La città di Vancouver, nella provincia canadese della British Columbia, è il paradiso del pesce. Situata alla foce del fiume Fraser, un tempo ricco di salmoni, si affaccia a ovest sull’isola omonima e sull’oceano Pacifico. Molto prima che fossero costruiti i suoi grattacieli e il porto, forniva pesce in abbondanza alle popolazioni musqueam, squamish e tsleil-waututh, che ancora oggi dipendono dalle acque del luogo. I turisti accorrono da tutto il mondo per gustare piatti tipici a base di salmone e halibut. Ma sotto la superficie dell’oceano le cose stanno cambiando.

La crisi climatica incide pesantemente sulle specie marine che vivono intorno a Vancouver e di conseguenza sugli abitanti che ne dipendono. Ora un nuovo studio dell’università della British Columbia spiega in che modo questa situazione condiziona la vita quotidiana delle persone. Lo studio non è basato sull’analisi di termometri e campioni di ghiaccio, ma dei menù dei ristoranti.

Un’insolita banca dati

“I menù sono documenti che mutano nel tempo”, spiega il biologo marino William Cheung, uno degli autori dello studio. Cheung si occupa da anni degli effetti della crisi climatica sugli oceani. Dopo aver contribuito a vari rapporti del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc), era alla ricerca di modi nuovi per analizzare e comunicare la crisi in corso. “Dato che qui a Vancouver molte persone vanno a cena fuori per mangiare il pesce, mi è venuta l’idea di verificare se il cambiamento climatico avesse influito sui piatti serviti”, dice Cheung.

I ricercatori hanno raccolto i menù di centinaia di ristoranti di Vancouver e di altri di Anchorage, in Alaska, e di Los Angeles, in California. Procurarsi quelli antichi non è stato facile. Per creare l’insolita banca dati hanno avuto bisogno dell’aiuto di musei e società storiche, e perfino del comune di Vancouver, che a sorpresa aveva conservato più di cent’anni di menù. Alla fine sono riusciti a consultare menù che risalgono anche agli anni ottanta dell’ottocento.

A quel punto hanno creato un indice chiamato Mean temperature of restaurant seafood (Mtrs), basato sulle temperature dell’acqua in cui vivono le specie presenti sui menù. Com’era prevedibile quella di Los Angeles è più alta di quella di Anchorage, mentre quella di Vancouver è una via di mezzo. Analizzando le variazioni nel tempo, i ricercatori hanno scoperto un aumento significativo della presenza sui menù di specie che vivono a temperature più alte. La Mtrs di Vancouver è passata dai 10,7 gradi degli anni ottanta dell’ottocento ai 13,8 di oggi.

Uno dei ristoranti più indicativi è il Notch8 dello storico Fairmont Hotel Vancouver, che ha messo a disposizione i menù dagli anni cinquanta del novecento a oggi. Per stilare il menù lo chef David Baarschers, nato e cresciuto a Vancouver, deve fare difficili compromessi tra le preferenze dei clienti e la disponibilità di pesce nella zona. “È un confronto continuo con i fornitori”, spiega.

Con l’aumento della temperatura dell’acqua, cambiano le specie che finiscono nei menù. La disponibilità di alcuni pesci che vivono in acque fredde, come il salmone, si sta riducendo rapidamente: nel 2019 la pesca del salmone nella British Columbia ha toccato il minimo storico degli ultimi settant’anni. Al loro posto subentrano specie provenienti da sud. Uno dei principali arrivi non è un pesce ma il totano gigante del Pacifico, che ha fatto la sua comparsa nelle reti dei pescatori e nei ristoranti della città.

Per Baarschers il cambiamento in corso ha conseguenze sia positive sia negative: lavorare con materie prime nuove in cucina può essere stimolante, ma non è facile rinunciare ai pesci più amati. “La difficoltà di procurarsi pesci un tempo presenti in abbondanza mette tristezza”, dice. Il riscaldamento dell’acqua potrebbe avere ricadute anche sul turismo, perché molti clienti dei ristoranti non saranno disposti a rinunciare ai piatti tradizionali. “Tutti aspettano con ansia la stagione dell’halibut”, conclude Baarschers. “Se non sarà presente sui menù, i clienti vorranno una spiegazione”. ◆ sdf

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1469 di Internazionale, a pagina 109. Compra questo numero | Abbonati