Per RowVaughn Wells il fatto che i poliziotti accusati di aver ucciso suo figlio siano afroamericani è un ulteriore motivo di dolore. “È ancora più difficile da accettare, perché sono neri e quindi sanno benissimo cosa siamo costretti a subire”, ha dichiarato in un’intervista.

Questo aspetto della vicenda di Tyre Nichols, morto il 10 gennaio a Memphis, in Tennessee, dopo essere stato picchiato da cinque agenti, è motivo di riflessione anche per gli attivisti afroamericani che da anni denunciano il razzismo diffuso tra le forze dell’ordine e chiedono una riforma. In un quartiere solitamente tranquillo, Nichols è stato preso a calci e pugni e colpito con un manganello da cinque poliziotti. Il video della violenta aggressione, ripreso in buona parte dalle telecamere sulle divise degli agenti, è stato reso pubblico il 27 gennaio. È stato subito usato dai mezzi d’informazione di destra per dare ai neri la colpa dei problemi che riguardano le loro comunità, e allo stesso tempo ha generato un dibattito tra gli attivisti neri sul modo in cui il razzismo radicato nel sistema può manifestarsi anche nelle azioni di persone non bianche.

Il dipartimento di polizia di Memphis è composto da circa duemila agenti, e il 58 per cento di loro è afroamericano. Questo dato è il frutto di decenni di tentativi per adeguare la composizione demografica delle forze dell’ordine a quella della città, popolata al 64 per cento da neri. A differenza di quello che è successo dopo tanti altri episodi di violenza, nel caso di Nichols i vertici della polizia – guidati dall’afroamericana Cerelyn Davis – e i procuratori hanno risposto in modo tempestivo licenziando, arrestando e incriminando gli agenti responsabili, ancora prima della pubblicazione del video. Anche se alcuni studi indicano che i poliziotti neri ricorrono alla forza contro i civili neri meno spesso dei colleghi bianchi, gli esperti sottolineano che la differenza è marginale. “Diversificare non può essere la soluzione al problema”, spiega Samuel Sinyangwe, presidente dell’organizzazione Mapping police violence.

Sinyangwe cita vari aspetti del sistema di polizia che provocano una risposta sproporzionata contro le persone non bianche, come le direttive che spingono gli agenti a presidiare soprattutto i quartieri a maggioranza nera o lasciano troppa libertà d’azione in situazioni che tendono ad alimentare i pregiudizi razziali (un caso tipico sono i controlli stradali).

Sull’emittente di destra Fox News i dibattiti sono stati molto meno sfumati. Durante il programma Tucker Carlson tonight, Jason Whitlock, un blogger nero conservatore, ha puntato il dito contro “i giovani neri e la loro incapacità di relazionarsi tra loro in modo umano”. Mentre Whitlock parlava, vicino alla sua immagine veniva trasmesso il filmato del pestaggio di Nichols. “Per me questa faccenda somiglia a un episodio di violenza tra bande. I giovani afroamericani si comportano in questo modo quando a tenerli d’occhio è solo una madre single nera”, ha aggiunto Whitlock riferendosi al capo della polizia Davis, che però è sposata.

Secondo Jeanelle Austin, direttrice del George Floyd global memorial in Minnesota, concentrarsi sui singoli agenti e non sull’istituzione a cui appartengono rafforza la tesi che i problemi delle forze dell’ordine siano il risultato delle azioni di poche “mele marce”, un’argomentazione sostenuta anche dai vertici della polizia. “Tutto questo mi spaventa. Quello che succederà a Memphis è già successo a Minneapolis. Dopo che Derek Chauvin e altri agenti sono stati incriminati per l’omicidio di George Floyd, nel 2020, si è smesso di discutere del funzionamento del dipartimento di polizia e si è parlato solo delle singole persone”, spiega Austin. “È stato il frutto di una precisa strategia di pubbliche relazioni”, sostiene Austin, che aggiunge: “Da anni ripetiamo fino allo sfinimento che il sistema e la cultura della polizia plasmano la mente degli agenti spingendoli ad agire in un certo modo, e questo a prescindere dal colore della loro pelle”.

Da sapere
Paesi a confronto
Persone uccise dalla polizia ogni dieci milioni di abitanti, nel 2020 (fonte: the washington post)

Secondo Craig Futterman, che insegna diritto all’università di Chicago ed è esperto di forze dell’ordine e diritti civili, per l’opinione pubblica riconoscere il razzismo insito nel sistema è più difficile che registrare i crimini commessi dai bianchi nei confronti dei neri. “Ci piace pensare che ci siano due parti ben definite e distinte, come un sistema binario: i buoni contro i cattivi. In quest’ottica è molto più semplice interpretare la vicenda di un agente bianco che spara quattordici volte contro un ragazzo nero a terra”, aggiunge Futterman riferendosi all’omicidio di Laquan McDonald nel 2014.

Dalle proteste del 2014 a Ferguson, in Missouri, fino a quelle esplose a Minneapolis dopo l’omicidio di George Floyd, gli attivisti hanno continuato a chiedere una riforma della polizia. Ma la mancanza di coordinamento tra le forze dell’ordine locali, statali e federali, unita all’incapacità del congresso di approvare nuove leggi federali, hanno ostacolato l’introduzione di cambiamenti significativi.

Nessun sollievo

Due settimane dopo l’omicidio di Nichols, che secondo la versione degli agenti sarebbe stato fermato per guida pericolosa, Ayanna Robinson, una donna di Indianapolis, ha guidato per sei ore e mezza per raggiungere Memphis e partecipare alla protesta contro la polizia. Era convinta di incontrare migliaia di manifestanti infuriati, e invece ha trovato solo poche decine di persone e una situazione stranamente tranquilla.

Robinson, che ha 28 anni e lavora come manager in un ristorante della catena Kentucky Fried Chicken, sottolinea la differenza con le manifestazioni scoppiate a Minneapolis nel 2020. “Per ottenere una reazione dev’esserci prima un’azione. E in questo momento è tutto fermo”, ha sottolineato Robinson mentre era in un parco di Memphis con un centinaio di persone. La donna è convinta che questa situazione si spieghi in parte con il fatto che gli agenti incriminati sono neri. “Se fossero stati bianchi in città ci sarebbe stata la guerra”.

Nikki Owens ha provato la stessa frustrazione dopo la morte di suo cugino William Green, ucciso nel gennaio 2020 da un agente nero nella contea di Prince George, in Maryland, mentre era ammanettato. “In questo paese ci insegnano che il razzismo è nero e bianco”, sottolinea Owens, che oggi lavora per la Maryland coalition for justice and police accountability. “Non ci parlano del razzismo istituzionale o di sistema, anche se è dovunque. Ci dicono che se un nero uccide un altro nero non può esserci razzismo, che è solo un crimine tra neri”.

Owens è convinta che a causa di questo atteggiamento è stato molto difficile diffondere l’attivismo tra gli abitanti del suo quartiere e attirare l’attenzione dei mezzi d’informazione locali e nazionali sull’omicidio di suo cugino. “Quando parlavo con le persone della comunità notavo una strana reazione appena spiegavo che l’agente responsabile era nero. Qualcuno mi chiedeva se il colpevole fosse bianco o nero, un’altra prova del fatto che non capivano la situazione. “Non c’è stata rabbia”, dice. “Anche quando è stato ucciso George Floyd, nessuno ci ha contattati”. Il processo a carico dei poliziotti accusati comincerà nei prossimi mesi. Alcuni attivisti sostengono che la vicenda di Nichols può essere un’occasione per capire come funziona il razzismo istituzionale e il modo in cui può può mettere a rischio la vita delle persone. Bakari Sellers, ex parlamentare della South Carolina, avvocato per i diritti civili e opinionista della Cnn, afferma che il pestaggio di Nichols gli ha ricordato il caso di Alexander Kueng, l’agente della polizia di Minneapolis che si era inginocchiato sulla schiena di Floyd mentre un altro agente, Derek Chauvin, lo soffocava. “Kueng aveva raccontato che sperava di poter fare del bene arruolandosi nella polizia”, ricorda Sellers. “Ma poi, tre giorni dopo essere entrato in servizio, è rimasto a guardare mentre Floyd veniva ucciso, senza fare nulla”.

Jason Sole, attivista di Minneapolis ed ex capo della sezione locale della Naacp (Associazione nazionale per la promozione delle persone di colore), racconta di non aver mai provato un senso di sollievo quando invece di un bianco, si è trovato di fronte un agente nero.

“Non ho mai pensato ‘meno male, è un poliziotto nero’. Ho 45 anni e in tutta la mia vita non ho mai provato questa sensazione. Non è vero che se uno ha la pelle del tuo stesso colore è un tuo alleato”. Secondo Sole “abbiamo bisogno di persone che siano cordiali, aperte e soprattutto consapevoli di quanto sia indispensabile mostrare compassione per tutti”. ◆ as

Da sapere
Incriminazioni e riforme

◆ Nella notte tra il 27 e il 28 gennaio 2023 è stato diffuso il video che mostra il pestaggio di Tyre Nichols, un nero di 29 anni, per mano di cinque agenti della polizia di Memphis, in Tennessee. I fatti risalgono al 7 gennaio. Il 10 gennaio Nichols, che era stato fermato per guida pericolosa, è morto in ospedale per l’emorragia causata dai colpi ricevuti. I poliziotti, tutti afroamericani, sono stati licenziati e accusati di omicidio di secondo grado, un reato che per le leggi del Tennessee equivale più o meno all’omicidio colposo dell’ordinamento italiano. Nel video Nichols è colpito a più riprese con pugni, calci e manganellate mentre è a terra e cerca di chiamare sua madre, che vive a poca distanza da lì. Passa più di un quarto d’ora prima che Nichols riceva un soccorso medico.

◆ I cinque agenti responsabili del pestaggio facevano parte di un’unità speciale chiamata Scorpion, creata dai vertici del dipartimento di polizia di Memphis per rispondere all’aumento dei crimini violenti degli ultimi tre anni. Queste unità sono molto controverse: secondo gli esperti, tendono a prendere di mira i quartieri abitati da neri e ispanici e a commettere abusi. Il 28 gennaio, dopo la diffusione del video, la Scorpion è stata smantellata.

◆ A causa di questa vicenda negli Stati Uniti si è tornato a parlare della necessità di riformare i dipartimenti di polizia. “Il pestaggio di Memphis dimostra che alcune misure proposte negli ultimi anni, come l’obbligo di mettere delle telecamere sulle divise degli agenti o assumere più agenti afroamericani, non bastano ad affrontare il problema della violenza della polizia”, scrive Zak Cheney-Rice sul New York
Magazine.


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Questo articolo è uscito sul numero 1497 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati