25 settembre 2019 16:13

Il 23 giugno 1802 Alexander von Humboldt e i suoi compagni furono costretti a rinunciare a raggiungere la vetta del Chimborazo, in Ecuador, considerato all’epoca la montagna più alta del mondo con i suoi 6.268 metri. Come ricorda Science in occasione dei 250 anni dalla nascita di Humboldt, la mancata conquista della vetta non impedì al geografo tedesco di delineare un concetto fondamentale dell’ecologia, cioè che il clima organizza le comunità di piante e animali che si trovano alle diverse altitudini e latitudini.

Humboldt non poteva però sapere che il cambiamento climatico causato dalle attività umane avrebbe trasformato la vita su questa montagna tropicale. A partire dagli anni ottanta del novecento i ghiacciai del Chimborazo hanno perso circa il 20 per cento della superficie. La regione, dopo una fase iniziale di abbondanza idrica, ha cominciato a inaridirsi.

Anche le falde sotterranee sembrano meno abbondanti. Gli agricoltori hanno quindi cominciato a coltivare a quote superiori. All’epoca di Humboldt i campi arrivavano a 3.600 metri d’altezza, mentre oggi si spingono fino a 4.000 metri, perché il gelo è diventato più raro. Anche la flora spontanea è cambiata. I dati raccolti dalla spedizione di Humboldt non sono molto precisi ed è difficile fare confronti, ma è stato possibile ricostruire la storia di una singola pianta. La Senecio nivalis, che ai tempi di Humboldt prosperava fino a 4.860 metri d’altezza, oggi si trova oltre i 5.100 metri.

Questo articolo è uscito sul numero 1325 di Internazionale. Compra questo numero|Abbonati

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