Cosa accomuna le vite di Galileo, Van Gogh e Primo Levi? Secondo questa triplice biografia centrata su alcuni momenti di svolta, due cose: la ricerca di un nuovo linguaggio (scritto o figurato) più accessibile a tutti e la capacità di “imparare attraverso la continua verifica dell’esperienza”. Il primo vede attraverso il cannocchiale cose incompatibili con il sistema tolemaico e ne vuole parlare in lingua volgare. Il secondo cerca di produrre un’arte per il popolo capace di raffigurare la realtà materiale della natura. Il terzo, dopo aver deciso di non raccontare più la sua esperienza nei campi, si trova di fronte al problema del ruolo dei prigionieri nello sterminio e decide di analizzarlo fino in fondo. Tutti e tre sono costretti a vivere la sofferenza di non essere creduti, di essere considerati incapaci di separare l’illusione dalla realtà, ma continuano a difendere la visione (del mondo, della natura, della storia) a cui sono arrivati soffrendo la solitudine e non facendo compromessi. Lo storico della scienza Massimo Bucciantini descrive i tre percorsi come altrettante ricerche di nuovi paradigmi inauditi, come delle sfide compiute da uomini che alla fine, a volte dopo la loro morte, furono riconosciuti come “artefici di mondi che prima non esistevano”, come persone che “hanno fatto diventare reale quello che non c’era”. ◆

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1502 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati