02 ottobre 2015 13:13

L’intervento russo in Siria, che ovviamente avrà conseguenze anche per l’Iraq, è ormai un dato di fatto. Il ministro degli esteri iracheno Ibrahim al Jafari ha dichiarato che la minaccia jihadista non si limita all’Iraq e alla Siria, ma ha un carattere internazionale e ha bisogno di una risposta internazionale.

Qui in Iraq le reazioni sono come sempre contrastanti e contraddittorie. Il governo ha accolto positivamente la creazione di un coordinamento per condividere tra l’Iraq, gli Stati Uniti, la Russia e l’Iran le informazioni sulle attività dei jihadisti nella regione. Il movimento sciita di Muqtada al Sadr ritiene che questo rallenterà e complicherà la lotta contro lo Stato islamico. Il governo del Kurdistan iracheno ha dichiarato che non parteciperà al coordinamento. Allo stesso tempo, ha approfittato dei bombardamenti russi per lanciare un attacco a sud di Kirkuk e sottrarre ai jihadisti tredici villaggi vicini ai ricchi campi petroliferi di quella zona.

Le difficoltà economiche della guerra

Quattrocento chilometri più a sud, l’esercito iracheno e le milizie sciite preparano già da qualche giorno un’offensiva per liberare Ramadi. Sono previsti bombardamenti aerei e attacchi di terra da sudovest, anche se il primo ministro Haidar al Abadi ricorda che sarà difficile sostenere le spese della guerra dato che le entrate sono calate del sessanta per cento rispetto al 2013. Nonostante la mancanza di fondi, però, è un momento particolarmente favorevole per il governo sciita, che può contare sull’appoggio di due coalizioni: quella tra Russia e Iran e quella tra gli Stati Uniti e altri alleati occidentali.

Il problema principale resta quello dei sunniti: come possono fidarsi dei russi che proteggono il clan alawita sciita di Bashar al Assad? Anche se i sunniti volessero unirsi alla lotta contro i jihadisti dello Stato islamico, l’alleanza tra russi e iraniani li terrebbe lontani. Ma in Iraq tutti sanno di potersi aspettare grandi cambiamenti nella regione se i russi riuscissero a sconfiggere lo Stato islamico.

(Traduzione di Giovanna Chioini)

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