Editoriali

I migranti non sono i barbari

Ora ne abbiamo la conferma. L’approccio brutale dell’estrema destra alla questione dei migranti non è una soluzione magica al problema. La presidente del consiglio italiana Giorgia Meloni ha vinto le elezioni promettendo di mettere fine agli sbarchi, ma è stata travolta dalla realtà. Dall’ottobre del 2022, data d’inizio del suo governo, il numero di migranti approdati sulle coste italiane è decuplicato. A complicare la situazione c’è il fatto che il governo di Berlino, alle prese con polemiche xenofobe, ha sospeso l’accoglienza volontaria dei richiedenti asilo provenienti dall’Italia.

La pressione migratoria illegale sta crescendo anche in Germania, attraverso le frontiere con la Repubblica Ceca e la Polonia. Solo la costa spagnola resta relativamente tranquilla, grazie alla nuova relazione di “amicizia” di Madrid con il Marocco. Ma la tendenza è comunque a un aumento degli arrivi, e la maggior parte dei migranti continuerà a seguire la rotta centrale del Mediterraneo, verso l’Italia, anche se è molto pericolosa.

Non serve ripetere le motivazioni che spingono le persone a partire dall’Africa. Alle ragioni di sempre oggi si aggiungono anche gli effetti del riscaldamento globale. Nei giorni in cui l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha aperto la stagione dei dibattiti sul clima, la Libia ci ha ricordato le possibili conseguenze di quello che succede nei paesi dove la violenza e la corruzione (in alcuni casi finanziate con i soldi europei) si combinano con gli effetti del cambiamento climatico. La questione non è limitata solo alla Libia. In buona parte del Sahel l’instabilità, i colpi di stato e la mancanza d’acqua spingono milioni di persone a lasciare le loro case. In Somalia la siccità ha raggiunto proporzioni drammatiche.

Il problema dell’Europa è che nessuno può entrare in maniera legale, anche se abbiamo bisogno di queste persone. È incredibile che l’Unione non abbia messo a punto un meccanismo per concedere dei permessi di soggiorno nei paesi d’origine e offrire contratti di lavoro regolari in quelli di destinazione. Visto che trattare i migranti come barbari non è servito a fermarne l’arrivo, forse trattarli come persone ci permetterebbe di risolvere un problema e di creare un’opportunità. ◆ as

Obiettivi possibili per il clima

Il 18 settembre, riconoscendo che il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile procede a rilento, le Nazioni Unite hanno rinnovato all’unanimità il loro impegno con una dichiarazione preparata dall’Irlanda e dal Qatar. “Siamo a metà del percorso verso la scadenza del 2030”, ha detto il primo ministro irlandese Leo Varadkar, “e non siamo dove vorremmo essere”. Secondo Varadkar gli obiettivi dell’agenda 2030, fissati nel 2015, possono ancora essere raggiunti. Invece per il segretario generale dell’Onu António Guterres gli sforzi dei paesi più ricchi sono insufficienti.

Al ritmo attuale si completerebbe solo il 15 per cento dei 17 obiettivi pensati per mettere fine alla povertà estrema e alla fame, proteggere l’ambiente e cancellare la disuguaglianza di genere. In otto campi – tra cui la riduzione delle emissioni dei gas serra – si registrano addirittura dei passi indietro. Il mondo si era impegnato a garantire che nel 2030 più nessuno avrebbe sofferto la fame, che oggi però è a livelli che non si registravano dal 2005. Secondo le previsioni, nel 2030 le persone affamate saranno seicento milioni. Mezzo miliardo resterà in stato di povertà, mentre cento milioni di bambini non andranno la scuola. Per quanto riguarda la disuguaglianza di genere, servirebbero 286 anni per eliminare il divario nella protezione legale tra uomini e donne e rimuovere le leggi discriminatorie.

La povertà alimentare è una priorità di sviluppo per l’Irlanda, che quest’anno darà almeno 284 milioni di euro ai programmi per l’agricoltura, la distribuzione di viveri e la lotta alla malnutrizione. La dichiarazione propone un impegno internazionale annuale da 480 miliardi di euro per realizzare gli obiettivi dell’Onu, oltre a una ricapitalizzazione delle banche di sviluppo multilaterale e a una revisione dell’“architettura finanziaria internazionale” destinate a ridurre il debito. ◆ as

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1530 - 22 settembre 2023
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