10 marzo 2014 07:00

La situazione attuale penalizza tutti i protagonisti, ma per il momento sembra difficile che le cose possano cambiare. Europa, Russia, Stati Uniti e Ucraina avrebbero tutto da perdere da una interruzione degli scambi commerciali tra Mosca e l’occidente, eppure è esattamente questo lo scenario che si sta delineando, mentre un compromesso sulla crisi ucraina pare sempre più improbabile.

Le trattative procedono febbrili, con gli occidentali che discutono tra loro e contemporaneamente dialogano con Vladimir Putin e il suo ministro degli esteri Sergei Lavrov. Il messaggio inviato dall’occidente alla Russia è chiaro: la linea rossa non è l’organizzazione del referendum di domenica prossima in Crimea (che sarà comunque considerato illegale), ma le conclusioni che ne trarrà il Cremlino.

Sabato il segretario di stato americano John Kerry ha fatto presente a Lavrov che in caso di annessione della Crimea alla Russia dopo la vittoria del “sì” al referendum “le porte della diplomazia si chiuderebbero” e arriverebbero le prime sanzioni economiche occidentali contro Mosca, mentre Europa e Stati Uniti continuano a fare pressione su Putin per convincerlo ad aprire un dialogo con le autorità di transizione ucraine.

Domenica il primo ministro britannico David Cameron ha avuto l’impressione che il presidente russo non escluda la possibilità di intavolare una trattativa, ma bisogna ricordare che lo stesso era già accaduto otto giorni fa ad Angela Merkel e giovedì scorso ai leader delle diplomazie occidentali riuniti a Parigi. Le porte della diplomazia sono ancora aperte, e Kerry e Lavrov potrebbero incontrarsi nuovamente all’inizio della settimana, ma in ogni caso ci sono poche speranze che la Federazione russa rinunci a mettere la mani sulla Crimea. Il Cremlino si è infatti spinto troppo in là per poter fare marcia indietro, e mentre l’opinione pubblica russa è sempre più favorevole a questo atto di forza appare chiaro che sul fronte della politica interna Putin non ha alcun interesse a fermarsi.

A quanto pare stiamo andando verso l’irreparabile, ovvero l’annessione della Crimea alla Russia, e questo nonostante la maggior parte delle grandi compagnie occidentali siano presenti sul mercato russo, l’Europa dipenda dalla Russia per un terzo dell’approvvigionamento energetico, Mosca abbia un enorme bisogno della tecnologia e degli investimenti occidentali e l’economia ucraina dipenda fortemente dalla Russia per le sue esportazioni.

Dal punto di vista economico è assolutamente necessario trovare un compromesso, perché in caso di escalation del conflitto l’economia russa e quella occidentale pagherebbero un prezzo altissimo in un mercato globalizzato. Eppure la Russia continua per la sua strada, sorda a tutte le proposte.

Per il momento Mosca è decisa a riprendersi la Crimea al più presto e poi si vedrà, mentre gli occidentali ribadiscono che dopo l’annessione non ci sarà più spazio per il dialogo. Le prossime due settimane saranno decisive, e nel frattempo gli europei si ritrovano a dover valutare i costi di una riorganizzazione del loro approvvigionamento energetico, che per la Russia significherebbe una perdita di tre quarti delle sue esportazioni in valuta forte.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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