Durante i primi cento giorni della brutale invasione russa dell’Ucraina, l’Europa ha dato il suo sostegno a Kiev senza esitazioni. Ora, però, questa fase della politica europea comincia a svanire, o almeno questa è la preoccupante realtà che emerge da un sondaggio commissionato dal Consiglio europeo per le relazioni esterne (Ecfr, un centro studi diretto da uno degli autori di quest’articolo). Le crisi di governo che stanno scuotendo la Bulgaria e l’Estonia sono i primi segnali del fatto che l’unità raggiunta nei primi giorni della guerra è sotto pressione e non può più essere data per scontata. Anche perché nel frattempo le manovre della Russia per destabilizzare la politica interna dei paesi europei sono tornate a funzionare a pieno regime. Di conseguenza la prospettiva di una guerra prolungata porta con sé il rischio di una spaccatura delle società europee e forse anche della stessa Unione europea.

I cittadini sono determinati a difendere il loro stile di vita, ma non condividono del tutto il trionfalismo dei governi, secondo i quali la vittoria sarebbe dietro l’angolo. Per mantenere l’unità, i leader europei dovrebbero essere disposti a cambiare tono e, pur continuando ad armare l’Ucraina e a sanzionare la Russia, dovrebbero considerare anche le preoccupazioni di chi teme una guerra più devastante o le conseguenze economiche dello scontro con Mosca.

I legami che hanno tenuto insieme l’Europa dopo l’invasione russa sono ancora solidi. Tre europei su quattro credono che la colpa della guerra sia della Russia, mentre due europei su tre considerano il Cremlino il principale ostacolo sulla via della pace. La maggior parte dei cittadini europei condivide il sostegno all’Ucraina – sotto forma di aiuti economici, invio di armi, accoglienza dei rifugiati e appoggio all’ingresso di Kiev nell’Unione – e anche il mantenimento di una posizione dura nei confronti di Mosca, con sanzioni economiche, l’invio di truppe al confine orientale e il blocco delle importazioni di petrolio e gas.

I pericoli per l’unità, invece, arrivano da idee divergenti sulla strada da prendere. Le dichiarazioni pubbliche dei leader europei fanno sembrare semplice la questione: l’Ucraina deve vincere e toccherà agli ucraini decidere quando interrompere l’azione militare e accettare i termini della pace.

Tuttavia il sondaggio dell’Ecfr evidenzia una spaccatura crescente tra il campo “pacifista” – che vorrebbe un intervento dell’Europa per mettere fine al conflitto il più presto possibile, anche se questo dovesse voler dire spingere Kiev a fare delle concessioni – e il campo “della giustizia”, secondo cui la Russia deve pagare per l’invasione e bisogna assolutamente ripristinare l’integrità territoriale dell’Ucraina, anche a costo di prolungare la guerra.

Nei dieci paesi presi in esame dal sondaggio, il 35 per cento degli intervistati si posiziona nel campo pacifista, mentre il 22 per cento in quello della giustizia. Gli altri sono indecisi o non hanno risposto. Il campo pacifista non è uno schieramento filorusso, anche se alcune persone che ne fanno parte si considerano vicine a Mosca e ostili agli Stati Uniti: la maggioranza del gruppo, comunque, vorrebbe una vittoria dell’Ucraina e sostiene le sanzioni contro Mosca. Il sondaggio, su questo punto, suggerisce che la rottura tra l’Unione europea e la Russia sia irreversibile, almeno nel breve e medio periodo.

Gli europei non pensano più che la Russia sia un paese amico né sognano d’integrarla nelle strutture o nella comunità politica del continente. Al contrario, sembrano prefigurare un mondo in cui l’Europa si separi definitivamente da Mosca. I due fronti, però, mantengono posizioni radicalmente diverse sull’aumento della spesa militare. La maggior parte degli appartenenti al campo della giustizia (53 per cento) sostiene la scelta di aumentarla, anche se questo significasse investire meno in settori come la sanità, l’istruzione e la lotta contro il crimine. Solo il 29 per cento è contrario. Nel campo pacifista, invece, le proporzioni sono ribaltate: il 29 per cento è favorevole ad alzare la spesa per la difesa, mentre il 51 per cento è contrario.

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La situazione sul terreno
fonte: financial times, liveuamap

La separazione tra questi due schieramenti si ripresenta in ogni paese, ma con proporzioni diverse. Per questo l’Ecfr teme che le divergenze possano compromettere l’unità europea. Tra i paesi presi in esame la Polonia è l’unico in cui il campo della giustizia è maggioritario. In generale è evidente che i polacchi si considerano già coinvolti nella guerra, mentre tutti gli altri vorrebbero tenersene fuori. Gli abitanti degli stati baltici e di altri paesi dell’Europa orientale potrebbero avere opinioni molto simili a quelle dei polacchi, ma non sono stati presi in considerazione nel sondaggio.

In ogni caso la guerra in Ucraina non sta semplicemente dividendo l’Europa lungo la direttrice est-ovest, com’era già successo durante la crisi dei rifugiati del 2015. In Romania, per esempio, il campo pacifista è paragonabile a quello della Germania (42 per cento contro 49 per cento). Inoltre, nonostante la guerra abbia alimentato la paura in tutto il continente, i timori non sono gli stessi ovunque.

I due temi che preoccupano di più gli europei sono il costo della vita (a cominciare dal prezzo dell’energia) e la minaccia russa di usare le armi atomiche. La preoccupazione per questi due problemi si registra in tutti i paesi, ma con alcune differenze. Quando si parla dell’impatto della guerra sul costo della vita e sulle bollette dell’energia, i cittadini di Portogallo, Italia e Francia sono i più preoccupati, mentre quelli di Svezia, Polonia e Romania sono i più indifferenti. Svedesi, finlandesi e francesi temono soprattutto gli attacchi informatici del Cremlino. Le persone che vivono a poca distanza dal confine con la Russia – in Finlandia, Polonia, Romania e Svezia – sono le più allarmate per la minaccia di una manovra militare contro i loro paesi. Una possibile spiegazione è che i vicini della Russia temono l’occupazione e le sue conseguenze, mentre gli altri stati sono preoccupati dal rischio di un attacco nucleare.

La sfida più grande

Quali sono le conclusioni del sondaggio sulle prospettive della guerra? Forse la sfida più grande per l’Ucraina e i suoi sostenitori è evitare che il mondo si stanchi di questo conflitto, come ha sottolineato a maggio il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj in occasione del Forum economico mondiale di Davos, in Svizzera. È un compito molto difficile. Gli europei, infatti, si stanno già stancando, e la loro solidarietà potrebbe affievolirsi.

Da sapere
Anche Lysyčansk in mani russe

◆Una settimana dopo la perdita di Severodonetsk, il 3 luglio le truppe ucraine hanno ricevuto l’ordine di abbandonare anche la città di Lysyčansk e i villaggi circostanti. Le forze russe hanno così ottenuto il controllo dell’intera regione di Luhansk. Il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato che ora l’“operazione speciale” si concentrerà sulla “liberazione” di tutta la regione di Donetsk. Il prossimo obiettivo dell’offensiva potrebbe essere Sloviansk. L’artiglieria russa ha già bombardato la città e il trasferimento dei civili è cominciato.

◆Nonostante le sconfitte nel Donbass, il governo ucraino si dice convinto di poter presto ribaltare le sorti del conflitto grazie agli aiuti militari occidentali. L’impiego dei sistemi di artiglieria a lungo raggio forniti dai paesi della Nato sta già cominciando a dare risultati concreti: il 30 giugno la Russia ha annunciato di aver ritirato le sue forze dall’isola dei Serpenti, occupata all’inizio della guerra. Mosca sostiene che si sia trattato di un gesto di buona volontà per favorire la ripresa delle esportazioni di grano via mare, ma secondo gli analisti militari difendere l’isola era diventato impossibile. Inoltre, le forze ucraine hanno usato i lanciarazzi statunitensi Himars per colpire diversi depositi di munizioni a Donetsk e a Melitopol. Mosca ha accusato l’Ucraina di aver bombardato anche la città russa di Belgorod, provocando diverse vittime civili.

