La polizia argentina respinge i manifestanti contrari al pacchetto di riforme economiche in discussione in parlamento il primo febbraio a Buenos Aires, in Argentina. (Juan Manbronata, Afp)

Le proteste hanno interrotto il dibattito parlamentare sulle riforme del presidente ultraliberale Javier Milei in Argentina. L’esame di questo progetto molto controverso riprenderà il 2 febbraio, il giorno dopo il colpo di scena dei deputati dell’opposizione che hanno lasciato l’emiciclo per denunciare la “repressione” di una manifestazione da parte della polizia.

Il 1 febbraio la polizia ha sparato proiettili di gomma e ha usato idranti e gas lacrimogeni per disperdere centinaia di manifestanti attorno al parlamento.

I mezzi d’informazione argentini hanno riferito di tre feriti e due arrestati, ma non c’è una conferma ufficiale da parte delle autorità. Il sindacato della stampa di Buenos Aires, SiPreBA, da parte sua, ha detto che una quindicina di giornalisti sono stati colpiti da proiettili di gomma. Uno di loro è stato colpito al volto.

Dal 31 gennaio i parlamentari argentini sono riuniti in lunghe sedute per esaminare il vasto e controverso insieme di riforme volute dal nuovo presidente Javier Milei, un piano che tocca molti aspetti dell’economia e della sfera pubblica argentina.

Il dibattito si svolge in un contesto di tensione. I deputati dei partiti di opposizione, soprattutto di sinistra, sono usciti dall’aula per protestare contro le cariche che stavano avvenendo all’esterno del parlamento contro i manifestanti. “Non possiamo stare a guardare”, ha detto il deputato Mariano Del Caño.

Il partito moderato di opposizione Ucr (centrodestra) aveva precedentemente messo in guardia rispetto a una “pericolosa avanzata repressiva alimentata dall’esecutivo”.

Rientrati in aula, i parlamentari hanno chiesto la sospensione della discussione, che invece si è protratta fino a dopo la mezzanotte. Il deputato Maximo Kirchner, figlio dell’ex presidente Cristina Kirchner, ha detto di essere uscito dall’aula “per evitare morti e tragedie”

Alejandro Finocchiaro, deputato alleato del governo, ha accusato l’opposizione di essere in combutta con i manifestanti per “porre fine a questa sessione parlamentare”. “Fuori non ci sono lavoratori, se ci fossero lavoratori non starebbero 48 ore senza fare nulla”, ha detto.

Il pacchetto di riforme del presidente Milei, chiamato “legge omnibus”, con 664 articoli nella sua versione iniziale è stato tagliato dopo lunghe trattative parlamentari e al momento consisterebbe di 224 articoli.

Due aspetti in particolare generano resistenze: l’estensione del piano di privatizzazioni che coinvolgerebbe circa quaranta aziende e la delega di maggiori poteri all’esecutivo, per un periodo limitato, in nome della cosiddetta emergenza economica. In particolare l’esecutivo chiede mano libera in materia di tariffe, energia e tasse.

L’opposizione teme che questo consentirebbe di imporre delle riforme con dei decreti che il parlamento non approverebbe.

Un deputato dell’opposizione peronista, Anibal Cisneros, ha espresso “il timore di dare il potere assoluto” a Milei che domani “non sappiamo se dichiarerà guerra al Cile, al Perù o alla Cina”.

Damian Arabia, membro dell’opposizione liberale di destra alleato con il partito di minoranza di Milei (terza forza in parlamento), ha invitato la camera a votare per le riforme “perché la posta in gioco è la governabilità”.

Il presidente Milei ha assicurato che non esiste “alcun piano B”, “nessuna alternativa all’austerità e alla deregolamentazione, per stabilizzare un’economia strutturalmente indebitata e con un’inflazione record del 211 per cento su un anno”.

Il 2 febbraio ci dovrebbe essere una prima votazione sui princìpi della legge, prima di esaminare nel dettaglio i diversi articoli.