In una radura dell’Italia settentrionale, un muletto avvolto dalla nebbia deposita una serie di casse lunghe e strette dentro un camion verde del reggimento carabinieri a cavallo. Le piccole aperture nelle casse rivelano lo sguardo impaurito di alcuni cervi. I palchi (le appendici ramificate sulla loro testa) sono stati segati per impedire che si feriscano durante il trasporto. Faranno un viaggio di più di mille chilometri, che durerà quasi venti ore per arrivare fino in Calabria. Lì saranno liberati.

I venti esemplari contenuti nelle casse fanno parte dei circa trecento cervi italici, o cervi della Mesola, che compongono la popolazione del Cervus elaphus italicus, una sottospecie a rischio di estinzione. Il loro viaggio dalla riserva naturale del bosco della Mesola, in Emilia-Romagna, fino al parco delle Serre, in Calabria, rappresenta una fase del progetto Cervo italico, creato per garantire la sopravvivenza di questi animali.

Spiegare agli abitanti

Il cervo della Mesola è l’ultimo in Italia originario del luogo in cui vive. Un tempo prosperava nelle foreste del nord del paese, ma secoli di caccia e distruzione del loro habitat l’hanno decimato. Nel bosco emiliano resistono solo pochi esemplari. Questa zona, diversamente da buona parte della valle del Po, non è stata disboscata per ricavare terreni agricoli. Alla fine della seconda guerra mondiale i cervi italici non erano più di quindici. Settant’anni di attività del corpo forestale hanno permesso alla loro popolazione di crescere fino a raggiungere i numeri attuali. Ma il rischio di estinzione è ancora concreto.

“Il cervo della Mesola potrebbe sparire da un giorno all’altro”, spiega Marco Galaverni, direttore del programma ReNature Italy del Wwf e tra i promotori dell’iniziativa. “Un disastro naturale – per esempio un incendio o un’alluvione, sempre più frequenti in quest’area – potrebbe minacciare l’intera popolazione. Con una variabilità genetica così bassa, un’epidemia è una reale, devastante, possibilità”.

Sono trascorsi dieci anni prima che il progetto Cervo italico potesse prendere il via. “È un animale che riceve meno attenzioni rispetto ad altri più conosciuti in Italia, come l’orso bruno marsicano o il camoscio pirenaico”, spiega Giovanni Nobili, del raggruppamento biodiversità dei carabinieri. Per ottenere la classificazione del cervo italico come sottospecie ci sono voluti decenni, e questo nonostante le chiare differenze con il cervo europeo (palchi più semplici, corpo più tarchiato e peso inferiore di circa il 40 per cento). Questa incertezza, insieme alla mancanza di un accordo tra le diverse organizzazioni, ha causato un ritardo nell’avvio del progetto, partito quest’anno sotto il controllo del Wwf, dei carabinieri, di due riserve naturali e dell’università di Siena. Il piano prevede il trasferimento di sessanta cervi in Calabria per creare una nuova popolazione. L’area è stata indicata dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) come una delle poche con le condizioni adatte per ospitare il cervo della Mesola. Inoltre, è abbastanza lontana dalle zone popolate dal cervo europeo da evitare gli incroci.

I primi venti esemplari sono stati trasferiti a marzo, mentre gli altri arriveranno nel corso dei prossimi due anni. Nel bosco della Mesola i maschi e le femmine più robusti sono sedati e trasferiti nelle stalle una settimana, così i veterinari controllano lo stato di salute. Agli animali selezionati è applicato un collare per il tracciamento satellitare.

“La vera sfida comincia ora”, spiega Galaverni dopo la liberazione dei cervi. Gli esemplari dovranno adattarsi al nuovo habitat e le comunità locali alla loro presenza. Alcuni allevatori temono che possano creare problemi, come è già successo con i cinghiali, che si stanno moltiplicando rapidamente. “Dovremo parlare molto con gli abitanti della zona per spiegare quello che facciamo, ma finora la risposta è stata molto positiva”, sottolinea Alfonso Grillo, commissario straordinario del parco delle Serre. “Le persone dovranno capire l’incredibile valore di questo processo di rinaturalizzazione in corso in Italia e anche nel resto d’Europa”, aggiunge Grillo. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1515 di Internazionale, a pagina 38. Compra questo numero | Abbonati