsione all’infedeltà. I tuoi esempi lo rivelano senza possibilità di equivoco: il matrimonio “triste e solitario” con Soriano ti porta a sognare scappatelle con le 99 concubine del serraglio di Queneau e del suo magnifico kamasutra dello stile.

E il tuo timore di “confondere i personaggi e intrecciare gli intrecci” si sovrappone perfettamente a quello del marito infedele che vive nell’incubo di invocare, a letto, la moglie con il nome dell’amante (o viceversa). Non per nulla leggendo la tua lettera continuava a tornarmi in mente una formula di Tristan Corbière, mélange adultère. Ti consiglio però di restare nel regime delle corna e di non lasciarti tentare da quello, letterariamente sciaguroso, della coppia aperta, spesso propalato dai teorici dell’opera aperta.

Per parlar chiaro: potresti trovare sulla tua strada un pio corteo di professori di semiotica, maestre elementari, brave mamme col Rodari sottobraccio e la fantasia sempre in bocca, ammiratori del tardo Calvino, cultori del midcult feltrinelliano alla Pennac o alla Benni, postmoderni ritardatari (ed è dura essere in ritardo su un postqualcosa), book bloc, patiti di enigmistica educati a una pseudoinfanzia repressa a forza di OuLiPo e di Draghi locopei, tutti pronti a decantare la bellezza e la libertà del combinare storie, personaggi e romanzi.

Che gustoso pastiche, ti diranno, far incontrare il capitano Achab, Bastianazzo e l’old man di Hemingway a bordo di un peschereccio (finiranno per fondare un marchio di tonno in scatola, che fallirà); che divertimento far patire a Renzo Tramaglino le disavventure della virtù con la Justine di Sade al posto di Lucia; che allegria, poi, ritornare bambini intelligenti e schierare Orlando, Don Chisciotte e il Cavaliere inesistente contro il Mulino del Po, il Mulino sulla Floss e i Giganti della Montagna…Fuggi a gambe levate, Robertino.

P.S. Quanto a Lupo Alberto e all’enciclopedia medica, ricordo un loro storico incontro, nel 1991: Come ti frego il virus!, l’opuscolo sull’aids e la contraccezione diffuso tra i liceali prima che le forze oscure della reazione, sotto forma di una circolare di Rosa Russo Iervolino, ripristinassero l’ordine issando sulle scuole d’Italia la bandiera vaticana.

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