Quasi cent’anni fa, dopo una sfortunata notte all’ippodromo, Alfredo Le Pera raccolse i suoi pochi pesos rimasti, tornò a casa e scrisse il testo di uno dei pezzi di tango più famosi di sempre: Por una cabeza. Buenos Aires non è più la stessa città in cui camminava Le Pera negli anni venti, ma il tango è ancora in giro. E dopo il lockdown ha allargato i suoi orizzonti aprendosi a ballerini e musicisti che rappresentano la diversità sessuale. “Per i conservatori è un terremoto”, dice l’insegnante e ricercatrice Lucía Rinaldi. “Durante la pandemia, quando tutto si è fermato, c’è stato un forte dibattito sul rinnovamento e quando è arrivata la riapertura abbiamo visto i risultati di quei discorsi: il femminismo ha occupato il suo spazio all’interno del mondo del tango, chiedendosi cosa sarebbero questa danza e questa musica se fossero guardate da una prospettiva di genere”. Oggi chi passeggia di notte sui marciapiedi di Buenos Aires può trovare bar, caffè o _tangueríe _dove la danza e la musica sono insegnate da donne o ballate tra uomini. Tra corsi, workshop e locali notturni, il genere simbolo della capitale argentina è ripartito più forte di prima. Il prossimo passo, secondo Rinaldi, è rendere la pista da ballo del tango ancora più inclusiva: “Scopriremo com’è dal punto di vista delle donne e delle persone lgbt+. Alcuni pensano che i cambiamenti influiscano negativamente sul tango, ma in realtà lo tengono in vita”.
Juan José Relmucao, Sounds and Colours
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Questo articolo è uscito sul numero 1468 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati