In una valle della Groenlandia riecheggiano degli spari. Nanna Broberg è in uniforme militare, in piedi sul terreno sabbioso, e punta il fucile contro una sagoma di cartone a cento metri di distanza. Si concentra, preme il grilletto e ricomincia. A sinistra e a destra altri tiratori in divisa mimetica, qualcuno grida comandi militari. La Groenlandia non ha un esercito e i groenlandesi non hanno mai partecipato a una guerra. E ne sono orgogliosi. Della politica estera e della difesa si occupa la Danimarca. Insieme alle isole Fær Øer appartiene al regno danese anche se entrambe hanno un loro governo. Sulla manica sinistra dell’uniforme di Broberg è cucita una bandiera danese. Sulla manica destra è attaccata con il velcro la bandiera groenlandese. “La volevamo indossare”, dice la ventiduenne a proposito di questa bandiera che ufficialmente non fa parte dell’uniforme danese. “Siamo orgogliosi di essere groenlandesi”.

Broberg è soddisfatta, sulla sagoma di cartone ci sono diversi fori a pochi centimetri dal cuore. “Molti groenlandesi vanno regolarmente a caccia. Ma non avevo mai tirato al bersaglio prima”, dice più tardi. “Di questo addestramento mi piace tutto, tranne le lunghe sessioni di corsa”.

È la prima volta, a maggio del 2024, che l’esercito danese dà un addestramento militare ai giovani della Groenlandia. Nell’arco di sei mesi, Broberg e altri diciotto tra allieve e allievi hanno imparato a sparare, a salvare qualcuno dalle gelide acque del mare, a spegnere incendi, a essere puntuali e a sopportare lunghe marce per gli aridi paesaggi dell’isola. Un investimento nella capacità di resistenza della società groenlandese: così la Danimarca vede l’esercitazione militare artica.

Ma il regalo non è disinteressato. Più di sei milioni di euro, ovvero il costo del programma di formazione, sono molti per un esercito come quello danese, in difficoltà finanziarie e che ha bisogno di risparmiare. Il progetto è anche un’arma di seduzione, un tentativo di legare a sé la Groenlandia. Dopotutto, almeno in teoria, l’ex colonia potrebbe lasciare il regno in qualsiasi momento – e in quel caso la corona danese perderebbe il 98 per cento della sua superficie e soprattutto l’accesso all’Artico. E la Groenlandia non è mai stata così vicina all’indipendenza. O – peggio ancora, dal punto di vista danese – così aperta a nuove relazioni con altri paesi.

L’area sabbiosa dove Broberg e i suoi colleghi stanno sparando è abbracciata dall’ampia ansa di un fiume che nasce dalla calotta glaciale della Groenlandia. Con una superficie di più di due milioni di chilometri quadrati, per l’80 per cento coperti dai ghiacci, la Groenlandia è l’isola più grande del mondo. La maggior parte dei suoi 57mila abitanti vive lungo la costa sudoccidentale. Se dal poligono di tiro si segue il fiume guidando per un’ora verso est lungo un’accidentata strada sterrata, dopo aver superato renne e lepri di montagna, cespugli di mirtilli rossi e laghi su cui si specchia l’azzurro del cielo, ci si ritrova proprio sulla calotta glaciale, una distesa apparentemente infinita che da secoli affascina gli avventurieri. Procedendo invece per una mezz’ora verso ovest si arriva prima al ripetitore della rete mobile, poi all’insediamento di Kangerlussuaq. Qui il fiume diventa un fiordo che presto sfocia nell’Atlantico, mentre a poca distanza appare il Canada. Se oggi politicamente la Groenlandia è un pezzo d’Europa, geograficamente è sempre appartenuta al Nordamerica.

Terra di confine

Se si guarda la Terra dall’alto, la Groenlandia appare come un baluardo a difesa degli Stati Uniti. Non sorprende che già nel 2019, all’epoca del suo primo mandato, Donald Trump volesse comprare l’isola. Un baluardo di difesa dall’oriente, dalla Russia e dalla Cina. Questa geografia si rivelò importante durante la seconda guerra mondiale, quando la Danimarca era sotto l’occupazione nazista e gli Stati Uniti sorvegliavano l’Atlantico in cerca di sottomarini tedeschi proprio dalla Groenlandia, da cui gestivano anche i rifornimenti. Una geografia importante anche durante la guerra fredda, quando furono installate sulla calotta glaciale le stazioni radar che avrebbero avvisato Washington di eventuali attacchi sovietici. E questa posizione geografica è importante anche oggi.

Ufficialmente, gli americani gestiscono in Groenlandia solo delle stazioni di ricerca. L’isola ha però altre caratteristiche interessanti, non solo per gli Stati Uniti ma per il mondo intero. La calotta glaciale si sta sciogliendo e con la fusione le risorse minerarie diventano accessibili. Petrolio, oro, rame, terre rare, rubini e zaffiri rosa. Nel 2023 un rapporto dell’Unione europea ha confermato che in Groenlandia si possono estrarre con relativa facilità grandi quantità di minerali oggi molto ricercati, come litio, afnio o tantalio.

Ma c’è di più: la riduzione del ghiaccio marino artico a nord della Groenlandia libererà una nuova via marittima, che accorcerà le rotte commerciali tra Cina e Nordamerica e tra Cina ed Europa. Le navi non dovranno più percorrere le lunghe rotte che costeggiano la Russia o il Canada, ma potranno prendere una scorciatoia che taglia il polo nord. E così passeranno proprio davanti alla Groenlandia. Non va poi dimenticato il turismo. Già oggi nella stagione estiva una trentina di navi da crociera approda sull’isola. I blocchi di ghiaccio percorsi da riflessi di ogni tonalità di azzurro nella baia di Disko, le casette di legno colorate di Ilulissat, il moderno centro culturale della capitale Nuuk attirano visitatori da ogni parte del mondo.

La Groenlandia è un punto nevralgico sul piano della sicurezza, dell’ecologia e dell’economia. Nel 2019 Trump ricevette una secca risposta dalla ministra di stato danese (il capo del governo) Mette Frederiksen: l’isola non era in vendita. L’offerta d’acquisto fu lasciata cadere, ma ha riportato l’isola sulla mappa geopolitica. Ha lusingato la Groenlandia e allarmato l’Europa. Così la Danimarca ha dovuto investire nel rapporto con l’isola. Nel 2020 il ministero della difesa danese ha inviato a Nuuk un consigliere permanente. Ha la sede nello stesso edificio su cui sventola la bandiera degli Stati Uniti. Nella primavera del 2024 anche l’Unione europea (di cui la Groenlandia non fa parte) ha aperto un ufficio a Nuuk. La Danimarca ha impedito alla Cina di partecipare alla costruzione di due nuovi aeroporti presentando un’offerta migliore.

E ora il regno regala alla Groenlandia l’addestramento militare. Il danese Simon Kokfelt, responsabile del programma di formazione, elenca gli obiettivi ufficiali: rafforzare la società groenlandese, migliorare le opportunità di carriera dei partecipanti e formare reclute per l’esercito danese. “Ma per me”, spiega, “questa formazione di base nell’Artico è soprattutto un grande progetto sociale”.

Solo un giovane groenlandese su due prosegue gli studi dopo la scuola dell’obbligo e oggi uno su tre non va scuola e non ha un lavoro. I groenlandesi sono ancora alle prese con le conseguenze della colonizzazione danese, i trasferimenti, le sterilizzazioni forzate, la perdita dell’identità. Il tasso di suicidio giovanile è il più alto del mondo, l’abuso di alcol è un problema serio e spesso chi va in Europa o in Nordamerica per studiare o lavorare non torna più. Tracce di queste storie si trovano anche nel corso di addestramento militare.

C’è la recluta che non osa addentrarsi nella natura perché ha paura del Qivittoq, una creatura mitologica dai poteri soprannaturali e che violenta le donne. C’è l’allievo che ha chiamato la pistola come il suo migliore amico morto suicida. E l’allieva che è stata anoressica per anni e che racconta di aver ritrovato la fiducia in se stessa proprio durante l’addestramento.

E c’è Nanna Broberg. Quando è nata i genitori erano molto giovani così è cresciuta con i nonni a Kangerlussuaq, l’ex base militare statunitense dove si svolge questo addestramento. Oggi l’insediamento è poco più di un aeroporto affiancato da un albergo che dà lavoro alla maggior parte dei circa cinquecento residenti. Uno snodo del traffico e un punto di partenza per le escursioni sulla calotta glaciale e per chi va a “caccia” di aurore boreali e di buoi muschiati. Vecchi edifici militari ospitano il comando artico, l’unità dell’esercito danese incaricata di sorvegliare la Groenlandia, le Fær Øer e le acque circostanti.

All’addestramento s’incontrano ragazze e ragazzi provenienti da contesti molto diversi. Per esempio Jensiinannguaq Madsen di Ittoqqortoormiit, sulla costa orientale, una regione scarsamente popolata. Parla poco e solo groenlandese, sa dire a malapena qualcosa in danese e in inglese quasi niente. Per arrivare a Kangerlussuaq ha preso prima un elicottero, poi è volata in aereo fino a Keflavík in Islanda, da lì ha preso un volo per Nuuk, e infine è giunta a Kangerlussuaq. Un viaggio che un groenlandese delle sue parti non farebbe praticamente mai, anche perché piuttosto costoso. Jakob Herluf Pedersen, invece, è di Nuuk, parla correntemente le tre lingue, in classe traduce dal danese al groenlandese e viceversa e canta canzoni groenlandesi mentre pulisce il fucile.

Tra due mondi

◆ La Groenlandia, insieme alla isole Fær Øer, è una nazione costitutiva del Regno di Danimarca. Nel 1979 il parlamento di Copenaghen ne riconosce l’autonomia e nel 2009, in seguito a un referendum, le delega tutti i poteri tranne le relazioni internazionali e la difesa. È un territorio speciale dell’Unione europea, cioè legato a uno stato dell’Unione di cui però non fa parte. Un nuovo referendum per l’indipendenza potrebbe tenersi nel 2025.

◆ Il presidente statunitense Donald Trump ha dichiarato che gli Stati Uniti dovrebbero annettere la Groenlandia per ragioni di sicurezza (geograficamente l’isola appartiene al Nordamerica), non escludendo l’uso della forza o di pressioni economiche per raggiungere l’obiettivo. Il 28 gennaio la Danimarca ha rafforzato le misure di sicurezza nell’Artico. Afp


Simon Kokfelt, il direttore del programma di addestramento, è sorpreso dalle attenzioni che stanno ricevendo. C’è già stata una visita del ministro della difesa danese, ma a maggio a dare il benvenuto ad allieve e allievi c’erano anche i deputati groenlandesi al parlamento danese e la ministra groenlandese per le pari opportunità. Per Kristian Søby Kristensen – che dirige il centro per gli studi militari all’università di Copenaghen e svolge ricerche sulle politiche di sicurezza nella regione artica – non c’è niente di strano. È convinto che questo addestramento porti vantaggi sia al governo di Copenaghen sia a quello di Nuuk. “Già da tempo l’esercito danese cerca di rafforzare la cooperazione con la popolazione groenlandese”, dice. Agli occhi dei groenlandesi, soprattutto quelli della remota costa orientale, i danesi che arrivano con le loro navi da guerra e senza parlare la loro lingua per poi riandarsene devono sembrare una sorta di neocolonialisti. Per questo gli elicotteri del comando artico hanno il logo groenlandese. “Essere accettati è il vero motivo per cui i danesi vogliono più groenlandesi nell’esercito”, afferma Kristensen. “Naturalmente vogliono anche far vedere quanto sono generosi e quanto i groenlandesi possono ricavarne dei vantaggi”.

Primi passi

Nel 2021 il parlamento danese ha approvato il finanziamento dell’addestramento di base nell’Artico come un progetto puramente militare. Ma il parlamento groenlandese si è opposto perché non voleva più militari danesi sull’isola. Così il programma di formazione si è incentrato più sulla protezione e sul salvataggio: guardia costiera, supervisione della pesca, trasporto di malati. Compiti che normalmente non sono svolti dai militari, ma dalla polizia o dalla protezione civile. La Groenlandia aspira a una maggiore autonomia, ma per ottenerla deve imparare a provvedere a se stessa. L’addestramento di base nell’Artico è un piccolo passo in questa direzione.

Un altro piccolo passo è stato, dal 2023, la nomina della prima rappresentante groenlandese alla missione permanente della Danimarca presso la Nato. La sua presenza dovrebbe far arrivare l’Artico nella Nato e sensibilizzare la Groenlandia sulle questioni della sicurezza. Anche l’attacco russo all’Ucraina è all’origine di una profonda sensazione d’insicurezza. La Groenlandia vorrebbe un maggiore coinvolgimento nelle questioni globali, ma prima di tutto in quelle dell’Artico. Nel frattempo è stato concordato con Copenaghen che nel 2025, quando il regno di Danimarca avrà la presidenza del Consiglio artico, il principale forum internazionale dei paesi artici, un groenlandese ne diventerà il capo. Dopotutto, senza la Groenlandia la Danimarca non sarebbe nemmeno un paese artico.

Le concessioni danesi sull’autonomia della Groenlandia sono anche un modo per cercare di salvare una relazione privilegiata. L’isola riceve ogni anno dal regno circa 530 milioni di euro. E l’Unione europea, di cui la Danimarca fa parte, dal 2021 e fino al 2027 sosterrà la Groenlandia con 225 milioni di euro, principalmente per l’istruzione. Per la Danimarca il gioco vale la candela. “La Groenlandia è cruciale perché rappresenta l’accesso all’Artico, alle risorse del sottosuolo, alle rotte marittime e al turismo”, afferma il ricercatore militare danese Søby Kristensen, “ma la Groenlandia è importante anche perché è importante per gli Stati Uniti”. Copenaghen considera Washi­ngton il suo più stretto alleato militare, come dimostra il sostegno offerto di recente alle missioni statunitensi all’estero. Per la Groenlandia, la protezione della Danimarca è piuttosto utile nella situazione di tensione attuale.

Il giorno dopo le esercitazioni di tiro, Nanna Broberg cammina per Kangerlussuaq in abiti civili. Raggiunge l’asilo, dove da piccola ammirava le uniformi dei militari, il palazzetto dello sport con la piscina coperta, la seconda in Groenlandia dopo quella di Nuuk. Sono testimonianze di quando qui era di stanza l’esercito statunitense. C’è anche un bowling, ma non è più in attività.

“Non è che non mi piacciano i danesi”, dice, “solo che non si sono mai veramente scusati per la colonizzazione”. Quando una colpa del passato può dirsi davvero scontata? È questa la grande domanda che ci si pone. “Noi giovani in Groenlandia abbiamo tutte le possibilità”, dice allo stesso tempo Broberg. La scuola dell’obbligo e la formazione professionale sono gratuite. A primavera vuole cominciare il corso di storia e cultura groenlandese all’università di Nuuk ed è sicura di essere ammessa, dato che le domande di iscrizione sono pochissime. I soldi per pagare la scuola, l’università e l’addestramento militare vengono dalla Danimarca e dall’Unione europea. Senza l’ex potenza coloniale, la Groenlandia non andrebbe avanti per molto. ◆ nv

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Questo articolo è uscito sul numero 1599 di Internazionale, a pagina 48. Compra questo numero | Abbonati