26 giugno 2014 09:00

Nel mondo la Germania ospita, dopo gli Stati Uniti, il maggior numero di immigrati. Il flusso migratorio pareva stesse calando dal 2000, ma negli ultimi anni è ripreso e il paese è di nuovo la seconda meta dei movimenti migratori.

Il 12 per cento dei residenti è immigrato: turchi 3,2 milioni; serbi e bosniaci 2,8; polacchi 1,6; russi 1,3. Solo considerando le cifre dei sempre nuovi immigrati, spesso con bassa scolarità, si capisce perché il tema dell’inclusione scolastica sia centrale nei programmi dei partiti, negli studi, nella stampa. Sulla carta il sistema scolastico tedesco sembra ed è un sistema ad alta inclusione. Dopo una flessione nel 2006 i risultati dei quindicenni in lettura, matematica e scienze sono tornati sopra le medie internazionali, il 94 per cento della popolazione è diplomato, il 31 per cento è laureato.

La Germania è tra i rari paesi dove in calcolo e scienze gli adulti hanno prestazioni migliori che in lettura. E tuttavia la questione dell’inclusione, della sua necessità economica, ma non solo, è centrale. In maggio se n’è discusso nella conferenza Schule & Bildung organizzata dalla Zeit. Sylvia Löhrmann, ministra federale dell’istruzione, ha detto: “L’inclusione scolastica è un compito dell’intera società”. Ogni bimbo va accolto per quel che è. Come spiega nei suoi ottimi articoli Lisa Becker, giornalista economica della Frankfurter Allgemeine, non si tratta solo di produttività e reddito, ma di respiro delle idee e benessere individuale e sociale.

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