15 febbraio 2016 17:33

“Difenderemo Aleppo: tutta la Turchia è schierata con i suoi difensori”: dichiarazione di Ahmet Davutoğlu, primo ministro turco, 10 febbraio.

“La Turchia e l’Arabia Saudita potrebbero lanciare un’operazione di terra (in Siria)”: dichiarazione di Mevlüt Çavuşoğlu, ministro degli esteri turco, 13 febbraio.

“Non è mai stata presa in considerazione l’ipotesi di inviare dei soldati turchi in Siria”: dichiarazione di İsmet Yılmaz, ministro della difesa turco, 14 febbraio.

Nel giro di quattro giorni il governo turco, d’accordo con l’Arabia Saudita, ha deciso di intervenire direttamente nella guerra in Siria e poi ci ha ripensato. Più probabilmente, l’esercito turco ha semplicemente comunicato al governo che non avrebbe invaso la Siria e corso il rischio di uno scontro con la Russia.

Dittature laiche e brutali

Il governo turco ha una grossa fetta di responsabilità per la terribile guerra civile siriana. Fin dal 2011 Recep Tayyip Erdoğan, allora primo ministro e oggi presidente, si è pubblicamente impegnato a rovesciare il presidente siriano Bashar al Assad. Per cinque anni ha permesso che attraverso il confine tra Turchia e Siria passassero armi, denaro e volontari per sostenere i ribelli.

L’odio di Erdoğan per Assad è dovuto al fatto che il presidente turco è un musulmano sunnita militante, mentre il suo corrispettivo siriano guida un regime dominato da musulmani sciiti. Entrambi gli uomini sono alla guida di paesi ufficialmente laici, ma l’obiettivo a lungo termine di Erdoğan è imporre un regime islamico in Turchia. Assad invece difende il carattere multietnico e multiconfessionale della società siriana, ma al contempo dirige una dittatura brutale. A nessuno dei due importa un fico secco della democrazia.

Il principale alleato di Erdoğan nel suo tentativo di trasformare la Siria in uno stato religioso guidato da sunniti (nonostante il 30 per cento dei siriani non sia sunnita) è l’Arabia Saudita. Questi due paesi, insieme ad altri stati del Golfo, hanno sovvertito il movimento di protesta non violento nato nel 2011 per chiedere una democrazia laica, trasformandolo in una rivolta armata sunnita.

Anche il governo degli Stati Uniti voleva che Assad cadesse, non per motivi religiosi ma strategici. Così per anni Washington ha chiuso un occhio sul fatto che i suoi alleati, la Turchia e l’Arabia Saudita, stessero in realtà sostenendo il gruppo Stato islamico (Is) e il Fronte al nusra, la filiale di Al Qaeda in Siria.

L’esercito turco non è entusiasta all’idea di uno scontro con la Russia

Anche grazie a questo sostegno, oggi queste due organizzazioni estremiste dominano la ribellione contro Assad, e rappresentano tra l’80 e il 90 per cento dei combattenti attivi. La Turchia e l’Arabia Saudita hanno poi interrotto i loro legami con l’Is ma continuano a sostenere il Fronte al nusra, che si è rifatto un’immagine mescolandosi tra i gruppi più moderati che fanno parte della coalizione Jayish al islam.

La scorsa primavera il Fronte al nusra, grazie all’accresciuto sostegno della Turchia e dell’Arabia Saudita, si è impadronito di buona parte della Siria. A quel punto la Russia è intervenuta per salvare il governo siriano, suo alleato di vecchia data, e ha aiutato l’esercito di Damasco a riguadagnare terreno. La cosa ha irritato a tal punto Erdoğan che a novembre ha ordinato all’aviazione turca di abbattere un aereo militare russo.

L’esercito turco non è per niente entusiasta all’idea di uno scontro con la Russia, e non condivide neanche il sogno di Erdoğan di una Siria guidata da islamisti. Così le bombe russe hanno continuato a cadere, l’esercito siriano ha continuato ad avanzare e ora ha interrotto la principale linea di rifornimento dalla Turchia ai ribelli di Aleppo e dintorni.

La cosa ha fatto molto arrabbiare Erdoğan, che oggi ha un alleato spericolato quanto lui nel principe Muhammad bin Salman, uno dei principi ereditari e ministro della difesa saudita. Pare che negli ultimi giorni i due abbiano parlato di un limitato intervento militare in Siria per respingere le truppe del regime e riaprire le linee di rifornimento.

Il vero significato della fine delle ostilità

Questo avrebbe anche permesso all’esercito turco di colpire i curdi siriani, che stanno creando de facto uno stato indipendente nel territorio a maggioranza curda lungo il confine meridionale della Turchia (Erdoğan è già in guerra con i curdi di Turchia, e la scorsa estate ha rotto una tregua con loro che durava da quattro anni).

Il 13 febbraio l’artiglieria turca ha cominciato a colpire le milizie curde in Siria, e il giorno dopo Assad ha riferito alle Nazioni Unite che un centinaio di “soldati e mercenari turchi” hanno varcato il confine siriano. A quel punto gli adulti hanno ripreso il controllo della situazione, e il ministro della difesa turco ha negato qualsiasi intenzione d’invadere la Siria.

La Francia ha pubblicamente intimato alla Turchia d’interrompere i suoi attacchi, e sicuramente altri paesi della Nato hanno fatto lo stesso. La Turchia e l’Arabia Saudita sono probabilmente state informate che se decidessero di lanciarsi in una guerra locale contro i russi in Siria, dovranno combattere da sole.

Probabilmente la cosa finirà qui, e tutti potranno tornare a spartirsi la Siria, che è in realtà il vero significato di quella “cessazione delle ostilità” di cui tanto si parla.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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