Cultura Suoni
the record
boygenius (Mikayla Lobasso)

Le boygenius sono un sogno per i fan dell’indie rock contemporaneo, perché mettono insieme tre icone di questo genere: Lucy Dacus, Julien Baker e Phoebe Bridgers. Ognuna di loro è una forza a sé, ma come trio tirano fuori il meglio e mettono in moto un’alchimia speciale, qualcosa di elettrico. Il gruppo si è già sottoposto a un test con l’ep omonimo del 2018, che ci ha lasciato con la voglia di nuovo materiale. Finalmente le boygenius sono tornate per un album vero e proprio, che mette in luce tutte le potenzialità di queste giovani musiciste. The record è tutto quello che dovrebbe essere un disco di debutto: un viaggio esplosivo e pieno di sentimento. Ognuna di queste dodici canzoni arriva quasi in maniera inaspettata; dall’apertura a cappella di Without you with­out them ad anti canzoni d’amore (We’re in love e Revolution 0) fino a pezzoni come $20 e Satanist. C’è un’energia incontenibile, un fatto sicuramente inevitabile quando cantautrici di così grande talento lavorano insieme. Con in testa il folk di Simon & Garfunkel, Cool about it rappresenta il potere collettivo di una band da cui emergono tre voci distinte, portatrici di storie dolorose che si evolvono verso una conclusione di devastante bellezza. E infatti l’ultimo pezzo, Letter to an old poet, è il momento catartico, in cui si chiude il cerchio ma resta lo spazio per un finale aperto. I più ottimisti tra noi sperano che non sarà l’ultima volta che sentiremo parlare delle boygenius.
Katie Cutforth, The Skinny

Generational curse
ICECOLDBISHOP (Delagrimm)

Il rapper di South Los Angeles ICECOLDBISHOP è in ascesa da qualche anno. Ha collaborato con artisti del calibro di Slowthai, Rico Nasty, Denzel Curry e Boldy James, e ora ha finalmente pubblicato il suo album di debutto, Generational curse. In tutto il disco dimostra di essere un rapper molto carismatico, suonando come un incrocio tra i Flat­bush Zombies e Kendrick Lamar nella sua forma più teatrale, e l’aria di disperazione nella sua voce corrisponde davvero agli argomenti trattati nelle canzoni. La morte si presenta spesso in Generational curse, che si tratti di tossicodipendenza o sparatorie, e ICECOLDBISHOP sembra spesso alle prese con il suo dolore. Come tanti grandi rapper prima di lui, è un narratore nato, capace di aprire gli occhi del mondo sulla povertà, la violenza e il razzismo istituzionale che affliggono quartieri come quello in cui è cresciuto. Lo fa come uno a cui piace guardarti dritto negli occhi per tutto il tempo. E il suo talento per il ritmo, la melodia e gli arrangiamenti è avvincente quanto le storie cupe che racconta.
Andrew Sacher, Brooklyn Vegan

Poulenc: La voix humaine, sinfonietta

Nonostante una discografia molto ricca, il personaggio creato da Jean Cocteau e messo in musica da Francis Poulenc è rimasto legato a una voce: quella di Denise Duval, che lo creò nel 1959. Felicity Lott o Jessye Norman l’hanno cantato meglio, ma Duval è un’artista d’epoca. Quel tipo di voce, l’accento, la maniera terribilmente efficace di pronunciare il testo sono caratteristiche che non ritroveremo più. E l’identificazione tra la parte e l’interprete ha reso il compito difficile alle generazioni successive di cantanti. Véronique Gens si è messa alla prova, e ha fatto bene. La sua pronuncia è impeccabile, senza la secchezza della vecchia scuola francese, e il suo timbro di velluto è indiscutibilmente più seducente. È sempre riservata e non cede agli effetti emotivi espressionisti o eccessivi, però sa rendere vivi i diversi stati psicologici attraverso cui passa l’eroina in questo lungo atto unico. Cocteau amava le grandi voci liriche e Véronique Gens ce l’ha: è capace di sguainare una potenza enorme e acuti solidissimi, ma rimane sempre in equilibrio sul filo sottile di questa strana partitura, che rischia sempre di precipitare in un realismo ridicolo. Alexandre Bloch e i musicisti di Lille la seguono con grande attenzione.
Jacques Bonnaure, Classica

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1506 - 7 aprile 2023

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