10 novembre 2016 15:14

Caro bibliopatologo,
la mia libreria è ormai un ginepraio di ricordi che puntualmente, inevitabilmente lego a ogni libro che mi passa fra le mani. È inevitabile che ognuno di essi abbia una sua storia fuori da quella che custodisce dentro, mi dico, e tuttavia da un po’ ho notato (con una certa apprensione) che più di un libro, nella mia memoria, si è ridotto esclusivamente al ricordo che gli ho legato a suo tempo. Ed ecco che non riesco più ad amare Un uomo di Oriana Fallaci perché pieno zeppo di ricordi e momenti che vorrei lasciar sepolti; o L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera, diventato ormai il simbolo delle insicurezze che ci annegai dentro; o ancora Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway, di cui non ricordo nulla, perché lo legai al primo amore, e se lo leghi a qualcosa di così grande non c’è spazio per nient’altro. Come recuperare i miei libri? Come strapparli a quei ricordi? La sensazione è d’aver perso il senso stesso della lettura, se sento un laccio allo stomaco ogni volta che corre il dito su copertine già conosciute.

—Vito Dichio, Montescaglioso (MT)

Caro Vito,
hai fatto della tua biblioteca una casa infestata dai fantasmi, e io mi ritrovo nei panni insoliti del ghostbuster. Mi pare evidente, infatti, che il tuo problema non riguarda i libri in sé, quanto gli spiriti che hai lasciato penetrare in quei libri fino a trasformarli in oggetti magici. Come sai, il destino delle case stregate nei racconti dell’orrore è spesso quello di finire distrutte in un rogo purificatore; mi sembra, tuttavia, una soluzione decisamente antieconomica. Cambiamo metafora.

Dimentica la casa infestata, e comportati con i tuoi libri nello stesso modo in cui ti comporteresti con le lettere di un’ex fidanzata, anch’esse circondate di un alone magico e minaccioso. Già Ovidio si era posto il problema nei Remedia amoris, molti secoli fa, ed è possibile che nei suoi versi si trovi qualche buon consiglio. Dunque, vediamo un po’. Che fare con gli scripta della ragazza? Anzitutto, non rileggere quelle lettere. La rilettura, dice Ovidio, scuote anche gli animi più fermi. E poi, e poi… un momento, abbiamo un altro piromane! “Getta tutto nel fuoco divampante – dovrai farlo contro voglia – e di’: Questo sia il rogo del mio ardore”.

Niente da fare, tra gli horror adolescenziali e le reminiscenze del liceo classico il meglio che ho tirato fuori è il suggerimento di procurarti una tanica di benzina e un fiammifero. Tentiamo ancora un’altra via.

Come in quelle favole in cui l’eroe cerca per tutto il mondo il suo amuleto, salvo accorgersi, alla fine, che lo aveva da sempre con sé nel taschino, è probabile che la risposta più saggia, o se non altro la meno incendiaria, si annidi già nella tua domanda. Ogni libro, dici, ha “una sua storia fuori da quella che custodisce dentro”. Ecco, il tuo errore è considerarle entrambe chiuse, e guardarle con un senso sconsolato di ineluttabilità. Non è così. Certo, non potrai più impedire agli squali di sbranare il pesce vela che il vecchio Santiago ha inseguito per tre giorni e tre notti; ma potrai concedere alla tua vecchia copia di Il vecchio e il mare una lunga navigazione. Fanne il principio di una nuova storia, seguendo il capriccio – prestalo a un nuovo amore, calalo giù dalla finestra con un filo per spaventare il bambino del piano di sotto, attaccalo al collo della mucca nel corridoio, come un campanaccio.

Vedrai che al termine di lunghe peripezie potrebbe tornarti indietro liberato del suo antico demone, tanto da farti venire voglia di rileggerlo. Sempre che (sono incidenti da mettere in conto) non sia finito nel frattempo in mano a un piromane, o non sia stato divorato dagli squali.

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