Sono le 9.30 di mattina e vi sentite un po’ giù. Avete da poco finito un ciclo di antibiotici e sapete che i microbi intestinali hanno subìto un duro colpo. Prendete una pillola e uscite sicuri che, mentre le comunità microscopiche dell’intestino ci metteranno un po’ a riorganizzarsi, i loro benefici per la salute torneranno molto prima.

Benvenuti nel mondo dei postbiotici. Man mano che si accumulano prove sull’importanza del microbioma per la salute umana, cresce il desiderio di potenziarlo. Prima sono arrivati i probiotici, i batteri vivi che servono all’intestino. Poi i prebiotici, gli alimenti di cui questi microbi hanno bisogno. Ora a questo gruppo si aggiungono i postbiotici, un termine generico che descrive i batteri morti e i prodotti eliminati dai microbi vivi.

I postbiotici sono coinvolti nel rapporto tra il microbioma intestinale – l’insieme dei microrganismi come batteri, funghi e virus, e dei loro genomi – e la salute. “I post­biotici stanno suscitando un interesse crescente”, afferma Colin Hill, un microbiologo dell’University college di Cork, in Irlanda. Le riviste che parlano degli stili di vita e i negozi di alimenti naturali ne esaltano i benefici: da pelle e muscoli migliori all’arresto delle vampate di calore in menopausa fino alla prevenzione della diarrea.

Ma cosa sono esattamente i postbiotici? Come funzionano? E sono davvero la soluzione per la salute intestinale? Cominciamo con i centomila miliardi di batteri, funghi e virus che vivono all’interno e sul nostro corpo, soprattutto nell’intestino. Sappiamo che questo microbioma è collegato alla salute fisica e mentale. La relazione è reciprocamente vantaggiosa: in cambio di nutrimento e ospitalità, i microbi intestinali benefici sostengono il sistema immunitario, ci proteggono dai batteri cattivi e ci aiutano a digerire quello che mangiamo. Inoltre, influenzano i livelli di energia, alterano il modo in cui immagazziniamo il grasso e quello in cui rispondiamo agli ormoni che ci fanno sentire affamati o sazi, spiega Harriët Schellekens, un’altra scienziata dell’University college di Cork. Studi recenti suggeriscono che il microbioma influisce anche sul cervello e sul comportamento, e svolge un ruolo nell’invecchiamento.

I microbi intestinali, però, sono molto sensibili. L’equilibrio tra quello che vive nell’intestino e i benefici che dà è influenzato dalla dieta, dall’età e da dove viviamo, e può essere stravolto dallo stress o da farmaci come gli antibiotici e i chemioterapici. È qui che entrano in gioco i pre e i probiotici. Da decenni sono venduti come un mezzo per ripopolare l’intestino e mantenerlo sano ripristinando la diversità microbica. Il microbioma umano è anche un grande affare: nel 2021 il valore dell’industria dei probiotici è stato di quasi 60 miliardi di dollari, ed è in crescita.

Prebiotici e probiotici sono molto utili. L’assunzione di integratori probiotici può aiutare a ridurre gli attacchi di diarrea dopo un ciclo di antibiotici, contribuire a gestire problemi digestivi come la sindrome dell’intestino irritabile e può anche avere un modesto effetto sul rischio di prendere un raffreddore e sulla sua durata. Secondo l’Alliance for education on probiotic products, che pubblica un rapporto indipendente intitolato “Probiotics guide” (un elenco di integratori disponibili negli Stati Uniti e in Canada e il dosaggio consigliato in base agli studi condotti sugli esseri umani), è in parte dimostrato che gli integratori probiotici possono essere utili anche per la diarrea del viaggiatore, la stipsi, le infezioni da Helicobacter pylori e Clostridium difficile, la candidosi orale (o mughetto) e la mastite. L’uso di integratori prebiotici – che sono essenzialmente cibo per i batteri intestinali buoni – ha meno prove a suo sostegno. Ma le ricerche suggeriscono che la loro assunzione può regolare il desiderio di mangiare facendoci sentire più sazi e può migliorare l’assorbimento del calcio, che fa bene alle ossa.

Tuttavia i tentativi di migliorare il nostro microbioma con prebiotici e probiotici sollevano dei problemi. Per prima cosa, non sappiamo ancora esattamente di cosa si nutrono i microbi intestinali, e gli studi hanno dimostrato che i microbi vivi contenuti negli integratori non sempre sopravvivono al viaggio attraverso l’apparato digerente. In secondo luogo, ci sono i problemi che derivano dalla gestione dei microbi vivi: devono essere conservati con cura, perché molti sono sensibili al calore e all’umidità. Inoltre il dosaggio non è una scienza esatta, perché è difficile sapere quanti saranno vivi in ogni momento. Raramente i batteri probiotici vivi provocano malattie, ma a volte succede e può essere un problema serio per chi ha un sistema immunitario indebolito.

Una definizione discussa

A questo punto intervengono i postbiotici. Anche se la loro definizione esatta è discussa, sono generalmente considerati una di queste tre cose: microbi morti, più utili di quanto si possa immaginare; frammenti prodotti quando i microbi si disgregano; sostanze chimiche come enzimi, vitamine, polisaccaridi e acidi grassi a catena corta secreti dai microbi. Ognuno esercita il proprio effetto, a volte innescando interazioni con altre specie o, più spesso, interagendo direttamente con il corpo umano attraverso l’intestino.

Se il microbioma intestinale è come una farmacia naturale, i postbiotici sono i medicinali che dispensa. “I microbi sono fondamentali per la salute, anche solo per le cose incredibili che producono, cioè i postbiotici”, afferma Tim Spector del King’s college di Londra, nel Regno Unito.

Finora gran parte del lavoro per identificare e studiare le potenzialità dei postbiotici è stato fatto con la sperimentazione su cellule e animali, ma anche gli studi condotti sulle persone hanno dato risultati promettenti. Prendiamo gli acidi grassi a catena corta, cioè i metaboliti prodotti quando i microbi dell’intestino crasso consumano fibre non digeribili, come l’inulina presente nei porri, nelle banane e negli asparagi. Un acido grasso a catena corta chiamato butirrato sembra particolarmente utile: interagisce con le cellule immunitarie per mantenere il fragile equilibrio del nostro sistema immunitario tra il tollerare i batteri buoni e la reazione a qualsiasi batterio cattivo che provi a farsi strada nel corpo. La mancanza di butirrato è stata associata alle allergie alimentari. Alcune ricerche hanno dimostrato che nei primi anni di vita questo metabolita svolge un ruolo importante nello sviluppo delle tolleranze alimentari. Inoltre mantiene la parete intestinale forte, riducendo l’infiammazione che contribuisce all’obesità e alle malattie dell’intestino. Alcuni studi clinici suggeriscono che il butirrato può essere una terapia supplementare per la colite ulcerosa e che i clisteri che lo contengono possono curare la colite da diversione (che può verificarsi quando una parte dell’intestino è privata dei nutrienti dopo un intervento chirurgico).

C’è solo un problema: “Puzza come una scoreggia”, afferma Wojciech Feleszko, un immunologo pediatrico dell’università medica di Varsavia, in Polonia. Assumere il butirrato direttamente è molto sgradevole. Ma i ricercatori dell’università di Chicago hanno inserito la sostanza in contenitori sferici, chiamati micelle, per trattare le allergie alimentari. I risultati sui topi sono stati incoraggianti e la speranza è che le minuscole capsule inodori possano curare o addirittura prevenire queste allergie nelle persone.

Un altro esempio di postbiotico promettente è l’equolo, prodotto quando alcuni batteri intestinali rompono un composto della soia. La sua struttura chimica somiglia a quella dell’estrogeno, l’ormone sessuale femminile, e alcune ricerche hanno suggerito un collegamento tra la capacità dell’intestino di produrlo e un rischio minore di sviluppare il tumore al seno. Da un piccolo studio è anche emerso che potrebbe ridurre l’intensità delle vampate di calore durante la menopausa. La capacità di alcuni postbiotici di modulare il sistema immunitario – rafforzandolo o indebolendolo– fa sì che siano studiati come un promettente complemento alle terapie antitumorali. Vari studi hanno dimostrato che alcuni postbiotici possono contribuire a ridurre gli effetti collaterali delle immunoterapie, rafforzando il sistema immunitario per combattere il cancro, mentre altri sembrano in grado di sopprimere alcuni tumori. Le prime sperimentazioni su diversi tipi di cellule tumorali hanno dimostrato che i prodotti di scarto secreti dai batteri Lactobacillus possono innescare la morte delle cellule tumorali o ridurre la loro capacità di invadere altri tessuti.

In Italia
Integratori per tutti
L’andamento del mercato degli integratori, miliardi di euro (Fonte: Mediobanca, Federsalus)

Ulteriori conferme

La ricerca sui postbiotici non si è concentrata solo sulla cura di condizioni cliniche specifiche: ci sono anche molti studi sulle loro potenzialità come prodotti di consumo. Gli integratori postbiotici si possono già trovare nei negozi di alimenti naturali e online in tutto il Regno Unito e negli Stati Uniti. La domanda è: fino a che punto funzionano?

Prendiamo per esempio l’urolitina A (Ua), un metabolita che si produce quando i nostri microbi intestinali si nutrono di cose come noci, melograni e fragole. Si pensa che questa sostanza contribuisca al funzionamento dei mitocondri, gli organelli che danno energia alle nostre cellule. La loro attività si riduce con l’avanzare degli anni, alimentando vari problemi associati all’invecchiamento.

