16 maggio 2017 15:07

“Ogni giorno non vedo l’ora di arrivare qui. Qui finalmente respiro”. Fady el Nabarawy descrive così la sua passione per il balletto, un’arte occidentale che in Egitto è confinata in una bolla, ritenuta un corpo estraneo alla società tradizionale: ballare in calzamaglia su un palcoscenico è considerato troppo fuori degli schemi, soprattutto per un uomo.

Le difficoltà culturali che i ballerini devono affrontare per affermarsi come professionisti cominciano dall’infanzia, quando spesso devono nascondere di studiare danza. “È il modo migliore per evitare di essere presi in giro e offesi”, spiega Hani Hassan. Eppure nella compagnia nazionale del balletto al Cairo – diretta da Erminia Gambarelli, moglie di Abdel Moneim Kamel, una celebrità della danza locale – tra i sessanta ballerini le donne sono per lo più straniere, mentre gli uomini sono quasi tutti egiziani. A dimostrazione dell’apertura che si vive nella compagnia, all’interno del corpo di ballo sono nate varie storie d’amore, come quella tra El Nabarawy, di religione musulmana, e Kristina Lazovi, una serba cristiana.

La compagnia è stata fondata dal governo egiziano nel 1958 per rafforzare i rapporti con l’Unione Sovietica – patria di grandi ballerini e al tempo alleata dell’Egitto – e negli anni novanta l’allora presidente Hosni Mubarak aveva avviato la costruzione del teatro dell’opera al Cairo.

Alla fine della rivoluzione del 2011, con l’arrivo dei Fratelli musulmani al governo, un gruppo di avvocati islamisti ha chiesto una riduzione dei fondi statali destinati alla compagnia, denunciando il balletto come “arte del nudo”. Sotto il governo del generale Abdel Fattah al Sisi, salito al potere nel 2013, la compagnia deve lottare contro le misure di austerità economica.

Le foto sono state scattate da Nariman el Mofty, dell’Associated Press, tra marzo e maggio del 2017.

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