04 giugno 2020 16:09

Il Brasile ha superato il 2 giugno la soglia dei 30mila morti, registrando un record giornaliero di 1.262 decessi. Il bilancio complessivo, aggiornato al 3 giugno, è di oltre 580mila contagi e 32.568 morti. Sono dati che la comunità scientifica locale considera gravemente sottostimati. I principali focolai sono lo stato di São Paulo, motore dell’economia e della cultura del paese, e quello di Rio de Janeiro, la principale destinazione turistica brasiliana.

Entrambi gli stati stanno pensando di cancellare gradualmente le misure di contenimento, ma gli scienziati sono preoccupati. “Sarebbe come spargere benzina sul fuoco”, ha dichiarato all’Afp Rafael Galliez, infettivologo dell’Università federale di Rio de Janeiro (Ufrj). Il 2 giugno gli abitanti di Rio hanno potuto tornare in spiaggia per fare il bagno, mentre resta il divieto di fermarsi a prendere il sole.

Il presidente Jair Bolsonaro continua a minimizzare la minaccia del nuovo coronavirus e a insistere sulla necessità di tornare alla normalità, spesso scontrandosi con le autorità locali.

Un movimento per la responsabilità
“Fino a qualche settimana fa era impensabile che due musicisti diversi come Lobão e Caetano Veloso potessero unirsi per sostenere una stessa causa. Invece è successo”, scrive la Folha de S.Paulo. Il 30 maggio migliaia di artisti, intellettuali, politici e imprenditori hanno lanciato il movimento Estamos Juntos. Nel manifesto, pubblicato da vari giornali, si chiede ai leader brasiliani di agire con serietà e responsabilità per superare la terribile crisi sanitaria, sociale ed economica che il paese sta attraversando.

“La scelta è tra la barbarie e la democrazia”, ha scritto in un tweet il deputato di sinistra Marcelo Freixo. E ha aggiunto che tutti quelli che credono nella democrazia hanno il dovere di mettere da parte le differenze personali per fermare il golpismo fascista di Jair Bolsonaro.

Estamos Juntos s’ispira a Diretas Já, il movimento di protesta che negli anni ottanta chiedeva elezioni dirette e la fine della dittatura militare.

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