La seconda giornata di protesta contro la riforma delle pensioni è stata un innegabile successo per le organizzazioni sindacali francesi, che procedono unite per la prima volta da dodici anni. Anche se la partecipazione allo sciopero del 31 gennaio è stata inferiore a quella del 19 gennaio in settori come l’istruzione, i trasporti e la funzione pubblica, le manifestazioni sono state in generale più imponenti. La crescita della mobilitazione è stata evidente sia nelle metropoli come Parigi e Marsiglia sia nelle città di media grandezza. La partecipazione è stata particolarmente significativa nei piccoli comuni.

In totale ai cortei hanno preso parte più di 1,2 milioni di persone, il dato più alto dal 1995 per una protesta contro una riforma sociale. Forti di questo successo, i sindacati hanno fissato altre due giornate di mobilitazione per il 7 e l’11 febbraio, mirando a ottenere la cancellazione del progetto, che porterebbe a 64 anni l’età pensionabile entro il 2030.

Il governo, che aveva presentato la riforma sotto il segno dell’urgenza e dell’equità, si ritrova isolato. Su questi due punti non è evidentemente riuscito a convincere l’opinione pubblica, che resta in larga parte ostile al progetto. Inoltre non è riuscito a dividere i sindacati, che al di là delle divergenze hanno capito che l’unione fa la forza.

Il margine di manovra per correggere i punti più contestati della riforma – le donne che si sono fatte carico dell’accudimento dei figli, i lavoratori che sono stati impiegati a intermittenza e i giovani che entreranno nel mercato del lavoro a vent’anni – è piuttosto ridotto, perché il governo ha già destinato 5 miliardi di euro per migliorare un testo che dovrebbe portare una decina di miliardi nel sistema previdenziale.

Vacanze a rischio

La vera battaglia si combatterà a partire dal 6 febbraio, quando la legge arriverà in parlamento. Programmando due nuove giornate di mobilitazione, senza escludere altri scioperi (soprattutto nelle raffinerie e nei trasporti pubblici), le organizzazioni sindacali cercano di favorire il lavoro dell’opposizione. Ma il coordinamento si annuncia delicato. Finora i sindacati sono stati i protagonisti della lotta, mentre in futuro dovranno cedere questo ruolo ai partiti e soprattutto alla destra repubblicana, che ricopre un ruolo fondamentale.

Se i deputati del partito di centrodestra Les républicains dovessero appoggiare il governo, infatti, la riforma sarà approvata. Ma se alcuni si tirassero indietro, il governo sarebbe costretto a ricorrere all’articolo 49 della costituzione (che permette di far passare un provvedimento senza l’approvazione del parlamento, a meno che l’assemblea non decida di chiedere un voto di sfiducia), accentuando il suo isolamento. La risposta dell’opinione pubblica sarà cruciale durante le vacanze di febbraio, quando anche la minima difficoltà nei trasporti potrebbe far traboccare il vaso di una realtà quotidiana già difficile per i francesi.

A prescindere dal risultato di questo braccio di ferro, le prime due giornate di mobilitazione hanno messo in evidenza i problemi dei lavoratori francesi mal retribuiti, che non vogliono assolutamente prolungare di due anni la vita lavorativa, perché nel lavoro non trovano né la gratificazione né la considerazione sperate. Tutte le forze di opposizione sono ormai dalla loro parte, mentre il governo si ritrova accerchiato.

Allo stato attuale l’idea di “lavorare di più”, su cui si basa il progetto del secondo mandato del presidente francese Emmanuel Macron, resta incompresa. ◆ gac

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Questo articolo è uscito sul numero 1497 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati