La corte suprema degli Stati Uniti sarebbe pronta a cancellare le uniche tutele federali del diritto all’interruzione di gravidanza. La notizia è stata diffusa dal sito Politico, entrato in possesso di un documento riservato. “Riteniamo che le sentenze Roe e Casey debbano essere ribaltate”, si legge nel documento a proposito dei due precedenti – Roe contro Wade del 1973 e Planned Parenthood contro Casey del 1992 – che hanno stabilito il diritto costituzionale all’aborto fino alla 24a settimana di gestazione, cioè fino a quando il feto non ha possibilità di sopravvivere fuori dall’utero. Negli Stati Uniti non esiste una legge federale sull’interruzione di gravidanza, quindi se la sentenza Roe dovesse essere ribaltata, il compito di legiferare in materia spetterebbe interamente ai parlamenti statali. Circa metà degli stati vorrebbe vietare o limitare fortemente l’accesso all’aborto, in molti casi attraverso norme che entrerebbero subito in vigore dopo l’annullamento della sentenza Roe. Di contro sedici stati hanno già leggi che proteggono in modo esplicito il diritto all’aborto. Altri stati governati dalla sinistra potrebbero approvare provvedimenti simili.

Negli ultimi dieci anni le restrizioni all’aborto sono aumentate costantemente, mentre i parlamentari statali (soprattutto quelli a maggioranza repubblicana) hanno cercato di spingere la corte suprema a esprimersi sulla sentenza del 1973. In sedici stati le leggi che vietano di abortire prima della 24a settimana sono state bloccate dai tribunali, mentre in altri ventuno sono in vigore divieti per le interruzioni di gravidanza tra la 20a e la 24a settimana.

A portare la questione alla corte suprema è stato il Mississippi, che nel 2018 ha approvato una norma che vieta l’interruzione di gravidanza dopo la 15 settimana. Il provvedimento è stato bloccato da un tribunale federale, e a quel punto lo stato si è rivolto al massimo organo della giustizia statunitense. Dal documento reso noto da Politico sembra che i giudici daranno ragione al Mississippi, cancellando di fatto le sentenze precedenti.

Dal duemila il Guttmacher Institute, un gruppo di ricerca che difende il diritto all’aborto, valuta il livello di ostilità o di permissività di ogni stato rispetto all’interruzione di gravidanza. I suoi rapporti dimostrano una chiara tendenza dei governi statali ad assumere posizioni sempre più estreme in un senso o nell’altro, segno di una crescente spaccatura politica tra progressisti e conservatori. Più di metà di tutte le restrizioni in vigore nel paese sono state decise dopo il 2001, con una concentrazione maggiore nel sud e nel Midwest. Il numero di misure introdotte per proteggere il diritto di scelta delle donne è largamente inferiore a quello delle misure per limitarlo.

Questa tendenza si è consolidata nell’ultimo decennio, ed è culminata nella nomina di Amy Coney Barrett a giudice della corte suprema, nel 2020. Barrett ha sostituito la giudice progressista Ruth Bader Ginsburg, rafforzando la maggioranza conservatrice e incoraggiando gli attivisti che da tempo chiedevano di cancellare la sentenza Roe. Nel 2021 sono state approvate più restrizioni che nei tre anni precedenti. Nel 2022 gli stati conservatori hanno votato una serie di leggi che non prevedono eccezioni nemmeno in caso di stupro. “In alcuni stati sono state introdotte tante di quelle limitazioni che l’aborto è già di fatto impossibile”, dice Elizabeth Nash del Guttmacher Institute. Nash sostiene che limitare le interruzioni di gravidanza rafforza gli ostacoli logistici e finanziari per le categorie più emarginate, come le minoranze etniche, le persone con redditi bassi e gli abitanti delle aree rurali. Ulteriori restrizioni colpirebbero soprattutto queste persone. “Chi ha più risorse e privilegi troverà comunque il modo di ottenere l’assistenza di cui ha bisogno”, spiega Nash. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1459 di Internazionale, a pagina 29. Compra questo numero | Abbonati