17 marzo 2015 15:22

Se aveva una semplice influenza, perché non l’ha detto? Gli avremmo mandato un bigliettino di auguri di pronta guarigione e sarebbe finita lì.

La prolungata e misteriosa assenza di Vladimir Putin si è conclusa il 16 marzo, quando il presidente russo è apparso a San Pietroburgo per accogliere il presidente del Kirghizistan, Almazbek Atambaev. L’unica spiegazione fornita da Putin per la sua sparizione dalle scene è stata che la vita sarebbe noiosa senza gossip.

Durante la sua assenza le voci di corridoio si sono scatenate. Putin ha avuto un ictus. Putin è in Svizzera per la nascita del figlio illegittimo avuto dalla sua presunta fiamma, la ginnasta Alina Kabaeva. Putin si è sottoposto a un lifting o a un’altra iniezione di botox. C’è stato un colpo di stato collegato all’omicidio di Boris Nemtsov.

Tutte speculazioni, naturalmente. Il Cremlino, come ai tempi dell’Unione Sovietica e dell’impero zarista, resta teatro di intrighi perpetui, e la cremlinologia è ancora una scienza profondamente inesatta. Oggi esistono diverse fazioni che cercano di influenzare il presidente, ma nessuno può dire con certezza cosa vogliono o da chi sono composte.

Per esempio, come mai la prima mossa di Putin dopo la sua improvvisa resurrezione è stata di mettere la flotta russa in stato di allerta nell’Artico? Di sicuro non è vicino all’Ucraina, al centro dello scontro tra la Russia e le potenze occidentali. Putin sta aprendo un nuovo fronte o sta solo mostrando i muscoli? Se è una prova di forza, a chi è rivolta? Alla Nato? A una fazione interna al Cremlino? A entrambe?

Il problema di un regime opaco come quello di Putin è la difficoltà di decifrarne le motivazioni e le intenzioni. Anche i governi democratici come quello degli Stati Uniti possono essere avventati e imprevedibili (pensate alle decisioni di George W. Bush dopo l’11 settembre), ma la politica americana è un miracolo di trasparenza se confrontata a quella di Mosca. La differenza è enorme, e ha conseguenze di rilievo nel mondo reale.

Al momento, per esempio, è in corso un vasto dibatto a Washington (e in altri paesi della Nato) sul fatto che Putin debba essere considerato un leader “espansionista” che dev’essere fermato prima che sia troppo tardi. La discussione somiglia a quella sulle intenzioni dell’Unione Sovietica dopo la seconda guerra mondiale, quando l’occidente aveva infine deciso che Mosca era una potenza espansionista che doveva essere “contenuta”.

All’epoca il dibattito suscitò più di un paragone con l’ascesa di Hitler negli anni trenta e il fallimento della politica di appeasement (accomodamento), spingendo le potenze occidentali a circondare l’Unione Sovietica con alleanze e basi militari, una scelta che (giusta o sbagliata che fosse) scatenò una pericolosissima guerra fredda durata quarant’anni.

Hitler è morto da settant’anni e il mondo di oggi è molto diverso rispetto agli anni trenta, eppure siamo di nuovo impantanati nello stesso dibattito. Se a Washington provate a fare notare che le azioni di Putin in Ucraina non sono affatto il primo passo verso la conquista del mondo, ma solo una reazione goffa e spropositata dei ribelli di Kiev alla cacciata dell’ex presidente filorusso Viktor Janukovič, state certi che sarete accusati di appeasement.

Poco importa se quasi nessuno sa più cosa fosse la politica dell’appeasement. La spesa per la difesa britannica, per esempio, fu più che raddoppiata nei cinque anni tra l’ascesa di Hitler e la decisione di dichiarare guerra alla Germania nazista. Londra, insomma, sapeva benissimo che avrebbe potuto essere costretta a scontrarsi con i tedeschi, ma prese tempo per prepararsi, provando a calmare Hitler con la restituzione di alcuni territori persi dalla Germania dopo la prima guerra mondiale.

Se avesse funzionato, sarebbe stato molto meglio che combattere un’altra guerra mondiale. Alla fine è andata male, e così Francia e Regno Unito sono entrate in guerra. È molto difficile pensare che oggi le potenze della Nato possano ritrovarsi in una situazione simile. Prima di tutto perché non hanno mai davvero ridotto i loro arsenali dopo la fine della guerra fredda, e quindi non dovrebbero riarmarsi se Putin saltasse fuori con qualche piano aggressivo.

Se il Cremlino sta davvero pensando di conquistare il mondo (o almeno di ricreare la vecchia Unione Sovietica) allora si è mosso troppo tardi. Hitler aveva cominciato ad accaparrarsi territori due anni dopo aver conquistato il potere. Fatta eccezione per la piccola guerra con la Georgia (che era stata provocata dai georgiani) Putin ha invece aspettato quindici anni per fare la sua mossa. Se ha un piano, allora è un piano incredibilmente lento.

Tra l’altro gli esperti di strategia avranno sicuramente fatto presente a Putin che Mosca non potrebbe reggere a lungo un’altra guerra fredda. La Russia ha solo la metà della popolazione della vecchia Unione Sovietica, e oggi è uno stato petrolifero deindustrializzato con un pil paragonabile a quello dell’Italia. Probabilmente Putin sta solo facendo scena, nel disperato tentativo di salvare la faccia dopo l’umiliazione patita l’anno scorso con la rivoluzione ucraina.

Sfortunatamente ciò che accade dentro le mura del Cremlino è talmente misterioso che nessuno può conoscere con sicurezza le intenzioni del presidente. Questo crea un vuoto di cui i falchi dell’occidente possono approfittare. Probabilmente Putin avrebbe fatto molto meglio a dire di aver avuto una brutta influenza.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it