Nel suo primo film, The witch, costato quattro milioni di dollari, Robert Eggers aveva tratteggiato una battaglia tra il puritanesimo e l’occulto nel New England del seicento, scritta interamente nell’inglese dell’epoca dei Tudor. A quel film è seguito The lighthouse, un incubo surrealista di sopravvivenza, intriso di sale marino e gergo marinaresco. È su questo genere di regie che si costruiscono i film d’autore di culto. Ma solitamente non sono queste le opere che spingono gli studios di Holly­wood a investire su un regista.

E invece The northman, l’ambizioso e folle terzo film di Eggers, un racconto di vendetta vichinga, brutale, che affonda le sue radici nella leggenda scandinava di Amleth, anche se è costato molto più di The witch e The lighthouse messi insieme, non ha fatto pagare un prezzo eccessivo alla sensibilità artistica di Eggers.

Amleto, il vichingo

Guidato da un imponente Alexander Skarsgård nei panni di un principe islandese esiliato che vuole vendicare l’omicidio di suo padre e riprendersi il suo regno, il film ha tutto il sangue e i muscoli che si associano a questo genere, più un sontuoso cast che include Nicole Kidman nel ruolo della madre di Amleth, Ethan Hawke in quello del padre, Anya Taylor-Joy (che ha esordito proprio in The witch), Claes Bang e Willem Dafoe. C’è anche un cameo di Björk. Eppure il ricco idioma storico del film, la spiritualità dilagante e l’eroismo ambiguo fanno sentire la mano di Eggers più di quanto il budget da blockbuster (settanta milioni di dollari, dice il regista) può suggerire.

Allontanarsi dal cinema indipendente non ha significato solo gestire set più grandi, un cast più numeroso e maggiori sfide pratiche, ma anche cedere il controllo allo studio sul montaggio finale del film. Un recente articolo del New Yorker su Eggers ha raccontato quello che sembra essere stato un complicato processo di post-produzione, con alcune resistenze da parte dei finanziatori e del pubblico delle proiezioni di prova. Oggi Eggers ammette di essere “frustrato” dalla narrazione emersa da quell’articolo; in realtà, dice, c’è stato uno scambio di vedute che è risultato piuttosto costruttivo.

In generale la produzione ha assecondato le idiosincrasie di Eggers, permettendogli di lavorare con i suoi collaboratori abituali, come il direttore della fotografia Jarin Blaschke. La tendenza di Eggers e Blaschke a fare delle riprese lunghe e accuratamente pianificate, evitando le seconde unità, si traduce in un’estetica elaborata e in un approccio visivo immersivo e coinvolgente, che si vede raramente nei film d’azione di oggi.

Robert Eggers (Chris Young, THE CANADIAN PRESS/Alamy)

“Per i miei primi film sono stati fatti dei test di mercato, ma non ho dovuto cambiare nulla dopo le anteprime. Quindi le pressioni della produzione sono state una novità. E per quanto non siano qualcosa che può piacere, ho comunque imparato qualcosa. In ogni caso questo è il film che volevo fare. È il mio director’s cut. E senza il confronto con la produzione non avrei potuto farlo”.

I film precedenti, nonostante le loro oscure eccentricità, erano piuttosto lineari, avvincenti e spesso molto divertenti. L’intrattenimento non sembra una forzatura artistica, nel suo caso. Ma Eggers è un regista che si preoccupa tanto del modo in cui le sue storie sono raccontate – e della lingua singolare e spesso arcaica con cui sono scritte – quanto della storia stessa. The northman è diverso dalla maggior parte dei film per il grande pubblico sul viaggio dell’eroe: la sua bussola morale continua a girare, mentre il valore e il senso della missione di vendetta del principe Amleth sono rimessi costantemente in discussione. È lo stesso mito dell’Amleto di William Shakespeare, una figura altrettanto conflittuale: Eggers, figlio di un professore di letteratura, era più attratto da questa complessità psicologica che dall’iconografia guerriera della storia.

Anche se Conan il barbaro è stato uno dei film preferiti della sua infanzia, non è questo il tipo di pellicola che Eggers avrebbe mai immaginato di girare. “Sono scioccato dall’aver fatto un film così macho”, dice, prima di ammettere che il suo interesse per la storia e il passato non si era, fino a poco tempo fa, spinto fino ai vichinghi. “Gli stereotipi sulla cultura vichinga, insieme all’appropriazione indebita da parte della destra, mi avevano reso un po’ allergico a quel mondo, che non avevo mai voluto esplorare”.

The northman (Focus Features)

Viaggio in Islanda

Questo atteggiamento è cambiato durante una vacanza in Islanda: “I paesaggi sono stimolanti, epici e ancestrali. Sono stati proprio quelli che mi hanno spinto a occuparmi di saghe islandesi”. Mentre era lì, un amico comune ha organizzato un incontro con Björk. Lei a sua volta gli ha presentato il poeta e scrittore islandese Sjón (“Un gigante della letteratura”, dice Eggers), che recentemente ha sceneggiato il film folk-horror Lamb insieme al regista Valdimar Jóhannsson.

Quel viaggio ha fatto nascere l’idea di un film sui vichinghi. Anni dopo, a pranzo con Skarsgård, ha saputo della sua ambizione di realizzare un’epopea vichinga con il produttore Lars Knudsen. I puntini si sono uniti. E quando il progetto ha cominciato a prendere forma, Eggers ha deciso che aveva bisogno di un cosceneggiatore islandese. Sjón è stata la sua prima scelta. “Anche l’islandese più allergico ai vichinghi sa quali sono i personaggi della saga, ha una diretta affinità con loro, e molti islandesi credono ancora negli spiriti della terra e nelle fate”.

In tutti i film di Eggers il mondo fisico e quello spirituale appaiono strettamente e materialmente connessi, vicini, fino al punto di una sovrapposizione disorientante; l’intensa visione del Valhalla chiama a sé Amleth per tutto The northman, come un aldilà che non è né messo in discussione né idealizzato. Eggers sembra ancora un po’ stupito di essere riuscito a convincere uno studio a investire nella sua idea metafisica (anche se violentissima) di epopea vichinga.

La casa di produzione New Regency aveva lavorato con Eggers su The light­house ed era pronta a investire su di lui. “Io e Sjón avevamo già una buona versione della sceneggiatura e sembrava esserci un interesse per le storie vichinghe. E quindi il progetto non è sembrato così irresponsabile”.

Non si sa ancora se The northman sarà un successo, ma sembra un film costruito per durare. E ha dato a Eggers il gusto di grandi tele su cui dipingere le sue idee più grandiose, anche se preferirebbe continuare a realizzare progetti indipendenti: “Voglio fare qualcosa di più piccolo, e non solo per la pressione e la fatica”, dice. “Ma perché girando The northman, un’opera gigantesca per i miei standard, ho imparato molto. E finalmente mi sembra di sapere come si fa un film”. ◆ ff

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Questo articolo è uscito sul numero 1456 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati