25 settembre 2014 14:57

Grande come un asciugamano da bagno (tanto che bisognava quasi prenotare due posti in treno per leggerlo), il Corriere della Sera, il quotidiano conservatore delle élite milanesi e il più venduto nella penisola, ha deciso di cambiare pelle alla veneranda età di 138 anni.

Devo confessare che avevo smesso di leggerlo, perché (un motivo futile, lo ammetto) il tavolo della mia cucina è troppo piccolo per sfogliarlo.

Ora il problema è risolto. Il nuovo formato, lanciato mercoledì 24 settembre, è più piccolo (tabloid), più elegante e più ordinato. Inoltre, a giudicare dall’editoriale di Ferruccio De Bortoli, il Corriere è diventato anche più pungente.

L’articolo, intitolato “Il nemico allo specchio”, prende di mira Matteo Renzi, impegnato in una battaglia contro buona parte della sua maggioranza per imporre la riforma del mercato del lavoro. In linea di principio il direttore del Corriere è d’accordo con il premier, di cui apprezza “le idee e il coraggio”. Ma fin dalla prima riga De Bortoli afferma: “Renzi non mi convince”. Qual è il problema, allora? Tutto il resto, a cominciare dalla personalità del capo del governo e dal suo modo di gestire il potere.

“Se vorrà veramente cambiare verso a questo paese dovrà guardarsi dal più temibile dei suoi nemici: se stesso”, attacca il direttore. “Una personalità egocentrica è irrinunciabile per un leader. Quella del presidente del consiglio è ipertrofica. Ora, avendo un uomo solo al comando del paese (e del principale partito), senza veri rivali, la cosa non è irrilevante”.

De Bortoli riprende così una delle critiche mosse costantemente al premier dal Fatto quotidiano, che accusa Renzi di preparare l’avvento di una “democrazia autoritaria” calpestando tutto e tutti.

“Renzi ha energia leonina, tuttavia non può pensare di far tutto da solo. La sua squadra di governo è in qualche caso di una debolezza disarmante”, prosegue De Bortoli. “La competenza appare un criterio secondario. L’esperienza un intralcio, non una necessità. Perfino il ruolo del ministro dell’economia, l’ottimo Padoan, è svilito dai troppi consulenti di palazzo Chigi”.

“L’irruenza può essere una virtù, scuote la palude, ma non sempre è preferibile alla saggezza negoziale”, aggiunge il direttore del Corriere. “La muscolarità tradisce a volte la debolezza delle idee, la superficialità degli slogan. Un profluvio di tweet non annulla la fatica di scrivere un buon decreto […]. L’oratoria del premier è straordinaria, nondimeno il fascino che emana stinge facilmente nel fastidio se la comunicazione, pur brillante, è fine a se stessa. […] Auguriamo a Renzi di farcela e di correggere in corsa i propri errori. Non può fallire perché falliremmo anche noi”.

Anche se si può escludere che la critica nasca da esigenze di marketing pubblicitario, l’editoriale di De Bortoli segna una svolta evidente in un paese dove i giornalisti sono considerati dei protagonisti della vita politica. Tutti i grandi quotidiani italiani (La Stampa, la Repubblica e il Corriere della Sera) hanno applaudito l’ascesa di Renzi, anche se qualcuno ne ha criticato i modi. L’ex sindaco di Firenze prometteva qualcosa di nuovo all’Italia e ai giornalisti stanchi delle sparate di Berlusconi.

Ora però il quotidiano di via Solferino (gruppo Rizzoli-Rcs), che ha nel consiglio d’amministrazione alcuni tra i più grandi nomi dell’imprenditoria italiana, compresa la famiglia Agnelli (azionista di maggioranza), è il primo ad aprire le ostilità. Dopo sei anni di onorata direzione, De Bortoli, che ha 61 anni, lascerà le redini del quotidiano nel 2015, e forse per questo si sente più libero di esprimersi. Il salotto buono milanese (come è chiamato in Italia il mondo della finanza e degli affari) ha forse deciso di mandare un segnale al focoso primo ministro?

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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