diplomazia

Di tanto in tanto può capitare di vedere le placche tettoniche della geopolitica spostarsi sotto i nostri occhi. Suez nel 1956, Nixon in Cina nel 1972 e la caduta del muro di Berlino nel 1989 sono alcuni esempi di cui possiamo avere memoria. Lo svelamento di un patto di difesa tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti (Aukus) ci sta offrendo un’altra di quelle rare occasioni.

L’Aukus prevede una collaborazione ad ampio spettro, che va dalla sicurezza informatica all’intelligenza artificiale, ma è di fondo un accordo per aiutare l’Australia ad avere una flotta di sottomarini a propulsione nucleare (ma non armati di ordigni atomici). Una delle conseguenze del patto è che Canberra ha cancellato un contratto da decine di miliardi di dollari firmato nel 2016 con la Francia per l’acquisto di sottomarini convenzionali. Quando il 15 settembre ha presentato l’Aukus insieme al primo ministro australiano Scott Morrison e a quello britannico Boris Johnson, il presidente statunitense Joe Biden ha sottolineato che si tratta di un “investimento nella nostra più importante fonte di forza, le nostre alleanze”. Il più antico alleato degli Stati Uniti, la Francia, ha però reagito con comprensibile rabbia. Il ministro degli esteri Jean-Yves Le Drian ha parlato di una “pugnalata alle spalle”. Il 17 settembre il presidente Emmanuel Macron ha richiamato gli ambasciatori francesi da Washington e Canberra (ma non da Londra).

I fortissimi contraccolpi dell’Aukus indicano quanto sia profondo lo slittamento di cui l’accordo è espressione. Per gli Stati Uniti è il passo più plateale intrapreso fin qui per contrastare quella che ai suoi occhi è la crescente minaccia cinese, con particolare riferimento alla sfida nelle acque del Pacifico. Per la seconda volta in 63 anni Washington condividerà i gioielli più preziosi della sua tecnologia militare, cioè l’impianto di propulsione dei sottomarini nucleari, con un alleato (la prima volta l’aveva fatto con il Regno Unito). Non solo: sta anche segnalando con forza l’impegno di lungo periodo a favore di quello che definisce “un oceano Indo-Pacifico libero e aperto”.

Molti paesi nella regione, che condividono la stessa sensazione di una minaccia proveniente dalla Cina, hanno accolto con favore il patto. L’Aukus fornirà uno sfondo potente al primo incontro in presenza dei leader del Quad – l’alleanza informale tra Stati Uniti, Australia, India e Giappone – il 24 settembre a Washington. Il mese scorso, nel pieno del caotico ritiro da Kabul delle forze occidentali, si era parlato dell’incapacità degli Stati Uniti di essere ancora una potenza e della perdita di fiducia tra i loro alleati. Nonostante la rabbia di Parigi, l’Aukus cambia quella narrazione. “Il suo significato più forte è che gli Stati Uniti stanno raddoppiando la posta sui loro alleati, e i loro alleati stanno facendo lo stesso con gli Stati Uniti”, osserva Michael Fullilove del Lowy institute, un centro studi di Sydney. “La Francia purtroppo è un danno collaterale”.

Il peso di Pechino

Dalla prospettiva dell’Australia gli sviluppi che hanno condotto all’Aukus sono stati determinati in larga misura dalla Cina. Sono state le fortissime pressioni di Pechino a spingere Canberra a reagire. L’ultimo impressionante esempio è la risposta, sotto forma di ripicche commerciali, alla richiesta dell’Australia di un’indagine indipendente sulle origini del covid-19. Stracciare il contratto con la Francia è stata una mossa audace. Anche se l’accordo con il Naval Group, un’azienda in cui lo stato francese ha una quota di maggioranza, aveva già incontrato delle difficoltà a causa dei costi e dei ritardi crescenti e aveva pochi sostenitori tra i politici e i mezzi d’informazione, era comunque uno dei più importanti contratti nella storia dell’Australia e tutti lo ritenevano troppo importante per poter essere annullato. Il fatto che il governo di Canberra l’abbia fatto comunque, nonostante la prospettiva di pesanti penali, rivela quanto sia disposta a scommettere sull’alleanza con gli Stati Uniti e quanto sia grande la forza attrattiva della tecnologia per sottomarini che otterrà in cambio: molto più invisibili e con una gittata molto più ampia rispetto a quelli convenzionali.

Da sapere
Clima da guerra fredda

◆ La Cina ha definito “irresponsabile” la nuova alleanza tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti, grazie a cui Canberra si doterà di una flotta di sottomarini a propulsione nucleare, e ha denunciato il “nuovo clima da guerra fredda”. “Con il ritiro dall’Afghanistan e l’Aukus, gli europei hanno capito che la linea di Biden e il ‘prima l’America’ di Trump sono uguali”, commenta il tabloid nazionalista cinese Global Times. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha accusato il presidente statunitense Joe Biden di slealtà e scarsa trasparenza verso gli alleati. Per la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen il trattamento riservato alla Francia è “inaccettabile”. Politico


Il Regno Unito potrebbe essere il partner meno importante del trio dell’Aukus: di sicuro il suo ruolo è sminuito dalla decisione francese di non richiamare il suo ambasciatore a Londra. In ogni modo il patto mette in luce come stia cambiando il ruolo del Regno Unito di Johnson nel mondo. Combacia alla perfezione con il tentativo post-Brexit di promuovere un “Regno Unito globale”. E dà sostanza all’“inclinazione verso l’Indo-Pacifico” sullo sfondo di una più ampia revisione della politica estera e di difesa resa nota a marzo da Londra.

Anche per i francesi l’Aukus cristallizza quelle che dal loro punto di vista sono le realtà profonde delle relazioni internazionali, e in particolare l’idea che l’Europa abbia bisogno di una maggiore “autonomia strategica” così da non dipendere troppo dagli Stati Uniti. Ma le reazioni mute dei partner europei della Francia mettono ancora una volta in dubbio la reale serietà di una simile autonomia. Dopo la diffusione della notizia dell’Aukus, un funzionario tedesco ha invocato “coerenza e unità” tra le potenze occidentali, cosa che richiederà “molti sforzi”. La Francia ha capito che per avere un trattamento equo dovrà vedersela con la tendenza degli alleati anglofoni ad allearsi (l’Aukus segue l’alleanza per la condivisione d’intelligence Five eyes, con gli stessi tre paesi più Canada e Nuova Zelanda). La rabbia francese, in particolare contro l’Australia, è però determinata anche dalla sensazione di essere stata tradita. La Francia attribuisce grande importanza al suo ruolo nella regione indo-pacifica, dove ha settemila soldati e quasi due milioni di cittadini. Ha lavorato molto per costruire quella che pensava fosse una relazione sempre più forte con l’Australia. Non più tardi del 30 agosto un comunicato diramato dopo consultazioni ministeriali di alto livello parlava della “forza del partenariato strategico” tra Parigi e Canberra in molte aree e sottolineava “l’importanza del programma Future submarine”. Eppure né in occasione di quel vertice né nei molti altri organizzati nei mesi in cui si stava lavorando all’Aukus la Francia è stata informata dell’accordo.

Le conseguenze negative per la Francia sono solo uno dei tanti avvertimenti di cui tenere conto in quello che da un altro punto di vista appare un colpo strategico per i tre partner dell’Aukus. L’idea dell’amministrazione Biden di lavorare con gli alleati per tenere sotto controllo la Cina ha senso. Ma è difficile che una rottura importante con un alleato chiave, che oltretutto ha dei forti interessi nell’area indo-pacifica, possa aiutare. La squadra dell’Aukus dovrà sforzarsi di limitare i danni. Inoltre, bisogna chiedersi cosa questa vicenda dice della diplomazia statunitense. Era inevitabile che i francesi si arrabbiassero, il modo in cui sono stati trattati è stato davvero inelegante. Questo si aggiunge alla pessima gestione del ritiro statunitense dall’Afghanistan. Un esempio d’incompetenza in politica estera può anche essere imputato alla sfortuna, ma due in rapida successione suggeriscono uno schema. Questo non è di buon auspicio per la gestione dei rapporti con la Cina, che riguardano la competizione militare, il liberismo economico e la collaborazione, per esempio, sul cambiamento climatico e sul controllo delle armi.

In terzo luogo, la politica estera statunitense è stata spesso criticata, anche dallo stesso Biden, per aver dato troppo peso alla dimensione militare e troppo poco alla diplomazia e ad altri strumenti. L’iniziativa dei sottomarini a propulsione nucleare è un passo importante sul fronte della difesa, ma la Cina è sempre più forte nella regione sul piano sia economico sia finanziario. Pechino ha risposto all’Aukus criticando la “mentalità da guerra fredda” che lo sostiene. Il giorno dopo ha fatto richiesta per entrare nel Cptpp, un accordo commerciale transpacifico tra undici paesi che gli Stati Uniti hanno incoraggiato per limitare l’influenza cinese, per poi abbandonarlo nel 2017. Non ci sono vie rapide per rimediare agli errori statunitensi in politica economica. Anzi, la rivalità tra Cina e Stati Uniti, alleati compresi, si dispiegherà in molte aree e per molti anni a venire. È la sfida geopolitica che definirà questo secolo. E l’Aukus ne rappresenta un momento decisivo. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1428 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati