Il gatto muove la zampa avanti e indietro, all’infinito. La zampa, sollevata come in segno di saluto, non fa rumore mentre si muove. Ha qualche disegno rosso, in contrasto con il colore dorato del resto del corpo, e tutto il giorno compie il suo silenzioso rituale. È il quinto gatto che vedo oggi. A parte qualche dettaglio, nella sostanza sono tutti identici: hanno gli occhi spalancati, il corpo paffuto e sono dipinti di oro, rosso e a volte di verde. Sono un simbolo di fortuna, ricchezza e abbondanza per i negozi, i supermercati e le altre attività commerciali cinesi che si stanno diffondendo in Nicaragua.

Nella cultura cinese questo tipo di gatto si chiama Zhaocai mao, come spiegano i proprietari del locale. Costa solo 253 córdobas (quasi 7 euro) per i nicaraguensi che vogliono adottare le credenze orientali e attirare la buona sorte sulla loro casa. Per chi aspira a ottenere ancora più fortuna c’è quello da 690, ma per risparmiare si può scegliere un gatto di qualità inferiore al prezzo di 172 córdobas. Nei negozi cinesi di Managua non manca la scelta. Dal 2023, a testimonianza della recente amicizia politica tra il regime nicaraguense e il governo di Pechino, locali del genere hanno aperto nella capitale e in tutto il paese.

Fino a poco tempo fa nello spazio di Metro China, la prima tappa di questo viaggio fatto da Divergentes nei nuovi negozi cinesi in Nicaragua, c’era un negozio di chincaglieria di seconda mano. Non era molto frequentato, anche se era in una posizione strategica. Oggi non ce n’è più traccia: al suo posto c’è Metro China, arrivato per restare.

Come gli altri negozi cinesi, Metro China è stato inaugurato da poco, il 9 maggio 2024. Si sente ancora l’odore della vernice fresca, color giallo fluorescente. L’insegna è rosso scarlatto.

Appena entro un ragazzo cinese mi saluta calorosamente. Il suo repertorio in spagnolo consiste in una sola parola: hola, ciao. Il catalogo dei prodotti è ampio e vario: ci sono cose che normalmente si troverebbero nei casalinghi, nelle librerie, nelle ferramenta e nei supermercati. C’è merce di marche ignote e dagli usi bizzarri. Molti oggetti sono accompagnati da manuali con le istruzioni per l’uso, ma per capirli bisognerebbe tradurli. Ci sono prodotti di bellezza e per l’igiene personale, decorazioni per feste e perfino generi alimentari, di aziende nicaraguensi e cinesi. In fondo al primo piano noto una fila di scatole di Café Presto accanto a uno scaffale con un caffè cinese, con un nome che non so riscrivere.

Nella zona dei prodotti per la pulizia ce ne sono alcuni che si trovano negli altri supermercati del paese: ne riconosco più di uno. Nella parte più in fondo del negozio mi accorgo con sorpresa che sono esposti sex toys per adulti, uomini e donne, senza confezioni che ne nascondano il contenuto. Un fatto assolutamente insolito per i supermercati nicaraguensi.

I nuovi locali cinesi si propongono come posti in cui comprare prodotti a basso costo, vari e per tutti i gusti, come questa sezione di articoli per aumentare il piacere sessuale.

Il luogo non è affollato, ma ci sono diverse famiglie che curiosano tra gli scaffali ed esaminano la merce. Un ragazzo mette in un cestino gli articoli che ha scelto e commenta entusiasta con gli amici: “Guardate, vendono proprio quello che c’è su TikTok”, dice.

I negozi e i loro proprietari cinesi hanno trovato nei social network un grande alleato per farsi pubblicità, con l’aiuto di tiktoker e influencer nicaraguensi. Che sia per i prezzi bassi – anche se non per tutti gli articoli – o per la varietà dei prodotti, molti clienti entrano per curiosare e scoprire cose nuove. Quando arrivo alla cassa ci sono due persone pronte a servirmi: quella che mi ha salutato all’inizio e un uomo più anziano. Alle loro spalle noto delle decorazioni rosse e dorate e i gatti portafortuna. Alcuni fogli colorati indicano che i bonifici bancari vanno intestati al signor Jingui Chen.

Il ragazzo in fila alla cassa davanti a me dice qualcosa ai commessi, che gli rispondono in cinese. Scambiano ancora un paio di parole, ognuno nella propria lingua madre, nel tentativo infruttuoso di capirsi. Mentre sta impilando le scatole una commessa consiglia di usare il traduttore di Google per comunicare. Tutti i presenti, nicaraguensi, le danno ragione.

“Ma devo usare il cinese tradizionale o il cinese semplificato?”, chiede il ragazzo. La donna ci pensa un attimo: “Non lo so, usa il cinese”, risponde.

“Devo scegliere uno dei due tipi”, dice ancora il ragazzo, con il telefono in mano. “Scegline uno qualsiasi”, risponde lei decisa.

Il resto della conversazione si è svolto tra il ragazzo, il commesso cinese e il cellulare.

Corridoi e scaffali pieni

La maggior parte dei negozi cinesi offre prodotti veloci da cucinare e per la casa. China Mall, il più grande del Nicaragua, è stato inaugurato nel dicembre del 2023. Visitare i suoi tre piani ed esplorare tutti i reparti è possibile solo se si ha tempo a disposizione e le scarpe giuste. La merce è così varia che alcuni prodotti sembrano assurdi per un nicaraguense medio che deve solo fare la spesa, a meno che non si vogliano comprare minipannelli solari, acquari giganti, attrezzature da golf – al prezzo esorbitante di 31mila córdo­bas – o un’intera palestra per avviare un’attività o allenarsi a casa.

All’ingresso, una fontana ricoperta di piante e fiori artificiali dà il benvenuto alla clientela. Sul fondo giacciono diverse monete, insieme ai desideri che, immagino, hanno espresso i visitatori. Dall’altra parte, un grande cartello rosso presenta la mappa del negozio e gli oggetti esposti in ogni reparto: sono trentaquattro suddivisi in tre livelli.

I prodotti che un tempo si trovavano solo nelle zone più lontane del mercato orientale di Managua sono diventati molto più accessibili.

Camminando per i corridoi del negozio vedo i dipendenti che tirano fuori i prodotti dalle scatole, li sistemano sugli scaffali e li etichettano, cercando di fare ordine nell’enorme quantità di oggetti. Nel frattempo servono i clienti che chiedono in continuazione: “E questo, a cosa serve?”. Il primo piano è rumoroso e pieno di gente che rovista tra gli scaffali; il secondo è tranquillo e ci sono soprattutto dipendenti; il terzo è praticamente vuoto, perché dubito che qualcuno compri al volo un sacco da boxe da 50 chili o un lavandino con due mensole e uno specchio.

Molti prodotti hanno prezzi alti per il salario minimo di un nicaraguense, che non copre nemmeno la metà del paniere di base, ma ce ne sono altri davvero economici, soprattutto gli articoli scolastici come zaini, astucci e quaderni. Lo stesso vale per la ferramenta e la tecnologia, che offrono imitazioni e strumenti utili.

L’enorme China Mall è diventato un simbolo dell’invasione commerciale di Pechino a Managua.

All’uscita del megastore scendono da un veicolo di una marca che non avevo mai visto prima diverse persone dai tratti orientali, forse gli amministratori o i proprietari del China Mall che vengono a controllare come vanno gli affari.

Prima i pochi asiatici del paese si concentravano nelle zone turistiche della costa del Pacifico. Ora molti vivono nelle zone urbane e nelle aree commerciali delle città: sono residenti e gestiscono delle attività.

Ho incontrato persone cinesi ovunque: nei centri commerciali, mentre facevano acquisti nei negozi e mangiavano nei ristoranti, camminavano per strada o guidavano nel traffico di Managua. Uomini in giacca e cravatta, alcuni ragazzi con i jeans e le sneakers, e donne con grandi cappelli per ripararsi dal sole cocente della capitale.

Due signore stanno calcolando quanti pacchi di salviette umidificate devono comprare per la loro attività. Sono salviette per la pulizia del viso. I prodotti di bellezza sono quelli con i prezzi più bassi, anche se al Bazar Chino comprare al dettaglio non è conveniente. Una confezione di salviette, che secondo un cartello sono adatte a “tutti i tipi di pelle”, costa 45 córdo­bas, ma se se ne compra una dozzina costa meno della metà. Un affare per queste signore che hanno un centro estetico.

“Dimmi quante ce ne servono e di che tipo”, dice urlando una al telefono. Non sono le uniche a fare i conti tra gli scaffali. Tra i presenti molti comprano o almeno controllano i prezzi dei prodotti per le loro attività commerciali, per le feste di compleanno e perfino per la Purísima, le celebrazioni in onore della Madonna che si tengono in Nicaragua tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre.

Colori sgargianti

Il Bazar Chino è caotico. Ci sono scatole semiaperte in tutto il locale, che non è molto grande, e pile di merce ovunque. Per camminare senza cadere bisogna schivare le confezioni sparse sul pavimento. Quando penso che la merce sia finita, scatole e sacchi proseguono all’infinito sui ripiani fino al soffitto.

A differenza dei primi due negozi, questo si propone di attirare soprattutto i proprietari delle attività commerciali nicaraguensi per convincerli a rifornirsi qui.

I cataloghi dei locali cinesi sono tutti uguali e le marche che all’inizio non conoscevo ormai mi sembrano comuni. L’unica cosa che manca sono i prodotti alimentari, soprattutto gli spaghetti disidratati o, come ho sentito dire a un commesso, le “maruchan cinesi” (Maruchan è un marchio di noodle istantanei).

Accordi con la Cina

◆ Il trattato di libero commercio tra la Cina e il Nicaragua è entrato in vigore il 1 gennaio 2024, due anni dopo il ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra i due paesi e la fine dei rapporti del governo di Managua con Taiwan. L’accordo prevede tariffe preferenziali per gli scambi commerciali e favorisce la cooperazione in alcuni settori, come quelli agricolo, tessile, turistico e logistico. Secondo i dati del ministero nicaraguense dell’industria e del commercio, tra il gennaio e l’ottobre del 2024 le esportazioni verso la Cina sono state solo l’1,05 per cento di quelle verso gli Stati Uniti, che sono ancora il principale partner commerciale del regime autoritario del presidente Daniel Ortega. Efe, Divergentes


Dagli scaffali spuntano fogli che riportano prezzi, sconti e spiegazioni dei benefici e degli usi dei vari prodotti, tutti in cinese.

Fino al novembre del 2023 il Bazar Chino era all’interno del Mercato orientale, poi si è spostato sulla strada per Masaya per attirare clienti dal resto del paese. Sempre pensando agli imprenditori, il bazar offre anche spedizioni nazionali gratuite per acquisti superiori a tremila córdobas.

Chiedo a una cassiera dove posso trovare un posto per bere e mangiare qualcosa. Mi dice che dall’altra parte della strada c’è un alimentari cinese e me lo consiglia. Mentre esco con un paio di cose in mano, una signora molto gentile che accoglie i clienti prende la mia borsa da un armadietto, dove l’avevo lasciata per il divieto in vigore in quasi tutti i negozi cinesi di entrare con zaini e borse.

Non ci sono solo megainvestimenti e supermercati enormi. I nuovi investitori cinesi hanno imitato anche il modello di minimarket di maggior successo in Nicaragua, rappresentato soprattutto dalle aziende Ampm e Super Express.

Facilmente accessibili per piccoli acquisti, i minimarket come Minisuper China, che servono a soddisfare esigenze immediate sono perfetti per i consumi veloci. Pochi mesi fa ne ha aperto uno nella zona commerciale di Camino de Oriente. È uno spazio di pochi metri quadrati, con qualche scaffale e la merce necessaria per allestire un negozio. All’ingresso, un’esplosione di colori travolge i clienti: bottiglie fosforescenti di bevande di cui è impossibile intuire il gusto.

La commessa è una ragazza nicaraguense abbastanza socievole. Le spiego che vorrei provare qualcosa. Non c’è bisogno di aggiungere altro. Mi accompagna per il locale facendomi fare un tour delle sue esperienze con tutto quello che ha provato.

“Questo sa di soda ma con l’aggiunta del miele”, dice indicando una bottiglia arancione sgargiante. “Questa è una bevanda alla pesca e ha un buon sapore”, aggiunge indicandone un’altra. “Questa non mi piace, non te la consiglio”, dice seria. Attraverso tutte le sue esperienze, cosa le è piaciuto e cosa no, mi racconta il suo scambio culturale con la Cina continentale, che oggi nel nostro paese si manifesta sotto forma di negozio.

Dopo aver seguito i suoi consigli, vado in cassa. La ragazza corre a chiamare il suo capo. Pochi minuti dopo arriva un uomo dai tratti orientali, magro e con i capelli grigi. Gli do il mio bancomat per pagare e lui mi dice delle parole in cinese che non capisco. “Non accettiamo carte”, mi spiega la ragazza. Alla fine pago in contanti e noto che lo scontrino è scritto in cinese. L’unica cosa che riconosco sono i numeri.

L’esperienza è simile al Super Chino La Familia e a Casa China. Manodopera nicaraguense e proprietari cinesi, articoli che riempiono anche il Marketplace di Facebook e degli altri social network, e persone dai tratti orientali in auto di marche mai viste prima nel paese, probabilmente comprate in Nicaragua. Supermercati e negozi finora sono stati il settore principale in cui hanno investito i cittadini cinesi, ma non l’unico. A maggio è comparsa la ferramenta all’ingrosso Chang Kong S.A. per fare concorrenza alle attività locali.

Quando entro noto subito una grande lastra di marmo per il piano da lavoro della cucina al prezzo di quello che costerebbe un piano di cemento e piastrelle. Solo che non è marmo, ma un’imitazione più economica per i nicaraguensi. Però, se qualcuno volesse il marmo vero potrebbe averlo.

“Non ha nulla da invidiare agli altri negozi”, mi dice una delle commesse, mentre mi elenca altri materiali che posso usare per la mia cucina. Anche se è un’attività all’ingrosso per chi rivende prodotti o vuole ristrutturare una casa, per ora il negozio accetta solo pagamenti in contanti. L’accordo con le banche e gli istituti finanziari arriverà più avanti. “Presto saremo in grado di accettare le carte”, mi dice la commessa. E presto succederà non solo in Nicaragua, ma in tutta l’America Centrale, ha assicurato l’imprenditore cinese Chen Chen ai mezzi d’informazione filogovernativi.

La discussa officina Taller China, inaugurata di recente, si occupa di qualsiasi tipo di veicolo, indipendentemente dalla marca. Offre un controllo a partire da dieci dollari e una revisione più completa per venti dollari. Sono prezzi vicini a quelli di altre officine nicaraguensi.

Anche i servizi che offrono sono simili; l’unica differenza è che gli strumenti e i pezzi di ricambio usati sono tutti cinesi, “ma di buona qualità”, dice uno dei meccanici. Come tutti quelli che lavorano qui, è nicaraguense.

Se gli affari andranno bene, apriranno altre filiali a Managua e nei principali dipartimenti del paese. La rapida diffusione di queste attività commerciali cinesi nell’ultimo anno è solo un piccolo assaggio di quello che sta per succedere. Nel frattempo, a pochi metri dall’officina, sta aprendo i battenti un nuovo minimarket cinese. ◆ fr

Divergentes è un sito nicaraguense indipendente. A causa della repressione del regime di Daniel Ortega gran parte della redazione lavora dalla Costa Rica. Chi è rimasto in Nicaragua non firma gli articoli per motivi di sicurezza.

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Questo articolo è uscito sul numero 1598 di Internazionale, a pagina 56. Compra questo numero | Abbonati