Oltre al venerabile san Keanu Reeves, un’altra figura universalmente adorata online è quella di David Lynch, diventato l’eccentrico nonno di internet che scandisce le giornate con le sue previsioni del tempo, invita alla meditazione trascendentale e costruisce modellini di fattorie per sua figlia Lula.

Una delle attività online del regista, forse la più lynchiana, è la lotteria quotidiana in cui, apparentemente senza nessun’altra ragione se non il piacere e l’enigma fini a se stessi, estrae palline numerate. Numerologo riconosciuto, il suo numero preferito è il sette. Il 20 gennaio Lynch compirà 77 anni, dunque è il momento ideale per chiedersi come abbia fatto questo artista di culto a diventare una presenza culturale così affascinante.

Il paladino della creatività

Una svolta ancora più improbabile se consideriamo la posizione in cui si trovava a metà degli anni novanta. Nel 1992 Fuoco cammina con me fu sonoramente fischiato a Cannes. Cinque anni dopo non andò meglio a Strade perdute. Se l’aggettivo “lynchiano” – definito da David Foster Wallace nel 1996 come “un particolare tipo d’ironia in cui il macabro e il triviale si combinano in modo da rivelare che il primo è perennemente contenuto nel secondo” – fosse una sensibilità quantificabile, potremmo dire che all’epoca era quantomeno marginale.

Oggi tutto è cambiato. L’aggettivo lynchiano è universalmente usato per definire qualsiasi elemento vagamente inspiegabile o esoterico. Questa qualità non sarà mai di massa, ma esiste esplicitamente in relazione e in tensione verso la cultura popolare. Lo sguardo destabilizzante di Lynch è diventato una lente comune per svelare la verità sul “mondo normale”, in cui le staccionate bianche coprono ossessioni deviate e a volte malvagie, come in Velluto blu _e _Twin peaks, e Hollywood è una fabbrica d’incubi, come in Mulholland drive _e _Inland empire.

Lynch è il regista che ha faticato cinque anni per finire Eraserhead. Dopo il fiasco di Dune è rimasto ferocemente inflessibile, al punto da riuscire a convincere un grande network a finanziare quello che di fatto è un film d’avanguardia di 18 ore, ovvero la terza stagione di Twin peaks. Lynch, oltre che un consumatore avido di nicotina, è un paladino vivente della creatività, un artista che, nonostante la partecipazione a documentari e la pubblicazione di libri che incensano quella che definisce la art life, continua a mantenere una paradossale ostinazione nel non rivelare elementi specifici del suo processo creativo o del significato del suo lavoro.

Twin peaks (Lynch/Frost Productions)

Dalla sua determinazione irradia una sincerità totale, che riempie i suoi film. Insieme alla particolare stranezza delle sue opere, è questa sincerità a spingere ancora le persone verso di lui, in un’epoca di artificiosità e pose da social network. Lynch ha volutamente portato all’eccesso questa onestà nel protagonista di Twin peaks, Dale Cooper, e lo stesso vale per i livelli quasi imbarazzanti di romanticismo di Elephant man e di Una storia vera.

Lynch ripropone la stessa sincerità rispetto a tutta una serie di sentimenti, a cominciare dall’inatteso e dall’inammissibile. In pochi avrebbero potuto trasformare l’innocuo apprendimento infantile in una fonte di terrore primordiale vagamente comico come ha fatto Lynch nel suo corto del 1968 The alphabet. Quasi tutto quello che Lynch fa, per quanto possa essere dichiaratamente fuori fase, è accompagnato da un’emozione autentica. Di tanto in tanto questa immersione nella sua realtà interiore diventa troppo intensa, ma tutto è sempre senza filtri.

Lynch è incline in modo inquietante a mostrare la violenza sessuale, spesso inflitta a una galleria di donne vittimizzate che fa pensare a Hitchcock. Ma riesce costantemente a ribaltare la misoginia e a rovesciare lo sguardo maschile infondendo in queste donne un fervore di cui raramente i registi sono stati capaci. Lynch gioca con la dicotomia madonna/puttana dei film noir, ma la trasforma in qualcosa di più elevato.

Nel suo capolavoro strutturale, Mulholland drive, non è chiaro se l’ingenua Betty Elms sia una rappresentazione onirica dell’attrice fallita e omicida Diane, se il sogno sia più reale della realtà o se capirlo abbia qualche importanza. In ogni caso questa magnifica serie di ruoli e interpretazioni racchiude Hollywood in tutto il suo squallore e in tutte le sue aspirazioni. L’infatuazione e l’amarezza di Diane rispetto alla fabbrica dei sogni sono le stesse che proviamo noi. Queste donne assediate si presentano come fantasmi di un’oppressione sistemica del passato, ma finiscono per scombussolarla in un modo che mantiene Lynch in linea di galleggiamento con l’attuale politica di genere. Come sottolinea il recente documentario Lynch/Oz, nel suo lavoro il trauma è una fonte di trascendenza.

Vizi e virtù

Se Lynch è capace di una simile empatia radicale, ci si può chiedere se l’oscurità dei suoi film sia anche la sua. Oltre che da donne devastate, i suoi film sono popolati da eterosessuali dall’acconciatura esuberante, suoi alter-ego, sfortunati testimoni delle azioni di mostri come Frank Booth, ma anche perseguitati dalla possibilità di diventare come loro. Nell’episodio cruciale di Twin peaks, Anime solitarie, diretto dallo stesso Lynch, il demoniaco Bob urla alla sua ultima vittima: “Leland dice che te ne torni a Missoula, in Montana”, citando la città natale di Lynch.

Questo genere di riflesso è una prerogativa degli artisti, e va detto che nella vita reale Lynch è una persona amabile, aperto alla collaborazione e protettivo nei confronti dei suoi attori. Nel corso degli anni ci ha regalato meme impeccabili, come quando ha nominato Vladimir Putin per l’ice bucket challenge. I suoi capelli sono ormai un canone. Ma Lynch continua a fare parte integrante dello spirito del tempo, per ragioni più profonde: è il mondo ad averlo raggiunto, a essere diventato più lynchiano, più frammentato e più soggetto ad alterazioni traumatizzanti.

Oggi, soprattutto online, rispondiamo a questa frammentazione con posizioni ogni volta più estreme, cercando costantemente di separare la virtù dal vizio. Ma la grande missione morale di Lynch è sempre quella di mostrarci quanto il bene e il male siano inestricabilmente legati e possano coesistere nella stessa persona. Lo zelo eccessivo dell’immacolato agente Cooper è sostituito dallo sguardo tetro del suo doppio. La corruzione e l’entropia fanno parte della vita: questa posizione non è allettante dal punto di vista commerciale, e forse è per questo che Lynch non gira un film da più di quindici anni. Ma anche se non tutti vogliono ascoltare, Lynch continua a farsi largo nell’orecchio interno e nella testa. Buon compleanno, signor Lynch, e grazie per averci indicato la via verso il settimo cielo. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1494 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati