Il 1 gennaio scorso, passata la felicità perché al concerto di capodanno di Vienna era tornato il pubblico dopo la lugubre edizione del 2021, colpiva l’aria stanchissima di Daniel Barenboim, che a novembre compirà ottant’anni. Questa stanchezza purtroppo si sente anche nella musica. Il direttore argentino lascia che l’orchestra vada da sé, e a volte spegne lo sfavillio melodico dei primi violini. Qua e là arrivano momenti vivaci, come il galop Kleiner anzeiger di Joseph Hell­mesberger o il grande valzer Nachtschwärmer di Carl Michael Ziehrer. Ma i pezzi più famosi crollano nella pigrizia generale. Anche la sfinita Marcia di Radetzky finale sembra il segnale di una sconfitta.

Yannick Malin,
Classica

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Questo articolo è uscito sul numero 1450 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati