25 aprile 2015 18:03

Il Consiglio europeo straordinario sull’immigrazione che si è tenuto il 23 aprile a Bruxelles ha partorito il solito topolino. A leggere il testo finale, l’unica vera novità sembra l’aumento dei fondi destinati alla missione Triton, coordinata dall’agenzia delle frontiere Frontex, a cui andranno 9 milioni di euro al mese.

Ma la missione non cambia il proprio mandato: rimane un’operazione di “controllo dei confini”, a differenza di Mare nostrum, che era esplicitamente una missione di “search and rescue” (ricerca e soccorso). Si dirà che comunque in situazioni di emergenza i mezzi operativi interverranno per salvare vite umane, ed è quindi bene che ce ne siano di più. Ma le parole sono comunque importanti, perché il lessico indica sempre una visione.

Se analizziamo il comunicato finale del Consiglio europeo, lo troviamo infarcito di termini bellicosi. Si parla di “annientare le rete dei trafficanti”, “sequestrare e distruggere le barche prima che partano” eventualmente anche con una possibile operazione di Csdp, che vuol dire Common security and defence policy, ossia un’azione militare.

L’impressione che ne traspare è che ci sia in atto una guerra tra le organizzazioni dei trafficanti e l’Unione europea. Le persone che salgono su quelle barche sono ritenute viaggiatori ignari, e gli stessi morti in mare – di cui si parla solo nelle prime righe e in termini vaghi – sono quasi considerati “vittime collaterali” di questa guerra.

O, peggio, truppe ausiliarie. D’altronde, lo ha anche scritto il premier Matteo Renzi nell’editoriale pubblicato dal New York Times, “sulle barche non ci sono solo famiglie innocenti”, lasciando passare l’idea del tutto infondata e un po’ grottesca che presunti membri del gruppo Stato islamico vogliano raggiungere il nostro paese sui barconi. Forse perché se passa quest’idea sarà più facile bombardarli quei barconi, come qualcuno già vorrebbe fare.

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