Di fronte alla crisi della democrazia e alla frustrazione politica di un numero crescente di persone che non sentono più di essere rappresentate (in Italia e non solo), è forse utile riflettere su quando questa crisi è cominciata e su come la frustrazione si è accumulata.

Qualche risposta interessante la dà questo breve saggio scritto nel 1981 dallo storico, sociologo e critico statunitense che un paio d’anni prima aveva pubblicato La cultura del narcisismo (ristampato da Neri Pozza nel 2020): analisi impietosa della lunga genealogia di quel “ripiegamento su di sé” che stava cominciando a caratterizzare l’ultimo ventennio del novecento.

In quest’altro testo Lasch si concentra su uno snodo importante del processo degenerativo: la convinzione di una parte importante della sinistra (i suoi bersagli sono gli intellettuali statunitensi, ma sarebbe facile trovare corrispettivi italiani) per cui la cultura di massa è di per sé liberatoria e democratizzante, mentre a suo modo di vedere costituisce una macchina per minare sistematicamente “la possibilità stessa della comunicazione, rendendo sempre più anacronistico il concetto di opinione pubblica”.

Alcuni testi in appendice scritti da un allievo francese di Lasch, Jean-Claude Michéa, permettono di comprendere meglio altri aspetti del pensiero dell’autore. Un’appassionata prefazione di Vittorio Giacopini ne sottolinea la forte attualità. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1480 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati