Editoriali

Il tradimento di Londra sul clima

In un universo alternativo, la scorsa settimana il premier britannico Rishi Sunak si sarebbe presentato all’assemblea generale dell’Onu per promuovere il ruolo guida di Londra nella lotta al cambiamento climatico. Invece è rimasto a casa per pronunciare un discorso in cui ha promesso “un approccio più pragmatico” alla transizione verde, “in modo da ridurne il peso per i lavoratori”. In realtà si tratta di un indebolimento di politiche cruciali che avrebbero dovuto portare il Regno Unito ad azzerare le emissioni nette di anidride carbonica entro il 2050. Il divieto di vendere auto nuove alimentate a benzina e diesel è stato rinviato dal 2030 al 2035, ci sarà più tempo per passare dalle caldaie a gas alle pompe di calore e sono state cancellate le regole per imporre una maggiore efficienza energetica degli immobili.

Sunak ha dichiarato che se il governo avesse insistito con le misure precedenti, “avrebbe rischiato di perdere il consenso della popolazione”. Nel contesto di un aumento del costo della vita, chi guida il paese ha il compito di alleggerirne il peso sulla popolazione. E il miglior modo di farlo è fornire assistenza a chi è più vulnerabile. I costi delle misure ambientali vanno distribuiti in maniera proporzionale e progressiva, e le politiche devono essere studiate, comunicate e applicate adeguatamente.

Molti partiti europei, soprattutto a destra, stanno andando nella stessa direzione del governo britannico. Però in passato il Regno Unito era stato la prima grande economia a porsi l’obiettivo di azzerare le emissioni entro il 2050. Rinunciare a questo primato morale offre una giustificazione agli altri grandi paesi per rallentare gli sforzi e rende più difficile convincere i paesi meno industrializzati a fare ciò che serve.

Il premier conservatore ritiene che presentarsi come l’uomo che ha alleviato l’impatto a breve termine delle misure climatiche sulle famiglie sia un buon modo per differenziarsi dall’opposizione laburista. Ma esercitare una vera leadership significa riuscire a mantenere il sostegno degli elettori superando le sfide del presente e approfittando della transizione verde per alimentare la crescita e l’innovazione. Solo così, e non certo rinnegando gli impegni climatici, Sunak potrebbe dimostrare di meritare una conferma alle prossime elezioni. ◆ as

La ferita aperta di Abu Ghraib

Sono passati vent’anni dall’inizio degli abusi e delle torture commessi dall’esercito statunitensi sugli uomini rinchiusi ad Abu Ghraib, in Iraq. All’epoca il racconto di quello che succedeva in quella prigione si diffuse rapidamente, ma fu solo dopo la pubblicazione di alcune foto raccapriccianti, nel 2004, che si capì la vera portata del problema. Un detenuto era stato fotografato nudo, incappucciato e collegato a fili elettrici.

Il segretario della difesa Donald Rumsfeld parlò di “mele marce” e disse che i prigionieri iracheni sarebbero stati risarciti. Ma un recente rapporto di Human rights watch indica che Wash­ington non ha mai versato risarcimenti alle vittime delle torture avvenute ad Abu Ghraib e in altre prigioni statunitensi in Iraq. Migliaia di uomini, donne e bambini furono incarcerati dai soldati statunitensi. Secondo un rapporto del Comitato internazionale della Croce rossa basato sulle stime dei servizi segreti statunitensi, tra il 70 e il 90 per cento delle persone detenute nel 2003 erano state arrestate per errore.

Lo scandalo di Abu Ghraib continua a macchiare la reputazione degli Stati Uniti. Oggi l’occidente presenta la sua rivalità con Pechino per il ruolo di leader globale in termini di superiorità morale. Ma a uno sguardo cinico, influenzato dai ricordi di quello che è successo in Iraq, non c’è motivo per fidarsi degli Stati Uniti finché continueranno a rifiutare di affrontare i fatti.

Nel 2022 il Pentagono ha pubblicato un piano d’azione per ridurre i danni ai civili nelle operazioni militari. È una buona notizia, ma il progetto non prevede un meccanismo di compensazione per le azioni passate. I risarcimenti, come forma di assunzione di responsabilità, potrebbero aiutare a evitare crimini futuri e a rimediare ai danni alla reputazione degli Stati Uniti. Ma soprattutto rappresenterebbero un piccolo passo verso la giustizia per i detenuti, che aspettano da vent’anni. ◆ as

Altro da questo numero
1531 - 29 settembre 2023
Abbonati a Internazionale per leggere l’articolo.
Gli abbonati hanno accesso a tutti gli articoli, i video e i reportage pubblicati sul sito.
Sostieni Internazionale
Vogliamo garantire un’informazione di qualità anche online. Con il tuo contributo potremo tenere il sito di Internazionale libero e accessibile a tutti.