Editoriali

Il Sudan resiste sotto le bombe

Per quanto sia difficile da credere, la sete di potere può spingere certi uomini a bombardare la capitale del loro paese. In Sudan dal 15 aprile due generali usano Khartoum, le sue strade e i suoi mercati per una sanguinosa lotta di potere. Il generale Abdel Fattah al Burhan, al comando dell’esercito regolare, si scontra con il suo vecchio alleato, Mohamed Hamdan Dagalo “Hemetti”, capo di un gruppo paramilitare che si è rivoltato contro la giunta al potere. Nessuno dei due sembra preoccuparsi delle persone che vivono nel raggio d’azione dei loro cannoni, aerei, jeep e soldati.

Oltre al rischio di essere colpiti dai proiettili o dalle bombe, gli abitanti di alcuni quartieri di Khartoum provano una sofferenza continua. Non c’è più acqua corrente né elettricità, mentre le temperature si avvicinano ai quaranta gradi. I negozi non hanno più niente da vendere e, in ogni caso, uscire di casa per raggiungerli è molto pericoloso.

I due generali avevano già visto scorrere il sangue dei civili. Nel 2019 i manifestanti sudanesi avevano pagato con la vita il loro sostegno alla democrazia. La rivolta si era conclusa con un bilancio di quasi 250 morti e più di 1.200 feriti, in gran parte vittime di un violento assalto contro un sit-in a Khartoum all’inizio di giugno. Gli stessi generali che oggi si contendono il paese sono accusati di aver ordinato la repressione di quelle proteste.

Il movimento pacifista era riuscito a far cadere il dittatore Omar al Bashir. Ricordiamo ancora, tra la folla, la figura di Alaa Salah, una studente vestita di bianco che dal tettuccio di un’auto incitava i manifestanti con le sue canzoni. Davanti alla determinazione dei sudanesi, i generali avevano deciso di abbandonare Al Bashir, ma solo per prenderne più facilmente il posto, con il sostegno degli stati vicini.

Cosa fanno oggi l’Egitto, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti per calmare i loro protetti, dopo averli guidati e aiutati ad accumulare potere e armi? In questi anni il movimento per la democrazia è rimasto forte, nonostante il golpe militare nel 2021.

Nell’indifferenza mondiale, i sudanesi hanno continuato a protestare e a scendere in piazza per chiedere un governo civile. Ancora oggi, sotto le bombe e tra i proiettili, qualcuno conserva la speranza e sogna una mediazione tra i generali. Il coraggio e lo spirito di sacrificio di questi uomini e di queste donne riusciranno a farli ragionare? ◆ as

Il prezzo del nostro divertimento

Lo sciopero degli sceneggiatori statunitensi può sembrare lontano dalle nostre preoccupazioni quotidiane. Inoltre avrà pochi effetti immediati: le case di produzione hanno da parte abbastanza sceneggiature già pronte, e possono sempre tirare fuori la carta di credito per rifornirsi nel resto del mondo.

Ma questa vicenda ci ricorda fino a che punto l’intrattenimento di massa costituisce un’industria complessa, al di là delle stelle davanti agli obiettivi. Le serie, diventate il bulldozer mondiale della cultura pop, dipendono da migliaia di autori che si sentono sempre più precari. La Writers guild of America (Wga), il sindacato degli sceneggiatori non chiede solo l’estensione dei diritti d’autore sull’uso delle loro opere sulle piattaforme, ma anche modalità d’impiego fisse, che ricordano l’epoca lontana degli studios. Certo, è una strategia, ma quando la Wga sottolinea che non ci sono mai stati tanti autori retribuiti con il salario minimo, e alcuni non arrivano neanche a quello, esprime un malessere che è cresciuto nel corso degli anni. Per quanto possa sembrare paradossale, l’accorciamento delle stagioni delle serie ha indebolito la posizione degli sceneggiatori, che sono impegnati per meno tempo. E questo nonostante la produzione sia letteralmente esplosa.

È qui il nocciolo del conflitto. Per saziare la fame degli spettatori, gli studi cinematografici e le piattaforme spendono somme vertiginose: nel 2022 Netflix ha superato i 20 miliardi, mentre Disney è andata oltre i 33 miliardi.

In questo enorme ingranaggio capitalistico audiovisivo, lo sciopero degli sceneggiatori ci ricorda che le nostre evasioni, le nostre risate e i nostri turbamenti davanti allo schermo hanno un prezzo anche per i loro creatori che vivono nell’ombra. ◆ as

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1510 - 5 maggio 2023
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