◆Il 5 luglio i trenta paesi della Nato hanno formalmente approvato la richiesta di adesione di Finlandia e Svezia. Per completare la procedura serve la ratifica da parte dei parlamenti nazionali. Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha avvertito che potrebbe bloccarla se Helsinki e Stoccolma non rispetteranno l’accordo raggiunto a Madrid il 28 giugno.

◆L’ambasciatore ucraino in Turchia ha reso noto che il 4 luglio su richiesta di Kiev le autorità turche hanno fermato nel mar Nero una nave da carico russa, sospettata di trasportare grano rubato nelle aree sotto occupazione. Reuters


Il numero di persone convinte che il proprio governo presti troppa attenzione alla guerra a scapito di altri problemi sociali ed economici è alto in tutti i paesi presi in esame. In tal senso è significativo che questo numero sia particolarmente consistente negli stati vicini alla linea del fronte, come la Polonia e la Romania.

L’opinione pubblica europea ha apprezzato la compattezza dell’Unione di fronte alla guerra scatenata dalla Russia. Ora tocca ai leader politici sostenere questa unità e agire per scongiurare il rischio crescente di una stanchezza dell’opinione pubblica. Allo stesso tempo i governi devono provare a colmare il divario tra l’Ucraina (dove il campo pacifista è invisibile) e la maggior parte dei paesi europei (dove rappresenta la maggioranza relativa o assoluta). Le prossime settimane saranno decisive.

Il sondaggio indica che tutti gli europei sono pronti a lottare per i loro valori, ma anche che molti considerano lo scontro con la Russia una guerra esclusivamente difensiva. Anche se sono pronti a fare sacrifici, gli europei puniranno i leader politici per ogni azione imprudente.

Nelle prime settimane di guerra i paesi dell’Europa centrale e orientale hanno ritenuto che la loro posizione ostile verso la Russia si fosse dimostrata pienamente giustificata, e di conseguenza la loro fermezza e la loro influenza all’interno dell’Unione europea sono cresciute.

Tuttavia i leader dell’Europa orientale che considerano (giustamente) l’aggressione russa una minaccia all’esistenza dei loro paesi dovrebbero anche comprendere l’umore nelle capitali occidentali ed evitare di rivendicare un’indiscutibile superiorità morale.

Per mantenere l’unità, i politici europei non hanno bisogno di cambiare linea, ma dovrebbero presentare il sostegno militare a Kiev come un modo per difendere l’Ucraina dall’aggressore e non come uno strumento per sconfiggere la Russia, soprattutto quando la definizione di sconfitta non è chiara.

È ancora possibile che la guerra in Ucraina contribuisca a creare un’Unione europea più forte dal punto di vista militare, ma il sondaggio dell’Ecfr indica che nell’opinione pubblica il sostegno a un aumento della spesa per la difesa è più basso di quanto potrebbe sembrare osservando il dibattito politico.

Forse il segnale più preoccupante emerso dallo studio è che la maggior parte degli europei considera l’Unione uno dei principali “sconfitti” della guerra, invece di vedere nella relativa unità del blocco la dimostrazione di una forza ritrovata.

Se i leader europei riusciranno a preservare l’ampio fronte che hanno mantenuto fino a questo momento, e se i governi lavoreranno insieme invece di cercare di sfruttare le divisioni, è possibile che dalle ombre di questa guerra emerga un’Europa più forte e incisiva. ◆ gim

Mark Leonard è il direttore del Consiglio europeo per le relazioni esterne (Ecfr).

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Questo articolo è uscito sul numero 1468 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati