“In un appartamento con la moquette bianca nel sudovest di Parigi, tra ricordi di viaggi in Asia ed edizioni rilegate in pelle di Voltaire e Victor Hugo, incontriamo un uomo che ha deciso di ricorrere al suicidio assistito”, raccontano il giornalista Arnaud Robert e il fotografo Paolo Woods. “Louis Bériot è stato giornalista, direttore di una rete televisiva in Francia, tra i creatori di Telethon e autore di decine di libri sull’ecologia, i beni comuni, lo spionaggio industriale. Cita molti scrittori, ascolta musica jazz e l’unica cosa che prende sul serio è l’amore. La sua seconda moglie, Domi, non lo lascia mai. Sono attivisti dell’Association pour le droit de mourir dans la dignité (l’associazione per il diritto di morire con dignità). Si battono perché la Francia adotti una legge sul fine vita. Tre settimane prima che lo andassimo a trovare, Louis Bériot è uscito dallo studio di un oncologo con una diagnosi terribile: un tumore al pancreas. La sua prima moglie ha avuto la stessa malattia. Ha tentato una chemioterapia ma è morta dopo qualche mese, spingendo Bériot a prendere una decisione radicale: rinunciare a tutti i trattamenti tranne che a quelli palliativi per il dolore. Quando la sua salute peggiorerà e la sofferenza diventerà insopportabile andrà in Svizzera, dove il suicidio assistito è legale”.

Nelle sue ultime settimane di vita Louis Bériot ha accettato di essere accompagnato da Robert e Woods, che dal 2016 lavorano a Happy pills (Internazionale 1427 e 1446), “un progetto per riflettere su come l’industria farmaceutica sfrutta la scienza, il mercato e la comunicazione per rispondere alla ricerca della felicità, che è stata a lungo una prerogativa delle religioni, delle filosofie e della politica”, dicono gli autori.

Dopo il primo incontro Robert e Woods hanno seguito Bériot e Domi nella loro casa in Algarve, in Portogallo. I due sono venuti a svuotarla prima di venderla. Bériot passa molto tempo al telefono con il suo editore per parlare dell’ultimo libro che vuole pubblicare: una conversazione immaginaria tra Chateaubriand e Victor Hugo. Ai giornalisti racconta: “Sono un bambino viziato del novecento. Ho avuto un colpo di fulmine durato 45 anni e ho avuto la fortuna di trovare di nuovo l’amore. Ho avuto una vita allo stesso tempo dolce e tranquilla, ma anche irrequieta. Ho viaggiato, scritto e fatto molte inchieste. Ho incontrato tante persone e cresciuto dei figli. Per me la felicità è una scelta consapevole che esclude la dipendenza, la schiavitù dalle medicine che ci vogliono imporre. E quindi quando si arriva alla fine come me, penso che la cosa migliore sia conservare quest’ultima libertà: la scelta di come morire. Spero che faremo una festa, che i miei amici vengano e che berremo del Dom Pérignon il giorno in cui aprirò il rubinetto della flebo. Manderò loro un messaggio per avvertirli che è il giorno giusto: save the date (segnatevi la data)”.

Dieci giorni dopo la visita in Algarve Robert e Woods avrebbero dovuto incontrare di nuovo Bériot a Parigi per il lancio del libro, invece ricevono un messaggio: “Sarà domani, save the date, Louis”.

L’ultimo viaggio

A Bâle, in Svizzera, la medica di famiglia Erika Preisig dirige l’associazione Life circle. Preisig ha aiutato più di quattrocento persone a morire. “Per me è molto bello dare alle persone la garanzia di morire nella calma e nella serenità. È un onore quando qualcuno mi dà la sua fiducia, anche se la grande tristezza dei familiari mi sconvolge sempre”. Sul suicidio assistito la legge svizzera chiede al medico di non avere un “motivo personale”. Ma sono in molti a opporsi alla norma. Preisig ha dovuto difendersi più volte contro accuse di omicidio. Le farmacie che vendono il pentobarbital con il dosaggio per il suicidio assistito a volte sono messe sotto indagine dai procuratori.

Il pentobarbital è un barbiturico. Scoperti all’inizio del ventesimo secolo questi farmaci, che rallentano l’attività del cervello e del sistema nervoso, sono usati come sedativi, anestetici, ansiolitici e antiepilettici. Oltre che per il suicidio assistito, il pentobarbital è usato anche per l’eutanasia e le esecuzioni capitali.

Saluto in pace

La mattina del 15 aprile a Bâle, appena tre settimane dopo l’incontro con Robert e Woods e quasi due mesi dopo la diagnosi, Bériot è steso su un letto in una camera con due orchidee, dei mobili anonimi e appesa al muro una citazione di Sofocle: “La morte non è il più grande dei mali, è peggio voler morire e non essere in grado di farlo”. Non ha voluto prendere la morfina per rimanere perfettamente lucido, spiega la moglie Domi. La dottoressa Preisig deve fargli delle domande burocratiche e assicurarsi che sia pienamente cosciente: è un momento allo stesso tempo dolce e crudo. Preisig diluisce quindici grammi di pentobarbital in una soluzione salina e attacca la flebo al braccio destro di Bériot.

Pochi giorni fa Bériot parlava delle civiltà in cui la morte è ancora un atto naturale, citando gli inuit anziani che si allontanano da soli nella neve quando pensano che il loro tempo sia finito. “Qua per alcuni la sopravvivenza è diventata un affare. È scandaloso. Bisogna liberarsi di questa ossessione di salvezza a tutti i costi”, dice Bériot. I suoi figli sono nella stanza. Tutti sono pacificati. Prima di azionare da solo il rubinetto della flebo, Bériot deve pronunciare questa frase: “Sto per morire”. È un’ultima precauzione. Tutto è filmato per evitare problemi legali.

Il suicidio assistito è diverso dall’eutanasia attiva perché prevede che a somministrarsi i farmaci siano le persone stesse, mentre nel caso dell’eutanasia attiva sono direttamente i medici.

In Svizzera il suicidio assistito costa diecimila euro. Ogni giorno vi ricorrono tre cittadini svizzeri e tra le sette e le dieci persone arrivate dall’estero. Solo il 6 per cento della popolazione mondiale ha accesso all’eutanasia attiva o al suicidio assistito nel proprio paese. Cinque nazioni hanno legalizzato o autorizzato in vario modo il suicidio assistito: Canada, Germania, Paesi Bassi, Svezia e Svizzera. È legale anche in Colorado, Hawaii, Montana, Oregon, Vermont e Washington, negli Stati Uniti. Otto paesi invece hanno legalizzato o autorizzato in vario modo l’eutanasia attiva: Belgio, Canada, Colombia, Corea del Sud, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna.

In Italia, il 15 febbraio la corte costituzionale ha respinto il referendum abrogativo sull’eutanasia attiva. I giudici hanno stabilito che, in caso di abolizione anche parziale del reato di omicidio del consenziente, “non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”. In questi giorni è all’esame della camera dei deputati una proposta di legge sul fine vita. ◆

Da sapere

◆ Arnaud Robert e Paolo Woods lavorano insieme dal 2010. Happy pills è un libro (Delpire & co, settembre 2021), una mostra e un film documentario.


Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1449 di Internazionale, a pagina 68. Compra questo numero | Abbonati