Mentre il conflitto palestinese-israeliano tocca picchi di violenza inediti è opportuno ricordare cosa succedeva prima, quando si combatteva a un’intensità più bassa, tra una guerra e l’altra. Per farlo è utile questa ricerca di Eyal Weizman, architetto e animatore del sito forensic-architecture.org, che ricostruisce in modo accurato episodi di violazione dei diritti umani soffermandosi sulla trasformazione dei territori occupati dopo il 1967. Racconta in modo chiaro i modi in cui “le diverse forme dell’occupazione israeliana si sono impresse nello spazio”con la costruzione progressiva di una “frontiera elastica” che variando ha registrato fedelmente le battaglie politiche e legali che le scoppiavano intorno e l’elaborazione di tecnologie che sono state al tempo stesso strumenti di occupazione coloniale e di divisione. Emerge che l’organizzazione dello spazio nei territori palestinesi non è stata decisa da una gestione razionale univoca, ma attraverso un “caos strutturato” che ha favorito un processo di appropriazione violenta da parte di Israele tramite la creazione di condizioni “troppo complesse e illogiche per poter attuare una separazione territoriale definitiva”. Questa politica riserva allo stato israeliano il monopolio del potere di sbrogliare la matassa che lui stesso ha prodotto. Fino all’esplosione successiva. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1535 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati