Alla storica britannica-egiziana Hannah Elsisi durante una chiacchierata con alcuni amici è venuto un dubbio: la pop star spagnola Rosalía ha costruito il suo successo globale sull’appropriazione di ritmi afrodiscendenti? La questione s’intreccia con la causa intentata dai produttori giamaicani Steely & Clevie ad alcune major discografiche, accusate di aver sfruttato la parte strumentale del brano del 1989 Poco Man Jam per creare arrangiamenti dei brani di reggaeton moderni. Questo processo rivela che il diritto d’autore occidentale è servito a consolidare un capitalismo culturale a discapito della cultura della diaspora africana. “Questa causa è un punto di partenza per affrontare la questione del dominio bianco e coloniale nella musica. Il diritto d’autore ha generato un ecosistema, anche legislativo, al servizio dei più ricchi”, spiega Elsisi. Per contrastare questa logica, la storica propone una visione basata su un sistema aperto. Da qui nasce Mangrove, un programma di ricerca sulla musica della migrazione. Il progetto ha portato alla creazione di Chromesthesia, una compilation che esplora il ruolo della musica afrodiscendente nel mondo, dal baile funk all’amapiano. Lanciato con una performance di tredici ore al festival Le Guess Who? nel novembre 2024, Chromesthesia celebra il ritmo come strumento comunitario. Per Elsisi, la musica è resistenza e memoria collettiva, un ponte tra passato e presente.
Théophile Pillault,
Pan African music
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Questo articolo è uscito sul numero 1601 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati