Emily Reeve, farmacista di un grande ospedale di Adelaide, in Australia, dice che i suoi pazienti sono spesso sommersi da un numero spropositato di medicinali da assumere, che in alcuni casi non li aiutano.

Non è un caso isolato, almeno nei paesi ricchi. Il 15 per cento degli abitanti del Regno Unito assume cinque o più farmaci al giorno, come anche il 20 per cento degli statunitensi e dei canadesi nella fascia d’età 40-79 anni. Dato che i problemi di salute si moltiplicano invecchiando, aumentano anche le pillole pro capite. Negli Stati Uniti due terzi delle persone con più di 65 anni ne prendono almeno cinque al giorno e in Canada un quarto ne prende almeno dieci. Non tutte servono. La metà dei canadesi in età avanzata assume almeno un farmaco inutile o dannoso. Secondo uno studio condotto nel Regno Unito, almeno il 10 per cento delle prescrizioni fatte da medici di base e farmacisti è superfluo. Inoltre, anche le medicine prescritte correttamente hanno effetti collaterali.

Quando smettere?

La “polifarmacia”, come la definiscono i medici, può avere gravi conseguenze sulla salute. Da una ricerca svolta in un ospedale di Liverpool, nel Regno Unito, è emerso che quasi un ricovero su cinque è causato da reazioni ai farmaci. Secondo il Lown institute, tra il 2020 e il 2030 l’abuso dei medicinali potrebbe causare più di 150mila morti premature e 4,5 milioni di ricoveri negli Stati Uniti.

Di solito i sistemi sanitari non fanno nulla per aiutare i pazienti a ridurre il consumo di farmaci, ma le cose stanno cominciando a cambiare. Medici, farmacisti e infermieri stanno mettendo a punto “reti di deprescrizione”. Nel 2021 il servizio sanitario britannico ha presentato un piano per ridurre le ricette e l’anno scorso si è tenuta la prima conferenza internazionale in Danimarca.

L’abuso di medicinali grava sui pazienti in vari modi, a partire dalla gestione quotidiana. “La vita di molte persone ruota intorno ai farmaci”, dice Michael Steinman dell’università della California a San Francisco, negli Stati Uniti. Più se ne prendono, più cresce il rischio che alcuni siano assunti in modo scorretto. Ad alcuni pazienti si prescrivono farmaci che incidono sulle stesse vie metaboliche, come gli anticolinergici, che sopprimono l’attività del neurotrasmettitore acetilcolina, in combinazione con gli antiallergici, gli antidepressivi triciclici o i trattamenti per l’incontinenza. Non sempre i medici ne sono consapevoli, spiega Reeve.

Le prescrizioni multiple finiscono per autoalimentarsi, dice Steinman. Molti farmaci di uso comune possono causare tremori, insonnia e spasmi, sintomi che rischiano di essere attribuiti alla malattia di Parkinson, alimentando la cosiddetta cascata prescrittiva. Aumenta così la probabilità che i farmaci interagiscano causando danni.

L’abuso dei medicinali persiste per varie ragioni, tra cui la mancanza di cartelle cliniche unificate, ma forse la più frequente è che il paziente non sa, o dimentica, quando smettere di assumerli. Negli Stati Uniti un paziente su cinque prende l’antidolorifico gabapentin per mesi dopo un intervento chirurgico, quando non si dovrebbero superare le quattro settimane.

Per fortuna le iniziative si stanno moltiplicando. In Canada sono stati diffusi opuscoli che aiutano i pazienti ad abbandonare i farmaci, elencando possibili alternative, per esempio la terapia cognitivo-comportamentale per l’insonnia. Negli ultimi anni sono state sviluppate anche alcune nuove tecnologie. Secondo uno studio pubblicato su Jama Internal Medicine, grazie al software MedSafer i pazienti ricoverati a cui sono stati ridotti i farmaci sono aumentati dal 30 al 55 per cento. Il Drug burden index calcola invece il dosaggio cumulativo dei medicinali con effetti anticolinergici o sedativi.

Potremmo essere quindi vicini a una svolta. Nel 2021 Keith Ridge, responsabile farmaceutico del servizio sanitario britannico, ha fatto un paragone ironico ma indicativo: “Dato che ogni anno forniamo più di un miliardo di farmaci, migliorare la salute di milioni di persone avrebbe vantaggi enormi, paragonabili a quelli di un nuovo eccezionale composto”. ◆ sdf

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Questo articolo è uscito sul numero 1510 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati