Cultura Schermi
Mickey 17
Robert Pattinson, Mark Ruffalo, Naomi Ackie
Corea del Sud / Stati Uniti 2025, 137’. In sala
Mickey 17 (dr)

È il primo film del regista sudcoreano Bong Joon-ho dall’exploit di Parasite (2019), ma è pieno di cose. Ci sono attacchi politici, caricature religiose, parodie aziendali e spaziali, riferimenti a Ricomincio da capo e sullo sfondo una riflessione seria sul rapporto complesso tra progresso scientifico e complesso militare-industriale. E oltre a tutto questo anche Mark Ruffalo nei panni di una specie di Donald Trump intergalattico. Nel 2054, Mickey è la diciassettesima copia biologica di Mickey Barnes (Pattinson), un clone umano, uno dei “sacrificabili”, creati per svolgere compiti impossibili durante una missione spaziale ad ampio raggio (un’odissea coloniale verso il pianeta ghiacciato Niflheim), ma universalmente disprezzati. Mickey è innamorato di un’addetta alla sicurezza edonista (Ackie) e subisce gli sproloqui di Kenneth Marshall (Ruffalo), una specie di dittatore autoproclamato che vuole trasformare Niflheim in un pianeta di soli bianchi “puri”. A complicare le cose arriva la creazione accidentale di Mickey 18, un clone più cattivo che disprezza 17 e spinge la trama verso luoghi inaspettati. Il doppio lavoro di Pattinson è sicuramente uno dei motivi di attrazione del film. Il finale forse è eccessivamente caotico, ma Mickey 17 è spettacolare e non smette mai di porre domande interessanti.
Kevin Maher, The Times

I ragazzi della Nickel
Ethan Herisse, Brandon Wilson
Stati Uniti 2024, 140’. PrimeVideo
I ragazzi della Nickel (dr)

Secondo una regola non scritta del cinema, da grandi libri raramente escono fuori grandi film. Anzi, è facile che ne escano fuori delle schifezze. Invece il primo film drammatico di RaMell Ross, sceneggiato insieme a Joslyn Barnes, è un adattamento del romanzo premio Pulitzer di Colson Whitehead ed è straordinario. È una versione fedele del libro, di cui onora sia lo spirito sia la struttura, riuscendo anche a essere un’opera cinematografica innovativa. Racconta la storia di Elwood (Herisse), un adolescente afroamericano nella Florida segregata dei primi anni sessanta, ingiustamente spedito in un riformatorio statale, la Nickel academy, dove la brutalità delle guardie razziste è solo in parte mitigata dall’amicizia con Turner (Wilson), un altro ragazzo nero, anche lui detenuto. È una storia straziante e rabbiosa, ma quello che conferisce al film la sua potenza selvaggia è l’approccio formale radicale usato con coraggio da Ross, che ha deciso di girare il film quasi interamente dal punto di vista dei due personaggi principali. All’inizio questa scelta può disorientare ma presto rivela la sua efficacia. Per esempio siamo direttamente colpiti dallo sguardo fisso sull’obiettivo di un uomo bianco, e capiamo che cerca solo una scusa per partire all’attacco. Condividiamo pienamente la risposta istintiva di Elwood, che abbassa lo sguardo e si guarda la scarpe solo per sfuggire al confronto. Eppure questo espediente non funzionerebbe così bene se non fosse per la cura artigianale di ogni dettaglio, per esempio nel suono o nelle scenografie, che risultano arazzi delicati e intricati. Sapiente poi l’uso dei materiali d’archivio, che contestualizza e aggiunge peso alla storia, tirandone i fili temporali fino ai giorni nostri. Un capolavoro.
Wendy Ide,The Observer

The sweet east
Talia Ryder, Simon Rex
Stati Uniti 2023, 104’. Mubi

The sweet east è una satira multiforme delle sottoculture nell’America contemporanea. Trattando i tabù con forse eccessiva leggerezza, il film segue le peripezie di Lilian (Ryder) lungo la costa nord-orientale degli Stati Uniti. Nel suo viaggio picaresco, Lilian incontra persone e gruppi che Sean Price Williams e lo sceneggiatore Nick Pinkerton considerano evidentemente ridicoli, come anarchici scoppiati a Washington, una confraternita musulmana nel Vermont, due registi introspettivi di New York. La sceneggiatura si appiattisce un po’ quando prende di mira anarchici e jihadisti, mentre dà il meglio di sé quando inquadra un intellettuale neonazista, forse troppo facile da colpire, che vorrebbe fare di Lilian la sua sposa bambina. Ma le provocazioni del film vanno oltre quanto dica la collezione di sacchi da boxe politici che allinea.
Beatrice Loayza, The New York Times

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1604 - 7 marzo 2025
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