Quando all’inizio del 2021 il gigante cinese del settore immobiliare Evergrande si è trovato a corto di denaro liquido, si è rivolto ai suoi dipendenti con modi intimidatori: chi voleva mantenere i suoi bonus avrebbe dovuto concedere all’azienda un prestito a breve termine. Alcuni dipendenti hanno chiesto a loro volta soldi ad amici e familiari per darli al datore di lavoro. Altri li hanno presi in prestito dalle banche. Poi a settembre il gruppo ha improvvisamente smesso di rimborsare i prestiti, che erano stati presentati come investimenti con rendite elevate. Così centinaia di lavoratori si sono uniti ai clienti in preda al panico per chiedere alla Evergrande di riavere indietro i loro soldi. A metà settembre hanno protestato davanti alle sedi dell’azienda sparse in tutta la Cina.

Un tempo la Evergrande era la società immobiliare più redditizia della Cina, mentre oggi è l’azienda più indebitata del paese. Deve denaro a banche, fornitori e investitori stranieri; deve appartamenti non ancora completati a persone che li avevano comprati in anticipo; ha accumulato più di trecento miliardi di dollari in fatture non pagate; deve affrontare cause intentate dai creditori; e nell’ultimo anno ha visto le sue azioni perdere più dell’80 per cento del loro valore.

L’azienda ha incassato somme enormi grazie a un boom edilizio mai visto prima

Le autorità di Pechino temono che il crollo di un’azienda delle dimensioni della Evergrande abbia ripercussioni sull’intero sistema finanziario cinese. Eppure hanno evitato d’intervenire, per non tradire la promessa di dare una lezione ai colossi nazionali pieni di debiti. Secondo alcune stime, la Evergrande è indebitata con gli acquirenti di quasi 1,6 milioni di appartamenti e potrebbe esserlo anche con decine di migliaia di suoi lavoratori. Jin Cheng, un dipendente di 28 anni che vive a Hefei, nella Cina orientale, racconta di aver messo, su richiesta dei suoi supe­riori, 62mila dollari nell’Evergrande Wealth, il ramo dell’azienda che si occupa di investimenti. E mentre su internet cominciavano a diffondersi le voci sul possibile fallimento della Evergrande, Jin e alcuni colleghi si sono radunati davanti alla sede del governo provinciale per chiedere alle autorità d’intervenire. A Shenzhen, nel sud del paese, clienti e dipendenti si sono raccolti nell’atrio della sede centrale dell’azienda chiedendo di riavere indietro i loro soldi. “Evergrande, ridammi i soldi che ho guadagnato con sangue e sudore!”, si sentiva urlare in alcuni video.

Jin ha raccontato che ai dipendenti della Fangchebao, la piattaforma online per il mercato immobiliare della Evergrande e le vendite di automobili, era stato detto che ogni dipartimento era obbligato a far confluire investimenti mensili nell’Evergrande Wealth. Il gruppo non ha mai risposto alle richieste dei manifestanti, e solo di recente ha ammesso di trovarsi in un periodo di “grave” pressione finanziaria e di aver ingaggiato esperti di ristrutturazioni aziendali che daranno una mano per il futuro.

Sulla lista nera

Le cose non sono sempre andate così. Per più di vent’anni la Evergrande è stata la più grande società immobiliare della Cina e ha fatto soldi grazie a un boom edilizio mai visto prima su scala mondiale. Dopo ogni successo, la Evergrande si espandeva in altri settori: acqua in bottiglia, sport professionali, veicoli elettrici. E le banche e gli investitori la finanziavano volentieri, scommettendo sulla classe media cinese in ascesa e sulla sua fame di case e di altre proprietà.

Di recente, però, il settore immobiliare è finito sotto la lente d’ingrandimento delle autorità cinesi che, volendo mettere fine agli anni folli del boom, hanno spinto le aziende a ripagare i debiti contratti. L’obiettivo principale era ridurre l’esposizione delle banche cinesi verso il settore immobiliare. In questo modo, però, Pechino ha sottratto a grandi costruttori come la Evergrande i soldi di cui avevano bisogno per completare gli appartamenti, lasciando molte famiglie senza la casa che avevano già comprato.

“Il sistema finanziario cinese è molto complesso e quando vedi crepe come questa ti rendi conto degli effetti che potrebbe avere sulla società”, dice Jennifer James, manager che si occupa d’investimenti per la Janus Henderson investors. James e altri investitori sostengono di aver saputo delle strategie finanziarie della Evergrande, che coinvolgevano anche i dipendenti, solo a settembre, quando l’azienda ha ammesso di dover ancora pagare 145 milioni di dollari in rate arretrate.

La Evergrande ha cercato di svendere parti del suo vasto impero per raccogliere nuovi fondi, ma alla fine ha dovuto dichiarare di “non sapere se riuscirà a mettere insieme una simile quantità di soldi”. In questa occasione l’azienda ha accusato i mezzi d’informazione di aver scatenato il panico tra i clienti diffondendo notizie pessimistiche. Tuttavia, i canali di finanziamento della Evergrande avevano cominciato a prosciugarsi ben prima. Secondo informazioni fornite da alcuni dipendenti del gruppo e le notizie riportate dai giornali di proprietà dello stato, l’azienda ha cominciato a costringere i dipendenti a contribuire al salvataggio già ad aprile, quando ha dato il via ai suoi prestiti a breve termine.

Tra il 70 e l’80 per cento dei dipendenti della Evergrande in tutta la Cina ha ricevuto la richiesta di versare soldi per finanziare le operazioni dell’azienda. Lo ha riferito di recente alla Anhui Online Broad­casting Corporation, una tv di proprietà dello stato, Liu Yunting, un consulente della Evergrande Wealth. Il 17 settembre, tuttavia, una versione di quell’intervista è stata eliminata da internet. La Anhui broad­casting non ha voluto commentare.

Non è chiaro quanto sia stata ampia la campagna e quanti soldi siano stati raccolti. A ogni dipendente è stato chiesto d’investire una certa quantità di denaro in prodotti della Evergrande Wealth. Chi rifiutava, metteva a rischio il suo stipendio e i bonus, hanno riferito alcuni dipendenti alla Anhui.

Da sapere
Un settore decisivo

◆ La crisi del gruppo immobiliare Evergrande mette in difficoltà un settore che, secondo le stime della Bank of America, contribuisce al 28 per cento del pil della Cina e quindi in questi anni ne ha influenzato fortemente la crescita. Arriva inoltre in un momento in cui le condizioni generali dell’economia cinese peggiorano a causa di nuove ondate di covid-19 e del rallentamento dei consumi interni. Ad agosto le vendite al dettaglio sono aumentate del 2,5 per cento rispetto allo stesso mese del 2020, il dato più basso degli ultimi dodici mesi e molto al di sotto delle previsioni, che parlavano di un balzo del 7 per cento. Anche la produzione industriale ha mancato l’obiettivo ufficiale, cioè un aumento del 5,3 per cento. Financial Times


I vertici dell’azienda, prosegue Liu, hanno dichiarato che gli investimenti erano parte di una “filiera di finanziamento” e avrebbero permesso alla Evergrande di pagare i fornitori. “E poiché noi dipendenti eravamo tenuti a versare una certa quota, abbiamo chiesto ad amici e familiari di metterci anche i loro soldi”, ha aggiunto. Liu ha raccontato che i suoi genitori e parenti avevano investito duecentomila dollari nella Evergrande Wealth, e lui ne aveva messi circa 75mila di tasca sua.

La Evergrande era sulla lista nera di Pechino da tempo. Alla fine di agosto i suoi dirigenti sono stati convocati dalle autorità di vigilanza. Inoltre, i funzionari delle principali agenzie di controllo del settore bancario e delle assicurazioni hanno intimato ai dirigenti del gruppo di riportare sotto controllo gli enormi debiti per mantenere la stabilità del mercato finanziario cinese.

La principale preoccupazione delle autorità cinesi riguarda gli appartamenti che la Evergrande non ha ancora completato. L’azienda ha quasi ottocento cantieri aperti in più di duecento città cinesi. Secondo le stime della banca britannica Barclays, la Ever­grande, che spesso vende in anticipo gli appartamenti per raccogliere denaro in contanti, potrebbe dover ancora consegnare 1,6 milioni di case ai suoi clienti.

Wesley Zhang e la sua famiglia sono tra le centinaia di migliaia di compratori in attesa di un appartamento, e sperano che l’azienda sia in grado di consegnarglielo. Zhang, 33 anni, si è unito agli altri acquirenti che hanno protestato ad Hafei, dopo aver saputo che la Evergrande doveva denaro anche ai suoi dipendenti.

“Tutti sono preoccupati. Siamo come formiche su una padella rovente, non sappiamo cosa fare”, ha affermato Zhang, che ora ha paura di veder svanire un investimento di 124mila dollari. “Speriamo che così il governo centrale presti la dovuta attenzione”, aggiunge. “Dovrebbe intervenire qualcuno”. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1428 di Internazionale, a pagina 110. Compra questo numero | Abbonati