Alcuni ricercatori hanno clonato dei topi a partire da cellule della pelle conservate a trenta gradi sottozero. Le cellule, prive di acqua, non erano più vitali, ma è stato possibile recuperare i loro nuclei, che contenevano i cromosomi. Il dna è stato quindi trasferito in cellule embrionali di topo, ottenendo una linea di cellule staminali embrionali. Dalle cellule così ottenute, con altri passaggi, sono stati prodotti embrioni che si sono sviluppati in topi in grado di riprodursi. Il processo è ancora inefficiente, con un tasso di successo inferiore al 5 per cento, e la perdita di acqua può danneggiare il dna. Tuttavia, potrebbe essere utile per conservare materiale biologico. Con la clonazione classica le cellule sono conservate a temperature molto più basse, in azoto liquido: un metodo dispendioso e poco pratico, anche per il rischio d’interruzione della corrente elettrica. Il nuovo sistema permetterebbe invece di conservare materiale biologico fino a nove mesi in laboratori meno attrezzati. La speranza è che il dna di specie a rischio possa essere depositato in banche biologiche più economiche e sicure di quelle attuali. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1469 di Internazionale, a pagina 111. Compra questo numero | Abbonati