Non tutti hanno il giusto miscuglio di flora intestinale per produrre questo metabolita dagli alimenti: perciò è nato l’interesse a sviluppare un integratore da prendere per bocca. Nei suoi studi clinici, l’azienda svizzera Amazentis ha dimostrato che assumere integratori a base di Ua può migliorare la salute mitocondriale delle persone anziane, aumentare la forza delle gambe e alleviare il dolore dell’osteo­artrite. Nel 2020 questi risultati hanno portato al lancio di Mitopure, il primo integratore di Ua. Ma la promessa di benessere mitocondriale non è economica: due mesi di capsule costano 200 dollari. Altri ricercatori si stanno concentrando sull’uso di batteri morti per integrare la salute dell’intestino. Anche se sembra controintuitivo, i batteri non devono sempre essere vivi per essere utili. Per esempio, l’Akkermansia muciniphila è un microbo che si nutre del rivestimento mucoso dell’intestino e si trova spesso nei microbiomi di persone giovani e magre senza problemi di salute noti. Al contrario, si riscontrano livelli più bassi del microbo nelle persone affette da obesità, diabete di tipo 2 e intestino irritabile. In un esperimento con i topi, l’integrazione con A. muciniphila ha evitato che le cavie diventassero obese. Dal momento che non era mai stato studiato come integratore postbiotico nelle persone, Patrice Cani dell’università Cattolica di Lovanio, in Belgio, e i suoi colleghi hanno condotto una sperimentazione clinica su 32 volontari in sovrappeso oppure obesi. Indipendentemente dal fatto che fossero vivi o morti, i batteri hanno provocato una maggiore sensibilità all’insulina, che può ridurre il rischio di diabete di tipo 2, livelli più bassi di colesterolo nel sangue e una diminuzione di peso rispetto alle persone che avevano assunto un placebo. Due ricercatori coinvolti nella sperimentazione hanno fondato l’Akkermansia company, che a ottobre del 2022 ha lanciato un integratore alimentare contenente A. muciniphila disattivato, per aiutare a regolare il peso e ridurre il rischio di malattie cardiovascolari e diabete di tipo 2.

Lavorare con batteri morti o prodotti di scarto dei microbi offre diversi vantaggi pratici. A differenza dei probiotici, non è necessario conservarli in perfette condizioni e non ci si deve preoccupare che crescano fuori controllo nell’intestino. Quindi si può essere più sicuri del dosaggio e ci sono meno problemi di sicurezza. Tuttavia secondo Gregor Reid, professore emerito alla Western university dell’Ontario, in Canada, servono ulteriori conferme che i postbiotici arrivino intatti al nostro intestino. Il settore soffre anche della mancanza di studi di alta qualità. Nel 2019 un gruppo di scienziati di vari paesi ha stabilito che, per essere definito postbiotico, un prodotto deve dimostrare di fare bene alla salute in test clinici di alta qualità. Oggi solo pochi integratori presenti sul mercato si basano su sperimentazioni umane per giustificare quest’etichetta, dice Reid. “Il consumatore deve sapere cosa sta comprando e cosa può aspettarsi. Purtroppo il settore commerciale adotta nuove terminologie così velocemente da anteporsi alla scienza, e il risultato può essere un’assurdità totale”.

Gli integratori funzionano solo se c’è un problema da risolvere, aggiunge Schellekens. Per esempio, circa il 25 per cento delle donne che vivono nei paesi occidentali ha il giusto insieme di microbi per trasformare la soia in equolo, il metabolita che riduce i problemi legati agli estrogeni. L’uso di un integratore ha senso solo per l’altro 75 per cento.

Per ora la dieta potrebbe essere la strada migliore per ottenere i benefici dai postbiotici. Vale il solito consiglio: seguire una dieta varia, mangiare molte verdure ed evitare i prodotti ultraprocessati. È opinione condivisa che faccia bene mangiare e bere alimenti fermentati come yogurt, miso, kombucha e kefir, perché contengono batteri vivi che possono produrre postbiotici. Ma secondo Hill anche questa idea si basa più sul senso comune che sull’evidenza. “Gli alimenti fermentati fanno parte della maggior parte delle diete sane in tutto il mondo, ma non abbiamo prove dirette che questo dipenda dal fatto che contengono batteri, vivi o morti. Stiamo cercando di dimostrarlo”. Un problema è che non ci sono biomarcatori affidabili per la salute dell’intestino, a differenza del cuore e del fegato: “Se avessimo dei dati e dei numeri sullo stato del microbioma, potremmo capire se lo stiamo migliorando con le azioni che compiamo, ma non ci siamo ancora arrivati”, afferma Hill.

Nonostante gli ostacoli, Schellekens spera che la rivoluzione postbiotica porti a nuovi farmaci. “Abbiamo una fabbrica naturale di microbi che ci possono aiutare a stare bene. È un’enorme risorsa non sfruttata”, dice. Spector punta sui postbiotici che potrebbero sostenere l’immunoterapia del cancro: “C’è una farmacia intera che aspetta nel nostro intestino”. La sfida è imparare a sfruttarla. ◆ bt

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Questo articolo è uscito sul numero 1497 di Internazionale, a pagina 58. Compra questo numero | Abbonati